Caporalato: significato, cos'è e come funziona in Italia, reato

Caporalato in Italia fenomeno di sfruttamento della manodopera a basso costo molto diffuso nel settore dell'agricoltura, lavori nei campi e edilizia

Caporalato: significato, cos'è e come funziona in Italia, reato

Il caporalato è un fenomeno molto diffuso che si fonda sullo sfruttamento della manodopera a basso costo.

 

Viste le numerose vittime che ci sono state negli ultimi tempi e al continuo, dilagante e consueto uso di delle fasce più deboli e disagiate, persone povere ed extracomunitarie, ci pare doveroso spiegare e far conoscere questa brutale forma di schiavitù che ancora oggi è praticata nel Sud quanto al Nord e Centro Italia.

 

Per questo motivo vedremo innanzitutto cos'è il caporalato, le sue caratteristiche, come funziona lo sfruttamento della manovalanza ed il reato penale e la pena prevista dalla legge per chi si macchia di un simile crimine e cosa intende fare il Governo per ridurre ed eliminare nel nostro Paese il fenomeno del caporalato in agricoltura.

 

Caporalato Significato:

Cos'è il caporalato? Il Caporalato è una pratica molto diffusa in Italia in settori come l'agricoltura e l'edilizia che si basa sullo sfruttamento criminale della manodopera a basso costo.

 

Solitamente il reclutamento delle persone avviene da parte di un soggetto, detto appunto "caporale" che nelle prime ore della giornata, raccoglie manodopera giornaliera in punti strategici nascosti della città, per farla lavorare in nero nei campi o nei cantieri edili senza che le siano riconosciute le adeguate protezioni sia in termini di sicurezza che dal punto di vista igienico sanitario, di riposo e di compenso. 

 

Purtroppo, tale sistema illecito di reclutamento per lavori agricoli e edili stagionali sottopagati, pur essendo un reato penale continua a mietere vittime in tutta Italia, circa 13 solo in questa bollente estate tra l'omertà dei più e la mancanza di adeguati controlli da parte delle autorità.

 

Caporalato come funziona in Italia?

Come funziona lo sfruttamento del caporalato? Come spiegato da un'inchiesta di Repubblica sul Caporalato, dai sindacati e dagli stessi braccianti sfruttati, Il caporalato funziona solitamente in questo modo: il caporale, è la persona che oltre a reclutare, adescare e trasportare alle prime luci dell'alba i malcapitati braccianti nei vari campi agricoli della regione, è quella che contratta con le aziende il prezzo della manodopera. 

 

Ovviamente il prezzo che l'azienda paga al caporale è molto diverso da quello che poi arriva effettivamente al bracciante sfruttato, che ricordiamo essere di solito un extracomunitario, donna o giovane disoccupato con moglie e figli, al quale per 1 giornata di lavoro nei campi sotto il sole cocente di luglio e agosto, senza pausa, acqua o qualcosa da mangiare, riceve un compenso irrisorio circa 1 o 2 euro per ogni cassetta di pomodori, fragole o uva raccolti o stoccati, circa 30 euro per 12 ore di lavoro per gli uomini e 27 euro per le donne a fronte dei 54 euro che l'azienda in regola dovrebbe pagare al bracciante per una giornata di lavoro di 7 ore, con pausa oltre agli eventuali straordinari.

 

Secondo gli ultimi dati raccolti in Puglia sullo sfruttamento della manodopera agricola, fanno registrare una nuova tendenza del caporalato ossia preferire la manovalanza femminile rispetto a quella maschile, e preferire le donne italiane a quelle straniere perché più mansueta, ricattabili e quindi più facilmente sfruttabile e restie alla denuncia o all'insubordinazione.

 

Secondo le stime del sindacato Flai CGIL sono circa 40.000 le donne braccianti pugliesi vittime del caporalato, molte volte nascosto sotto altri tipi di licenze per evitare i controlli da parte delle autorità.

 

Il caporalato è un reato penale?

Si, il caporalato è un reato penale che di recente è stato novellato dall'art. 12 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 entrato in vigore dal 13 agosto 2011, e successivamente modificato dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 che ha introdotto nel nostro Codice penale un nuovo articolo, il 603-bis contenente il nuovo reato di Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro che rientra tra i delitti contro la libertà individuale.

La pena per il caporalato è dai 5 agli 8 anni di reclusione e una multa tra i 1000 e 2 mila euro per ogni bracciante, lavoratore reclutato per:

  • "chiunque svolga una attività organizzata di intermediazione reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori.."

Per il legislatore, quando vi è lo sfruttamento della manodopera? Quando si verificano le seguenti condizioni:

  • la retribuzione dei lavoratori è sistematicamente non inserita in un regolare contratto di lavoro o comunque quando questa è sproporzionata rispetto alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto;

  • vi è la sistematica violazione delle norme circa il rispetto dell'orario di lavoro, del riposo settimanale, delle ferie ecc;

  • violazioni delle norme di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro, tali da compromettere la salute e la sicurezza del lavoratore;

  • sottoporre il lavoratore a condizioni di lavoro, sorveglianza, o alloggi degradanti.

Ma perché si configuri il reato di caporalato e di sfruttamento del lavoro art. 12 del Dl 138/2011 occorre anche un'altra condizione: l'uso di violenza, minacce e intimidazione, e l'approfittarsi dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori.

 

Confisca dei beni per chi compie il reato di caporalato:

Confisca dei beni per chi compie il reato di caporalato, è stata questa la soluzione paventata dal Governo Renzi e dal ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina al lavoro con il ministro Orlando per risolvere il problema del caporalato in agricoltura.

 

L'atto legislativo, come annunciato dal ministro Martina, sarebbe dovuto arrivare in tempi rapidissimi ed avrebbe previsto oltre che la confisca dei beni anche altre azioni importanti come il rafforzamento dei controlli, far lavorare di più e meglio i soggetti della rete agricola di qualità con gli enti bilaterali e studiare un nuovo meccanismo per sostenere a livello legale, le persone che denunciano lo sfruttamento del caporale.

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