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Fondi europei, Emma Bonino: «Stiamo perdendo tempo prezioso»

Per la senatrice di +Europa, già commissaria Ue: «In Italia mancano programmazione e capacità di spesa. Preoccupante la paralisi del Governo italiano»

Fondi europei, Emma Bonino: «Stiamo perdendo tempo prezioso»

«Stiamo perdendo un sacco di tempo prezioso. Sono mesi che si parla di Mes senza venirne a capo. E l’Italia non ha ancora mandato a Bruxelles il Piano nazionale delle riforme. Tutti gli altri Paesi dell’Ue hanno presentato il loro piano, noi no. Inoltre, il Sure è pronto da più di tre settimane e non abbiamo ancora avviato neanche le procedure di richiesta.» Emma Bonino, ministro degli Esteri nel governo Letta e delle Politiche europee nel Prodi II, commissaria Ue dal 1995 al 1999, più volte parlamentare a Strasburgo e dal 2017 leader di +Europa, non nasconde la sua preoccupazione per lo ‘stallo’ dell’Italia. Che non si decide ad utilizzare le risorse che l’Ue ha già reso disponibili. E che stenta ad avviare una programmazione degli interventi da realizzare.

 

Graziano:

Senatrice Bonino, per far fronte alla choc economico generato dalla pandemia l’Unione Europea - mai come questa volta - sta mettendo in campo strumenti straordinari. Decine e decine di miliardi per le spese sanitarie con il Meccanismo di Stabilità e per il sostegno all’occupazione delle piccole e medie imprese con il Sure. Il Recovery Instrument solo per l’Italia ne potrebbe sbloccare altri 170 tra finanziamenti a fondo perduto e prestiti. Ma da noi tutto sembra essersi fermato attorno all’utilizzo o meno dei fondi Mes. Siamo indietro nella programmazione. E invece dovrebbe essere prioritario fissare in tempi rapidi progetti e obiettivi per accedere ai fondi europei.


Bonino:
«È verissimo. Siamo imbrigliati in un dibattito paradossale. Il Governo mi pare regga a condizione di non prendere decisioni. Che nella situazione in cui siamo non è proprio un messaggio positivo. Va avanti con bonus e sussidi di tutti i tipi e di varie forme. Che, ovviamente, un bel giorno finiranno perché non è che si può vivere di sussidi in eterno, peraltro tutti a debito e con i tassi che sono quelli che sono. L’Europa si è mossa con una certa velocità e con una certa decisone. Quella che è preoccupante è la paralisi del Governo italiano».

 

Graziano:
Più volte ha parlato dell’importanza della ‘lungimiranza di spesa’. Anche in relazione ai fondi di coesione. Ci sono risorse dell’esercizio 2014-2020 che ancora non abbiamo usato.

 

Bonino:
«Le posso dare le cifre precise. Nella programmazione 2014 – 2020 tra contributi europei e contributo nazionale abbiamo avuto a disposizione un pacchetto di 76,8 miliardi di euro. Ad oggi i pagamenti per progetti realizzati sono 27 miliardi. Questa è la verità: in sette anni ne abbiamo spesi 27 su 76.»

 

Graziano:
In questo momento il quadro politico italiano non è semplice. Sono molto forti i dissidi nella maggioranza. Oltre che sul Mes, in queste settimane lo scontro si è consumato sulle misure da inserire nella manovra per lo scostamento di bilancio, sulla riforma dei decreti sicurezza e quella dell’apparato amministrativo. Come può influire la situazione interna nei rapporti con l’Ue in questa fase così difficile?

 

Bonino:
«E’ evidente che la situazione non dà molta credibilità al nostro Governo. Questo è sicuro. Al vertice del 18 e 19 luglio (Consiglio europeo straordinario convocato a Bruxelles in presenza per discutere del Piano per la ripresa ndr) alcuni fanno notare che se non utilizziamo neanche quello che c’è per problemi interni, non siamo molto attendibili quando chiediamo all’Europa di fare in fretta o di venire incontro alle nostre necessità. Questo continuo rinvio di tutto mina fortissimamente la credibilità e la forza negoziale del Governo italiano. E nel resto d’Europa sanno bene cosa succede da noi. Tutti gli ambasciatori europei a Roma vedono perfettamente quello che accade, leggono la stampa italiana e hanno i loro canali di informazione e fanno oggettivi rapporti alle loro capitali. Qualcuno potrebbe pensare che evidentemente tanto drammatica la nostra situazione non è visto che la tecnica che prevale è quella del rinvio su tutto.»

 

Graziano:
Negli ultimi mesi il ritrovato asse franco-tedesco è stato decisivo per il via libera della Commissione Von Der Leyen al Piano per la ripresa da 750 miliardi. Ma la partita non è conclusa. I Paesi ‘rigoristi’ stanno dando battaglia. Il premier olandese non cede, vuole che le risorse siano stanziate solo attraverso prestiti e non anche con contributi.

 

Bonino:
«Con il vertice di metà luglio spero si arrivi a un accordo politico tra i Paesi ancora contrari. Si negozierà sul pacchetto complessivo di 750 miliardi per capire quanti saranno prestiti e quanti finanziamenti a fondo perduto. Il negoziato è ancora lungo. E ammesso che si riesca a portare a casa l’accordo politico già questo mese, e a parte regole e procedure, sicuramente una parte dei fondi, quella meno sostanziosa, sarà disponibile nella tarda primavera del 2021. Mentre la parte più importante slitterà ancora perché ci sarà bisogno delle ratifiche dei parlamenti nazionali.»

 

Graziano:
Dal 1 luglio si è aperto il semestre tedesco di presidenza dell’Ue. Cambierà qualcosa per l’Italia?

 

Bonino:

«Cambia se si arriva all’accordo politico sul Recovery Fund perché questo cambierà anche l’orizzonte. Io sono convinta che l’accordo ci sarà perché non penso che la cancelliera Merkel, come si dice in un brutale gergo, possa perdere la faccia. A quel punto se passa la proposta franco-tedesca al meglio possibile si apre una prospettiva diversa. Ma anche una serie di problemi importanti perché lo scoglio resta la nostra capacità di spesa.»

 

Graziano:
Angela Merkel ha dichiarato di voler “rendere di nuovo forte l’Europa”. Che ruolo potrà avere il nostro Paese?

 

Bonino:
«L’Italia è tra i fondatori dell’Ue ed è un grande Paese. E tanto più sarà credibile tanto più sarà importante. Ma se continuiamo con sciocchezze tipo la veronexit (il sindaco di Verona è promotore di un referendum per l’uscita della città dall’Ue ndr), e a non risolvere i problemi del debito pubblico e della competitività che si è persa nella notte dei tempi, saremo pure padri fondatori ma il nostro ruolo finirà con l’essere più marginale. In Europa ci si sta seriamente, non ci si sta a singhiozzo.»

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