Due piccioni con una fava

Referendum costituzionale, il Sì di Zingaretti alla Direzione del Pd

Il segretario dem lancia anche una campagna per la raccolta firme per il bicameralismo differenziato. Ma dice: “non staremo al Governo ad ogni costo”.

Referendum costituzionale, il Sì di Zingaretti alla Direzione del Pd

“Non stiamo al Governo a tutti i costi”. Quello di Nicola Zingaretti alla direzione del Pd è un intervento a tutto campo. Che non solo scioglie il nodo sul referendum relativo al taglio dei 345 parlamentari, voluto dai Cinquestelle – “propongo di assumere l’indicazione per il Si'”, ha detto il segretario – ma pone ancora una volta le condizioni per rimanere in maggioranza e sostenere il Conte bis. “Resteremo finché il governo fa cose utili al Paese”, ha scandito ai suoi. “Nel momento in cui la Repubblica dovesse entrare in una situazione involutiva, l'impegno del Pd sarebbe inutile. Ma io non credo che siamo in questa situazione, credo anzi che le sfide che abbiamo davanti aprano nuove possibilità”.

Cauto ma fiducioso, disposto a fare un passo indietro ma con nuove idee e proposte, Nicola Zingaretti coglie l’occasione della Direzione per lanciare riforme di cui il Pd vuole a tutti i costi avere la paternità. “Integriamo nella nostra battaglia tante argomentazioni che sono emerse” sul referendum, ha detto. E lancia le novità di questo autunno alle porte. “Faccio mia la proposta di Luciano Violante di accompagnare la campagna per il Si' al referendum con una raccolta di firme per il bicameralismo differenziato. Sarà un modo, pur con scelte diverse che ci saranno, di unire il Pd”.

 

Così il leader dem spera di prendere due piccioni con una fava. Da un lato convincere i democratici perplessi, niente affatto convinti da un taglio definito ‘demagogico’ e con il quale si “rischia una deriva autoritaria”, come dichiarato di recente dall’ex ministra Rosy Bindi. Dall’altra, spostare in avanti la prospettiva dei fautori del Sì lanciandoli verso nuovi traguardi. A partire proprio dalla riforma del bicameralismo paritario. Diventata nel corso della campagna referendaria uno degli argomenti più dibattuti tra le forze politiche. Consapevoli, probabilmente, che anche in presenza di una vittoria schiacciante al referendum 2020 dei favorevoli al Parlamento ‘magro e snello’, privo di un terzo degli eletti, non verrebbero affatto risolti i nodi di una architettura istituzionale che qualche crepa la presenta da tempo. “Il tema vero” ha rilanciato Zingaretti, “è il processo riformatore di accompagnamento" al taglio dei parlamentari.

 

Poi il segretario prova una valutazione sulla tenuta del Governo all’indomani dell’election day. Il capo del Pd non si dice “convinto” che “se prevalessero i No cadrebbe il Governo”. O che se vincesse il Sì “spirerebbe il vento inarrestabile della demagogia”. Ci tiene a “ricondurre tutto dentro i suoi confini”. Niente “rischi di un trionfo dell’antipolitica”. E lui, ci tiene a precisare, “all’antipolitica non ha mai ceduto”. Ma le ragioni del No hanno fatto emergere temi ‘sensibili’, problemi reali circa le conseguenze della riduzione di deputati e senatori. Riforme a colpi di sforbiciate della ‘Carta’ non risponderebbe alle necessità del sistema istituzionale. 

 

E termina con il tema delle elezioni regionali. Per le quali l’attuale governatore della Regione Lazio non desiste e ribadisce l’appello al voto utile. “I candidati del Pd sono presenti ovunque e ogni altra candidatura è velleitaria: nessun altro candidato ha possibilità di battere le destre. L'elettorato diviso perde, se si unisce può vincere”.

Fino alle 19 sono in corso le votazioni per via telematica della relazione generale del segretario e, a parte, di un ordine del giorno sul referendum. Oggi la Direzione non si svolge in presenza ma in streaming.

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