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Vaccino: grande corsa tra ingegneria genetica e equilibri geopolitici

Quattro paesi chiedono di lavorare al vaccino Covid-19 europeo per non lasciare tutto a Usa e Cina. Quali sono le aziende italiane in prima linea.

Vaccino: grande corsa tra ingegneria genetica e equilibri geopolitici

Diversi ricercatori e scienziati sono impegnati per sviluppare e produrre un vaccino, l'arma più efficace contro i virus, anche se per usarlo su larga scala ci sarà bisogno dei tempi richiesti alla sperimentazione, il cosiddetto  percorso pre-definito: fase 1 (test di tossicità), fase 2 (dosaggio, modalità di somministrazione), e fase 3 (efficacia clinica). Ad essere ottimisti e, nel desiderio migliore, il prodotto potrebbe essere pronto per la primavera del 2021, ciononostante c’è chi lavora incessantemente per accorciare i tempi e  avere pronto il vaccino nel prossimo autunno, in modo da sperimentarlo su alcune categorie a rischio: sanitari, forze dell'ordine, insegnanti etc.. I vari gruppi di ricerca sparsi nel mondo stanno studiando numerosi vaccini contro il Covid-19 con tecniche differenti. La strada per arrivare ad un vaccino è sulla falsariga di quella della sperimentazione dei farmaci (per quest'ultimi i tempi sono molto lunghi, a volte fino a dieci anni); per i  vaccini, diversamente dai farmaci, bisogna valutare anche la risposta immunitaria, ossia l'efficacia protettiva della risposta anticorpale indotta.

 

Ministri della Salute  d' Italia, Francia, Germania e Paesi Bassi hanno scritto alla presidente della Commissione Europea, UrsulaVon Der Leyen: “Tutti i membri dell’Unione condividano il rischio” rispetto agli ingenti finanziamenti sostenuti dall'industria per le sperimentazioni e “tutta la Ue faccia fronte comune”, in cambio della garanzia anticipata sull'approvvigionamento dei vaccini. “La nostra iniziativa – scrivono i 4 Paesi  promotori - intende essere guidata dai seguenti principi: un approccio scientifico per la selezione dei vaccini nonché collaborazione e trasparenza tra Stati membri e terzi industriali”.  Francia, Germania, Italia e Paesi Bassi si alleino per negoziare con tutti gli attori protagonisti nel progetto di sviluppo  e  confezionamento di un vaccino contro il coronavirus. Promuovendo la Inclusive Vaccine Alliance. “Accelerare e garantire l'accesso ai vaccini contro il coronavirus SARS-CoV-2 - si legge nella lettera- è una delle questioni più urgenti che l'Unione europea deve attualmente affrontare”. Inoltre, le 4 nazioni alleate in questa sfida, hanno comunicato di aver “già avviato discussioni con diverse società farmaceutiche che stanno attualmente sviluppando vaccini, con l'obiettivo di garantire un approvvigionamento sufficiente per l’Ue”. 

 

L'Inclusive Vaccine Alliance “terrà anche conto della possibilità di produrre tali vaccini sul suolo europeo e garantirà in un processo equo e trasparente in modo che ogni Stato membro dell'UE possa ricevere, in base al rispettivo contratto, una quota uguale del vaccino disponibile in base alla rispettiva dimensione della popolazione”.   “L'iniziativa – degli Alleati - intende essere guidata dai seguenti principi: un approccio scientifico per la selezione dei vaccini nonché collaborazione e trasparenza tra Stati membri e terzi industriali”. Pertanto, i quattro ministri firmatari della missiva chiedono “a tutti gli Stati membri di condividere il rischio” relativamente  agli enormi finanziamenti sopportati dall'industria per le sperimentazioni. Tutto questo per ottenere una sorta di  "garanzia  preventiva" sul rifornimento del quantitativo di  vaccini occorrente.

 

La rincorsa per il vaccino  è iniziata con la pandemia stessa. Tutti in campo, dalle multinazionali alle imprese quasi artigianali del biotech, dalle università ai centri di ricerca statali. Auguriamoci che sia una corsa solidale, un grande sforzo umanitario per la salute pubblica, invece che galoppate di singoli cavalieri per vincere la gara. Ingenti gli interessi in gioco, sia economici sia di geo-politica (chi vincerà tra i maggiori concorrenti, Usa e Cina?). Gli studiosi incollati sui loro microscopi sognano il Nobel, ma sono alquanto consapevoli che le scorciatoie sono difficili rispetto ad un percorso codificato, in quanto la regola suprema resta quella di “prima non nuocere”. Difatti, una volta concepito  il vaccino possibile e, quindi, identificati gli antigeni capaci di attivare e stimolare la risposta del sistema immunitario in grado di combattere il virus, iniziano le fasi sperimentali suddette, in laboratorio su cellule in vitro; in animali vivi per osservare la reazione immunitaria e la sicurezza; infine sull'uomo, prima su gruppi di  volontari e dopo coinvolgendo e valutando migliaia di soggetti.

