E il primo round è andato. Due a uno per lo sfidante e palla al centro in attesa del secondo round decisivo, il terzo infatti è di solito meno incisivo con gli elettori già convinti nelle loro posizioni ed il voto per corrispondenza già’ molto avanzato.
Tra insulti, attacchi personali e colpi bassi, il primo scontro televisivo tra Donald Trump, Presidente Repubblicano uscente, e Joe Biden, sfidante Democratico, si è svolto la scorsa notte a Cleveland. Non si può certo dire che sia stato un dibattito avvincente in relazione alla qualità dei contenuti discussi, ed è eloquente il titolo che la Cnn ha scelto per commentare l’evento: “awful”, ovvero “terribile”. Del resto, tutti gli analisti si sono trovati d’accordo nel dire che il dibattito sia stato quantomeno “atipico”, poichè i temi di policy – che dovrebbero essere al centro di una campagna elettorale – sono stati praticamente ignorati.
Possiamo già starne certi: le prossime cinque settimane – quelle che ci separano dalle elezioni Presidenziali del 3 novembre – non ci regaleranno una campagna piacevole ed interessante. Donald Trump è stato un Presidente troppo discusso e divisivo e – fattore che potrebbe tornare a suo vantaggio – la discussione sarà pressochè inevitabilmente deviata dalle questioni di merito per concentrarsi invece sulle polemiche più attuali. Biden, persona estremamente corretta e rispettosa dell’etichetta istituzionale (al contrario del suo rivale), potrebbe avere gioco facile nel contrastare l’inquilino della Casa Bianca sul terreno della gestione della pandemia (oggettivamente fallimentare), dell’evasione fiscale (le recenti notizie restituiscono l’immagine di un Trump inadatto a ricoprire il ruolo di Presidente), della strumentalizzazione delle tensioni razziali.
Il problema, tuttavia, è che il dibattito è talmente polarizzato da rendere tali questioni quasi irrilevanti. Agli elettori di Trump non importa quasi nulla sapere se il loro candidato è un evasore fiscale, oppure un negazionista del coronavirus; quindi, impostare la campagna solo sulla propria figura può paradossalmente fare il gioco del tycoon neworkese. A maggior ragione in un’epoca in cui i dibattiti televisivi contano sempre meno che in passato: la pervasività di Internet e dei social media è tale per cui, a mio avviso, questi “show” in TV non sono ormai in grado di spostare più del 5% dei voti.
Cosa accadrà dunque nelle prossime settimane? Da un lato, aspettiamoci colpi bassi da parte di Trump e del suo staff, che sicuramente non si farà problemi a fare emergere scandali – non importa se reali o presunti – che gettino discredito su Biden. Dall’altro lato, attenzione a non sottovalutare il candidato democratico: “Sleepy Joe” non sarà di certo il politico più carismatico sulla scena statunitense, ma ha al suo attivo una esperienza quasi cinquantennale, essendo stato eletto in Senato per la prima volta nel 1972. Biden non è uno sprovveduto e può inoltre contare su una candidata Vicepresidente, Kamala Harris, che avrebbe davvero tutte le carte in regola per ambire alla sua successione nel 2024.
Chi vincerà? E’ ancora presto per dirlo: meglio diffidare dei sondaggi. Biden è dato saldamente in testa, ma così fu pure per Hillary Clinton quattro anni fa. Le sorprese e gli sgambetti non mancheranno: molto probabilmente, sarà una lotta incerta fino all’ultimo momento. Speriamo sopratutto che il sistema democratico americano di fair play e di tradizioni regga a risultati ravvicinati che potrebbero tentare il perdente di fare ostruzionismo e procrastinare l’accettazione del vincitore