L’europeismo di Forza Italia: identità o strategia politica?

Il partito di Berlusconi ha nei suoi geni il sostegno all’Europa unita. Ma il cavaliere sa essere filoeuropeo nel momento in cui vuole aumentare il consenso

L’europeismo di Forza Italia: identità o strategia politica?

Quando nacque, nel 1994, Forza Italia rappresentò per alcuni versi un’assoluta novità nel panorama politico italiano, per altri no. La neo-formazione fondata Silvio Berlusconi fu un coacervo di tante cose: interessi, aspirazioni, vecchi retaggi. E raccolse ciò che restava di differenti segmenti delle tradizioni democristiana, socialista e liberale. Sia in termini di elettorato, ormai orfano di quei partiti che per decenni avevano segnato la storia del Paese. Sia per gli stuoli di politici che, seppur non travolti dall’ondata giudiziaria che partì dalla Procura della Repubblica di Milano e si estese poi ad altre Procure italiane, non avevano la minima intenzione di lasciare i ruoli attivi ricoperti sino ad allora. A livello nazionale come in quello locale.

 

Forza Italia fu, insomma, un contenitore naturale per una parte della diaspora socialista e democristiana. Un progetto nato a tavolino per non disperdere un “patrimonio” consistente di voti. E non lasciare “vacante” uno spazio al centro e a destra (di una destra moderata però) che aveva catalizzato per anni milioni di elettori. D’altronde, il socialismo craxiano aveva scelto la Balena Bianca come alleata e non i comunisti. È da quei pezzi di socialismo e di tradizione cristiano democratica che deriva l’europeismo del partito di Berlusconi. Uno dei pochi aspetti davvero identitari di una forza politica camaleontica e istrionica come il suo leader. 

 

Craxi, amico personale e ispiratore politico del cavaliere, era stato uno strenuo sostenitore dell’Europa “unita e indipendente”, amica dell’Unione Sovietica e alleata degli Usa, ma libera e forte. Era la famosa idea del Vecchio Continente come “terza forza” rispetto ai due blocchi protagonisti della Guerra fredda. Allo stesso tempo, nessun partito più della Dc aveva sostenuto in Italia il processo di integrazione europea iniziato dopo la fine del secondo conflitto mondiale. 

 

Dunque, senza enfatizzarne ideologie e cultura politica, va riconosciuta a Forza Italia una genetica, diciamo così, vocazione europeista. Amplificata talvolta, o moderatamente esibita alla bisogna. In alcune occasioni, persino contestata. Sono note le posizioni dell’ex ministro Antonio Martino, più volte critico nei confronti dell’Ue per le scelte operate in tema di politica monetaria, immigrazione e terrorismo. Ma, certamente, iscritta nel suo Dna. Non a caso a Strasburgo FI siede nelle file del Partito Popolare Europeo, il gruppo parlamentare più longevo e che più degli altri ha contribuito a plasmare il percorso di integrazione dell’Ue. E, ugualmente non a caso, ha espresso con Antonio Tajani il presidente del Parlamento europeo da gennaio 2017 a luglio 2019.  

 

Vocazione europeista che invece non appartiene affatto alle due formazioni alleate del cavaliere. Il sovranismo nazionalista di Giorgia Meloni e quello di ispirazione (ma solo di ispirazione!) regionalista di Matteo Salvini non hanno, e non possono avere nulla a che vedere con un progetto di rafforzamento dell’Unione dei 27. Più l’Europa è forte, solidale, pronta ad agire unita, più i partiti che si riconoscono in una destra radicale e nazionalista cadono in difficoltà. 

 

L’Europa ‘madre’ fa vacillare i sovranismi e le spinte autonomiste, specie in un periodo così difficile e di emergenza. Berlusconi lo sa e cerca di approfittarne. Il ruolo minoritario e lo scarso potere decisionale che da qualche tempo ha nel centrodestra rispetto a Fratelli d’Italia e Lega Nord gli stanno stretti. Quel 5,6% che gli attribuiscono i sondaggi segnano un tetto ben lontano dalle vette raggiunte dal suo partito negli anni d’oro. Il cavaliere ha bisogno di aumentare il consenso. Prendere le distanze da Salvini e Meloni, mostrarsi più che mai convinto europeista -  Tajani, il suo attuale braccio operativo per il ruolo avuto in Europa è l’uomo giusto per farlo e lo sta facendo – può risultare una mossa che dà i suoi frutti. Specie in un momento come questo, in cui i cittadini percepiscono l’Ue come la più importante àncora di salvezza per fronteggiare la crisi economica che ci attanaglia. I sondaggi da qualche settimana danno Forza Italia in ripresa. 

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