Durante la formazione del Governo di Enrico Letta la situazione in Italia era abbastanza difficile.
La crisi si faceva sentire.
La divisione politica anche.
Assieme ai ministri del Governo di Enrico Letta furono nominati dei saggi.
Si trattava di persone esperte.
Tutti servitori dello Stato.
Dopo la loro nomina ci furono delle lunghe discussioni sulle riforme da fare.
Ecco come andatorono le cose.
Il dibattito delle riforme istituzionali dei saggi
Continua la lunga strada delle riforme istituzionali all’interno del Governo Letta. Il Presidente del Consiglio ha nominato i 35 saggi che cominceranno i lavori per le riforme costituzionali.
In un intervista al telegiornale della rete televisiva T9, Silvio Berlusconi torna a parlare delle riforme istituzionali. Nonostante i carichi giudiziari sulla sua persona e nonostante i diversi punti di vista sulle riforme costituzionali all’interno del Governo Letta, il Cavaliere sembra essere tranquillo in merito alle riforme istituzionali, facendo sapere che i processi che sta affrontando non avranno ripercussioni sul governo delle larghe intese.
Mentre all’interno del governo delle larghe intese si continua a discutere sulle possibili riforme da apportare alla Costituzione italiana, il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha nominato i 35 saggi che parteciperanno a questo grande lavoro, di seguito i nomi e il loro curriculum.
Chi erano i saggi nominati da Enrico Letta?
Lorenza Carlassare: Università di Padova
Nadia Urbinati: Columbia University
Luciano Vandelli: Università di Bologna
Luciano Violante: Università di Camerino
Elisabetta Catelani: Università di Pisa
Stefano Ceccanti: Università Roma 3
Ginevra Cerrina Feroni: Università di Firenze
Enzo Cheli: Presidente Emerito Corte Costituzionale
Mario Chiti: Università di Firenze
Pietro Ciarlo: Università di Cagliari
Francesco Clementi: Università di Perugia
Francesco D’Onofrio: Università La Sapienza Roma
Giuseppe de Vergottini: Università di Bologna
Giuseppe Di Federico: Università di Bologna
Michele Ainis: Università Roma 3
Augusto Barbera: Università di Bologna
Beniamino Caravita di Toritto: Università la Sapienza Roma
Mario Dogliani: Università di Torino
Giandomenico Falcon: Università di Trento
Franco Frattini: Presidente Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale
Maria Cristina Grisolia: Università di Firenze
Massimo Luciani:Università La Sapienza Roma
Stefano Mannoni: Università di Firenze
Lorenza Violini: Università di Milano
Nicolò Zanon: Università di Milano
Cesare Mirabelli: Presidente Emerito Corte Costituzionale
Anna Moscarini: Università della Tuscia
Ida Nicotra: Università di Catania
Marco Olivetti: Università di Foggia
Valerio Onida: Presidente Emerito Corte Costituzionale
Angelo Panebianco: Università di Bologna
Giovanni Pitruzzella: Università di Palermo
Anna Maria Poggi: Università di Torino
Carmela Salazar: Università di Reggio Calabria
Guido Tabellini: Università Bocconi di Milano.
Il compito dei saggi, di cui sopra, sarà quello di disegnare le linee guida per l’attuazione della riforma costituzionale. Il compito degli stessi saggi dovrebbe terminare quanto la competenza in materia passerà nelle mani delle Camere.
Riforme istituzionali: cosa sono
Nella prima proposta di legge costituzionale per le riforme della Costituzione si leggono i seguenti cambiamenti:
elezione diretta del Capo dello Stato;
abbassare l’età del Presidente della Repubblica da minimo 50 anni (come previsto dalla vigente normativa costituzionale) a minimo 35 anni;
durata della carica del Capo dello Stato da 7 a 5 anni;
unico mandato per il Presidente della Repubblica (la Costituzione al momento prevede un massimo di due mandati);
data la sua elezione diretta, il Capo dello Stato non presiederebbe più il CSM (che dovrebbe avere un capo eletto dallo stesso organo purché non sia un componente delle stesse toghe);
Il Capo dello stato nominerebbe il Primo ministro, attuerebbe lo scioglimento delle camere e potrebbe indire nuove elezioni;
regolazione sul conflitto d’interessi;
regolazione della campagna elettorale televisiva.
