Cosa non abbiamo capito di un evento così inspiegabile dove un bambino, 11 anni, ancora nel pieno del bisogno del calore materno cade nella trappola perversa di un manipolatore mentale. Quello che si cela dietro è il "potere della persuasione”. Un' arma che fin dai tempi antichi ci ha dato prova della sua forza sia se esercitata su una platea di persone sia sul singolo individuo. Ma qui parliamo di un bambino e parliamo di un mondo virtuale che noi tutti non conosciamo. Un luogo dove chi naviga, già il termine navigare da un senso quasi di fluttuazione, si sente libero, anonimo soprattutto libero di dare sfogo a pensieri perversi, malati. Io carnefice libero di commettere qualsiasi atto e tu vittima libera di subirlo.
La generazione dei genitori si trascina dietro ancora quelle che sono le raccomandazioni della loro epoca. Sappiamo mettere i figli in guardia dagli sconosciuti, da macchine anonime, da possibili violentatori, spacciatori di droga ma non sappiamo come si danno indicazioni di protezione sui nuovi mostri che noi stessi non conosciamo. Quale spazio infatti è più pericoloso di un luogo dove gli stessi bambini e adolescenti si sentono di poter sfogare le loro paure, insicurezze, rabbia convinti che il momento presente dello sfogo si perderà in un ammasso di dati senza che nessuno presti attenzione? Ed è proprio lì che occhi attenti accalappiano la persona più vulnerabile per la quale preparano una strategia di convincimento ad hoc.
La persuasione è un processo che si avvale sia di argomenti razionali sia di stimoli emotivi affinchè il messaggio trasmesso dalla fonte verso il ricevente abbia come risultato un cambio di comportamento di quest'ultimo. Chi deve persuadere organizza il proprio messaggio in maniera che abbia forti sollecitazioni emotive nell'individuo ricevente. Ha una propria scaletta di presentazione che gli permette di creare un alto clima di fiducia dove l'altro scelto dal carnefice in base a specifiche fragilità si abbandona, si affida. E piano piano la vittima subisce una modifica percettiva di cosa sta accadendo.
L'obiettivo del persuasore virtuale è raggiungere il massimo godimento che è quello di vedere un soggetto che diventa il suo burattino da manipolare a proprio piacimento. Sanno bene che spesso dall'altra parte trovano bambini, adolescenti che ancora non hanno gli strumenti per decifrare il pericolo che dietro queste chat, relazioni on line, amicizie possono celarsi. Soggetti spesso confusi, introversi, ansiosi perché il mondo reale è più pesante di quello virtuale in cui trovano un dolce e leggero navigare. I persuasori si presentano con immagini rassomiglianti a figure che nelle associazioni dei bambini sono quelle più vicine, più amicali. Hanno un ritmo e parole che rispecchiano la stessa età dell'nterlocutore che è caduto nella trappola, in maniera tale che un bambino pensando che dall'altra parte ci sia un suo simile non mette in atto nessun tipo di difesa. Utilizzano modi e parole gentili per chiedere l'amicizia e per iniziare a conversare. Sanno esaminare la vittima dal primo contatto, riescono a capire quanto questa possa essere ingenua e fragile per mettere in atto il loro piano diabolico. Aspettano il tempo giusto affinché il potere della persuasione abbia il suo effetto, non hanno fretta attendono il momento in cui la vittima abbia pienamente fiducia della relazione. Creano un identikit molto accurato della vita della vittima, di chi ne fa parte, cosa lo affligge, chi gli fa del male, cosa gli fa male.
Materiale fondamentale da tirare fuori al momento giusto, una sorta di cassetta degli attrezzi da cui ogni oggetto a catena rende il gioco più reale e più coinvolgente. E quando il quadro della povera vittima è completo possiamo aprire il sipario: la scena prende vita con le trame più svariate ma che saranno per il soggetto coinvolto sempre reali, del resto gli sono state cucite addosso, come non crederci? La mente di chi subisce la persuasione inizia a perdere totalmente il contatto con la realtà. I personaggi della storia messi in piedi dal persuasore la vittima li vede, lo guardano, lo toccano, gli parlano e lui risponde perché in quel momento sono tutti personaggi reali. Le sensazioni che trovano spazio nella sua mente e nel corpo della vittima infatti sono tutte vere, lo si spinge a credere in un pericolo immediato, in una morte certa se non accetta una sfida, un compromesso. C’è ansia, sudorazione, battito cardiaco accelerato, bocca secca. Come poter ancora avere un filo di lucidità come tornare indietro se il mio carnefice sa tutto di me, mi parla come io voglio che mi parli, sa quali sono le mie paure, le mie debolezze, quello che mi ferisce, lui sì che sa comprendermi.
E nel momento di alienazione totale dove la vittima ha perso del tutto il confine percettivo tra realtà e finzione si crea lo spazio di azione più ampio per il carnefice. Impaurisce il soggetto a tal punto da condizionarlo a fare qualsiasi cosa. Lo incita a comportamenti auto lesionanti o violenti verso altri soggetti perché se non li attua c’è un prezzo troppo alto da pagare. Abbiamo dato troppe informazioni, il persuasore può tirare in ballo chiunque, una mamma, un padre, una sorella fino a convincere la vittima che per il bene di questi ultimi deve essere la sua stessa vita a sacrificarsi. Ed ecco che si spinge il povero bambino, adolescente protagonista di una storia horror del tutto inventata al gesto più innaturale per un individuo, cioè la morte. Lo si incita in un ritmo crescente e nevrotico corri, scappa, fuggi, sono qui ti inseguo, ti prendo fai qualcosa per salvarti, muoviti è troppo tardi, lanciati.
Ciò che resta di reale di questa orribile messa in scena è solo la vittima e tutto il resto scompare nei famosi ammassi di dati. Un solo momento di lucidità per questa povera vittima che riesce a lasciare il suo avatar per un attimo e scrivere mamma ti voglio bene. Cosa abbiamo sbagliato? Di chi è la colpa? Forse di nessuno, solo della non conoscenza? Non riusciamo a mettere in guardia generazioni che stanno vivendo più di realtà virtuale che di vita reale dei pericoli che ci sono in un mondo che per noi è sconosciuto ma a loro sembra così comodo, come se avessero trovato un nuovo habitat che li fa stare bene.
Cosa avviene in un luogo finto dove spesso e volentieri ci sono sempre e solo carnefici e mai salvatori, dove il vero spettacolo è dettato dal macabro, dall'estremo, dall'orrore, dall'esercizio di potere? Chiediamoci cosa avviene in questo mondo parallelo dove noi non viviamo ma dove invece spesso i nostri figli vanno a farsi un giro e dove quasi sempre si intrattengono più del dovuto e finiscono per trovare quella finzione più comoda della vita reale. Non potendo intervenire in quel mondo oscuro dobbiamo invece conoscere tutto della vita reale, e provare a renderla come i nostri figli vorrebbero, senza bisogno di vie di fuga illusorie e pericolosissime.