Un nuovo Medio Oriente

Emirati Arabi, Bahrain e Israele: nuove intese per pace in Medioriente

Trump promuove gli accordi tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrain. Patti storici verso pace in Medio Oriente. Reazioni palestinesi: due razzi da Gaza.

Emirati Arabi, Bahrain e Israele: nuove intese per pace in Medioriente

Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato l’intesa raggiunta martedì 15 settembre da Israele con due grandi player del Golfo e del mondo arabo: gli Emirati Arabi Uniti (UAE) e il Bahrain.

Un momento storico segnato dai cosiddetti “Accordi di Abramo”, che suggeriscono intenzioni di pace e avviano un dialogo disteso per la futura cooperazione tra i firmatari, impegnatisi a mantenere relazioni diplomatiche costruttive, mirando alla piena normalizzazione tra gli Emirati Arabi Uniti e lo Stato di Israele in linea con la loro comune opposizione all’Iran. Il punto d’incontro condiviso dai firmatari segna un passo in avanti nel processo di pace, in quello che si sta definendo come un ‘nuovo’ Medio Oriente.

 

Alla cerimonia ufficiale, ospitata dalla Casa Bianca, hanno preso parte il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il Ministro degli Esteri del Bahrain, Khalid bin Ahmed Al Khalifa, e il Ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, Abdullah bin Zayed Al-Nahyan. Immancabile, il discorso del grande mediatore dell’incontro, Donald Trump, che ha appunto precisato come questo nuovo patto segnerà “l’alba di un nuovo Medio Oriente”, presentandosi – ancora una volta nel giro di pochi mesi e al culmine della campagna elettorale per le presidenziali - come il promotore del “disgelo” per dar spazio a opportunità di crescita e stabilità in regioni critiche nelle relazioni tra i Paesi arabi e l’Occidente.

 

Siamo qui, questo pomeriggio, per cambiare il corso della storia (…) dopo decenni di divisioni e conflitti” - ha annunciato Trump dal balcone che si affaccia sul South Lawn, quello lo stesso spazio di Pennsylvania 1600 in cui gli USA proclamarono gli Accordi di Oslo del 13 settembre del 1993. Straordinaria la partecipazione da parte di centinaia di persone accorse per assistere alla firma degli accordi, in un clima di entusiasmante attesa, in cui la minaccia del covid-19 è passata un po’ in secondo piano. Fonti e media locali hanno riportano che, infatti, non si è del tutto rispettata la distanza di sicurezza e, tra la folla, si sono visti più volti che mascherine.

Oltre ai repubblicani, alcuni democratici alla Camera hanno partecipato all’evento di sigla degli accordi, in un momento in cui il loro leader Nancy Pelosi, attuale Presidente della Camera, non è nelle ‘migliori’ relazioni con l’inquilino della Casa Bianca. È significativo, quindi, come molti democratici, incluso il candidato alla presidenza Joe Biden, abbiano comunque sostenuto l’intesa, riconoscendone il peso e l’importanza politica.

 

 

Ma come abbiamo già assistito all’indomani dell’accordo tra Gerusalemme e Abu Dhabi, il carattere bilaterale delle intese odierne tra Netanyahu, Al Khalifa e Al-Nahyan non risolvono il conflitto decennale tra Israele e i palestinesi. Questi, infatti, guardano a questa serie di accordi come una mossa scorretta da parte dei loro compagni arabi, un vero e proprio affronto alla grande missione: creare uno Stato palestinese che riceva il benestare dalla comunità mondiale. Ma né Netanyahu né Trump hanno rivolto messaggi ai palestinesi; è stato invece il Ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti e quello del Bahrain a ricordare l’importanza della causa palestinese.

 

Non tarda, infatti, il ‘dissenso’ da parte dei militanti palestinesi che hanno risposto lanciando due razzi contro Israele. Si apprende dall’esercito israeliano che il lancio sia coinciso con il timing della cerimonia. Entrambi i razzi sarebbero partiti da Gaza, ma uno è stato intercettato dai sistemi di difesa aerea. Si sono anche registrate manifestazioni, di entità contenuta, di attivisti palestinesi in Cisgiordania e a Gaza, dove i partecipanti hanno dato fuoco o insultato foto e raffigurazioni dei protagonisti degli Accordi di Abramo, ossia il Presidente USA, Netanyau e i loro nuovi alleati arabi.

A infiammare ulteriormente gli animi dei palestinesi è stato il ringraziamento espresso dallo sceicco Al-Nahyan, fratello del potente principe ereditario di Abu Dhabi, al leader israeliano per “aver fermato l’annessione” di un’area contesa in Cisgiordania (insediamenti rivendicati dai palestinesi). Ma Israele ha confermato, come emergeva poche settimane fa, che si tratta di uno ‘stop’ temporaneo.

Nonostante il perdurare del conflitto israelo-palestinese, potrebbero esserci nuove speranze di apertura nell’attuale scenario arabo-israeliano. Tra i Paesi che hanno già “fatto pace” con Israele ci sono l’Egitto (nel 1979, ad opera del Presidente egiziano Anwar Sadat) e la Giordania (nel 1994).

 

Da oggi, Israele e Stati Uniti fanno leva sul fatto che gli accordi presi con i Governi arabi il 14 settembre potrebbero dare il via a un cambiamento epocale, altamente strategico, qualora altre nazioni arabe (a partire dall’Arabia Saudita) ne capitalizzassero l’importanza seguendo l’esempio odierno. Il che porterebbe a nuovi equilibri e posizioni politiche dell’Iran, della Siria e del Libano.

Per Washington e Gerusalemme, ci sono ora tre Paesi arabi con cui ‘incassare’ il riconoscimento dello Stato ebraico: l’Oman, il Sudan e il Marocco. Gli accordi non metteranno certo fine alle guerre in Medio Oriente, ma per lo meno formalizzeranno l’avvicinamento dello Stato ebraico a due realtà politiche ed economiche importanti nella regione araba.

In altre parti del mondo, ci sono analisti e gli scettici che si pongono interrogativi e dubbi sulle finalità ‘non dichiarate’ degli accordi. Anche in Israele, dove c’è stato ampio consenso, si teme che queste nuove ‘aperture’ possano portare a vendite di armi sofisticate statunitensi agli Emirati Arabi Uniti e al Bahrain.

 

Patti bilaterali e Accordi di Abramo: documenti distinti per un obiettivo comune

Oltre agli accordi bilaterali firmati da Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrain, tutti e tre hanno firmato un documento denominato “Abraham Agreements”, dal nome del patriarca delle tre principali religioni monoteiste nel mondo.

I documenti che costituiscono gli Accordi di Abramo e l’accordo bilaterale firmato da Israele e il Bahrain sono costituiti da dichiarazioni generali che impegnano i firmatari a promuovere la diplomazia, la cooperazione reciproca e la pace.

Il più dettagliato degli accordi è stato quello tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti, dove si è deciso di approvare accordi bilaterali su 15 aree di reciproco interesse, tra cui finanza, commercio, aviazione, energia, telecomunicazioni, salute, agricoltura e acqua.

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