Dibattito sulle riforme istituzionali di Berlusconi
Secondo Silvio Berlusconi, la strada che il Governo Letta deve prendere in merito alle riforme costituzionali è quella della presidenzialismo. Il Cavaliere sottolinea l’importanza di una elezione diretta del Capo dello Stato e il cambiare la figura ed i poteri del Presidente del Consiglio, trasformando quest’ultimo in un primo ministro che abbia i poteri delle altre democrazie europee che adottano la forma della repubblica presidenziale (come la Francia). Per Silvio Berlusconi il punto delle riforme istituzionali, può essere portato avanti solamente se il governo continua ad avere l’appoggio delle due principali forze politiche, il Pdl e il Pd.
Da sempre in competizione ed in disaccordo, il centrodestra e il centrosinistra, secondo Berlusconi, si lasciano alle spalle la loro lunga guerra fredda e oggi possono collaborare portando a termine importanti riforme costituzionali che una sola corrente politica non avrebbe mai potuto attuare senza il sostegno dell’altra.
Per Silvio Berlusconi, la fine di questa lunga guerra fredda tra Pd e Pdl e frutto di una grande responsabilità e maturità da parte dei due schieramenti, due correnti politiche diverse ma che insieme stanno dando un governo forte al paese e questo governo, precisa il Cavaliere, fa sentire la sua forza anche all’interno dell’Unione Europea.
Proposte di riforme costituzionali Berlusconi
Per Silvio Berlusconi l’intesa tra il Partito Democratico e il Popolo delle Libertà è l’unica via per dare vita al presidenzialismo. L’obiettivo, quindi, è quello di trasformare l’Italia da Repubblica Parlamentare a Repubblica Presidenziale.
I punti su cui Berlusconi intende spingere sono fondamentalmente due:
elezione diretta del Capo dello Stato;
primo ministro che abbia maggiori poteri di quelli che l’attuale costituzione attribuisce al Presidente del Consiglio.
Del resto il Pdl è da tempo che porta avanti l’idea del presidenzialismo in Italia, proposta che da qualche giorno sembra anche interessare a buona parte del Pd (anche se non a tutti i componenti del Partito Democratico).
Per Silvio Berlusconi l’unione politica è anche alla base della stessa crisi del paese e fa sapere che anche per il ballottaggio delle elezioni comunali, ci sarà comunque una collaborazione tra i due candidati nella capitale, Gianni Alemanno e Ignazio Marino. Nella coesione politica Silvio Berlusconi rilancia due iniziative già proposte (e diciamo mai attuate) durante la campagna elettorale del 2002: il poliziotto e il carabiniere di quartiere e la disposizione dell’esercito nelle periferie.
“Ho avuto una riunione con il nuovo ministro degli Interni Angelino Alfano e Gianni Alemanno in cui si è deciso di comune accordo tra i due, di dare il via al poliziotto e al carabiniere di quartiere e anche all’utilizzo dei militari nelle periferie”
Mentre sull’esito della coesione politica inerente alla capitale e alle elezioni dei comuni al ballottaggio bisognerà aspettare l’esito delle votazioni e il comportamento dei nuovi sindaci, sul fronte del governo le parole di Silvio Berlusconi sembrano mettere d’accordo il Partito Democratico, che nelle stessa giornata dell’intervista del Cavaliere al tg di T9, ha visto un gruppo di parlamentari del Pd presentare una proposta di legge costituzionale per attuare un semi presidenzilismo sul modello francese. Si tratta dei deputati del Partito Democratico:
Vinicio Peluffo,
Roberto Giachetti,
Antonio Misiani,
Andrea Martella,
Sandro Gozi.