 

Concluso il procedimento con successo, iniziano le fasi burocratiche per la commercializzazione del prodotto testato. Sono due le principali piste individuate dalla ricerca per far decollare il sogno scientifico e arrivare presto al risultato: sviluppare un vaccino basandosi sulla struttura virale  del coronavirus/ Covid-19; oppure utilizzare  le conoscenze già apprese ,nello studio dei vaccini preliminari  per la Sars e la Mers, e poi archiviate nel momento che le due epidemie furono confinate e si autospensero. Già dall'inizio di aprile, circa 80 aziende e istituti in 19 nazioni lavorano sui vaccini utilizzando i geni invece che i modelli tradizioinali (vaccini antinfluenzali correnti). Solo l'ingegneria genetica  può essere in grado di generare un vaccino per il novello  coronavirus in mesi e non in anni. Nei vaccini genetici si prendono informazioni dal genoma (codice genetico) del virus  onde preordinare un abbozzo per produrre antigeni selezionali, costituito da Dna e Rna che sono le molecole dove si trovano le istruzioni genetiche. Gli scienziati inoculano Dna o Rna in cellule umane e l'apparato cellulare manovra quelle istruzioni per comporre gli antigeni del virus  verso il quale risponde il sistema immunitario con i suoi anticorpi. In sostanza, i laboratori interessati  cercano di creare l' antigene (proteina spike che fuoriesce dal coronavirus come un'antenna) che consente al virus di legarsi alla parete della cellula dell'ospite (l’uomo) ed entrare. I metodi utilizzati allo scopo  sono tre.  Al momento, nessun esemplare di vaccino avrebbe un vantaggio certo, ma tutto dipende sia dalla tempestività del supporto genetico che, come possiamo immaginare, dal sostegno economico-finanziario dei sostenitori pubblici e privati. 

 

Nella corsa globale, oltre ai colossi americani e cinesi, anche in Italia sono attive alcune aziende in tandem con altre estere. La  Advent-Irbm di Pomezia (Roma) in tandem con altre, opera per un centro dell'Università di Oxford dove vorrebbero rendere utilizzabile il vaccino già per settembre. Il vantaggio del progetto di Pomezia è di poter sfruttare una piattaforma già utilizzata per il vaccino anti-Ebola (poi prodotto da Merck Sharp & Dohme). È un candidato incoraggiante come altri in sperimentazione.  Per piattaforma si intende un vettore virale preso dalle scimmie, innocuo per l’uomo, capace di esprimere la proteina spike e di indurre una risposta immunitaria. La spike permette al virus di attaccare le cellule di rivestimento di bronchi e polmoni ed è stata scoperta allo Jenner Institute (Oxford). L’obiettivo delle inoculazioni è di indurre la risposta del sistema immunitario, di fargli produrre anticorpi neutralizzanti del virus. La tipologia del vaccino sperimentale si avvale di Advent-Irbm di Pomezia che produce il vettore  (un adenovirus animale), e Jenner Institute della Oxford University che produce la spike (la proteina con cui il coronavirus penetra nella cellula). Si tratta di un vaccino che usa una piattaforma simile a quella contro Ebola. 

 

L’Igea, azienda di tecnologie biofisiche di Carpi (Modena), partecipa al progetto europeo "Opencorona" per un vaccino anti coronavirus: Rapid vaccine development through Open novel Corona Virus Vaccine Platform. Igea  realizzerà il progetto assieme ad altri  partners: le  aziende svedesi Adlego e Cobra Biologics, la  Justus Liebig University di Giessen (Germania), il Karolinska University Hospital (Svezia) e gli enti statali svedesi Karolinska Institutet  e  Folhhälsomyndigheten. Un'altra società della provincia di Roma, la Takis di Castel Romano ha annunciato di avere iniziato la sperimentazione sui topi di cinque vaccini. La Biogem di Ariano Irpino, centro scientifico operante nella genetica e nella biotecnologia, collabora con la Takis (di recente per un progetto su modello murino di stress respiratorio, fenomeno collegato al Covid-19). Uno dei filoni di ricerca di Biogem è sempre stato rappresentato dalla ricostruzione nei topi di modelli di malattie umane.

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