Vertice di maggioranza, è scontro su IVA e misure economiche

Nei giallorossi dissidi sulle misure economiche e nemmeno l’alleanza nelle regioni decolla. Mentre i grillini perdono pezzi, nel Pd stoccate al segretario

Vertice di maggioranza, è scontro su IVA e misure economiche

Conte vuole la riduzione dell’iva, Il Pd insiste per il taglio al costo del lavoro. Il vertice di maggioranza finito ieri in tarda serata non ha sciolto i nodi che già in giornata erano venuti al pettine. L’incontro tra il premier e i capi delegazione dei partiti che lo sostengono a quanto pare non è stato risolutivo. Sulla manovra di scostamento di Bilancio, la terza in pochi mesi, non ci si è spinti oltre qualche ipotesi. Allo studio anche il suo ammontare. Il Governo parla di almeno 20 miliardi, di cui la metà già impegnati.


Ma lo scontro si è consumato principalmente sull’imposta sui consumi. Il presidente del Consiglio insiste sul taglio dell’Iva per chi paga senza contanti. Convinto che la misura servirà a rimettere in moto le spese degli italiani. Il Pd non ci sta. E con Graziano Delrio vuole sapere “perché l’Iva è diventata una priorità”. E punta il dito sull’assenza di “un cronoprogramma preciso”. Per i dem sarebbe più utile intervenire sul costo del lavoro. Italia Viva pensa invece a un intervento sull’Irpef.


Alla difficoltà di dare corpo ad una visione di insieme sulle misure economiche da adottare, e che non si limitano alla ‘manovrina’ (destinata comunque a produrre nuovo deficit) - in questi giorni si aggiunge la questione della tenuta della maggioranza. Anche in vista delle prossime competizioni elettorali. Ad alzare la temperatura le regionali di settembre. La campagna sembra essere iniziata. E l’alleanza giallorossa a livello locale non decolla. Lo scontro che si sta consumando sui candidati – vedi la Liguria dove i dem hanno opposto il veto sul giornalista Ferruccio Sansa sostenuto dai 5S, o la Campania dove i grillini corrono da soli con Valeria Ciarambino – è segno di una frammentazione pericolosa. Le cui ricadute si stanno manifestando a livello nazionale. Ma c’è di più.


I partiti di maggioranza a loro volta devono fare i conti con i problemi interni. In settimana gli attacchi del sindaco di Bergamo Gori al segretario Zingaretti hanno portato scompiglio in casa dem. La sua leadership forse non è così al sicuro come sembra e non è nemmeno scontato che sia a lungo termine. Qualcosa deve cambiare. Ci pensa il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini ad incalzare nelle ultime ore segretario e dirigenti. Da 'Stasera Italia' su Rete 4 il governatore dice la sua. “Al Pd tocca ora rafforzare l'azione di governo, toccano meno parole e più fatti e dare una anima più riformista al governo. La vera prova”, spiega, “ci sarà nelle prossime settimane”. Serve "meno politicismo e più fatti concreti. Se posso dare un consiglio a Nicola (Zingaretti, ndr) è di irrobustire il gruppo dirigente. Sul territorio ci sono tante professionalità che hanno governato bene con le quali il gruppo dirigente del partito sarebbe più robusto e autorevole”. Touchè.


Non va meglio nel M5S che continua a perdere pezzi. In settimana la senatrice Alessandra Riccardi ha abbandonato il Gruppo 5S a Palazzo Madama per approdare a quello della Lega. Alla Camera a lasciare i pentastellati è stata la deputata Alessandra Ermellino confluita nel gruppo Misto. Conti alla mano al Senato i giallorossi potrebbero far leva solo su 160 voti sicuri. Già sotto i 161 richiesti per la maggioranza assoluta. Mentre si vocifera di altre due senatrici che sarebbero pronte al ‘salto’ nel gruppo della Lega. Si tratterebbe di Tiziana Drago e Marinella Pacifico. Il dato oltre che numerico è politico. Il M5S così si indebolisce in Parlamento, e se si indebolisce Il Movimento si indebolisce anche il premier. Che proprio in queste ore sta tentando di accelerare anche sul dl semplificazioni, con l'obiettivo di avere un testo pronto per il Cdm almeno entro la settimana prossima.


Intanto Matteo Renzi propone un patto di governo con Pd e M5S per arrivare alla scadenza naturale della legislatura. Per il fondatore di Italia Viva il Governo giallorosso "è nato per rispondere alla follia dei pieni poteri di Salvini”. “Rivendico quella mossa del cavallo”, dice al quotidiano la Repubblica. E parla della necessità di “sostenere la maggioranza per arrivare al 2023, eleggendo un presidente della Repubblica europeista e filo atlantico. Deve essere il nostro traguardo di legislatura. Dobbiamo evitare che il Quirinale sia la gara di ritorno di chi ha perso al Papeete". Il senatore di Scandicci guarda già alla partita più importante: l’elezione nel 2022 del successore del Presidente Mattarella.

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