Il rovescio della medaglia

L’altra faccia del virus: pazienti oncologici e cardiopatici nei guai

Così come i dializzati e tanti altri. La soluzione: separare gli ospedali Covid da quelli Covid-free per garantire il ricovero, ma non è facile né immediato

L’altra faccia del virus: pazienti oncologici e cardiopatici nei guai

Le unità operative (ex reparti) degli ospedali si avviano verso la saturazione, se non si verifica un rallentamento nella diffusione del virus. Cosa sta accadendo? Al momento, i posti letto Covid sono 15.422 in tutta Italia (escludendo le terapie intensive e sub intensive): negli ospedali, a seconda delle necessità, interi divisioni operative vengono riconvertite a coronavirus, dalla pneumologia alla medicina interna, alla  cardiologia e oncologia, alla gastroenterologia. Naturalmente ciò significa sbarrare le porte di queste aree a tutti i malati non Covid, come già avvenuto nella prima ondata primaverile.

 

Per tante ragioni, oggi abbiamo più ricoverati «ordinari», rispetto a marzo-aprile: molte persone con sintomi vanno direttamente nei Pronto soccorso e i soggetti positivi al coronavirus hanno paura, arrivano in ospedale in una condizione psichica particolare, quasi terrorizzati. In realtà, soltanto una metà di questi pazienti richiede ossigenoterapia a bassi flussi. I ricoveri sono più di quelli necessari: alcune terapie potrebbero essere eseguite a domicilio, mentre la Cpap (ventilazione meccanica non invasiva) e l’ossigeno ad alti flussi richiedono l’ospedalizzazione e il monitoraggio. Tuttavia, in tutta Italia tanti codici verdi (pazienti positivi al virus non gravi) sono ospedalizzati. Per molti di questi pazienti basterebbe l’isolamento domiciliare: a casa si possono somministrare antipiretici, eparina, cortisone e persino l’ossigeno. Una cosa che tutti i cittadini dovrebbero fare è tenere con sé un piccolo saturimetro, strumento facile da usare, perché un basso livello di ossigeno nel sangue (valore inferiore a 95) è un segnale importante di possibile aggravamento. 

 

Alcuni pazienti vengono ricoverati perché dove vivono non è possibile praticare  l’isolamento in buona sicurezza. Ci sono più di 11 milioni di italiani esposti a un doppio danno da Coronavirus: persone con pluri-malattie croniche, e soggetti fragili affetti da malattie cardiovascolari, tumori e patologie del sangue, fra le più frequenti, come diffusione, nella popolazione. È noto, anche ai non addetti, che quando queste persone si infettano con il coronavirus muoiono di più e che in corso di emergenza hanno meno accesso alle cure. E molti pazienti, per paura dei contagi, sono rimasti a casa. Ad esempio, è aumentata la mortalità per gli infartuati in quanto le cure immediate come l’angioplastica (salvavita) si effettuano in ospedale. Anche qui molti pazienti, per paura dei contagi, sono stati a casa.

 

Altro dramma è quello dei malati oncologici, di cui una buona parte  dei pazienti ha sospeso i trattamenti già durante la prima ondata, e molti candidati alla chirurgia hanno dovuto rimandare gli interventi. E’ prevedibile un incremento della mortalità per cancro nel prossimo anno. Non a caso, nei primi 5 mesi dell’anno sono mancati all’appuntamento ben 1,4 milioni di screeneng tumorali con ritardi per nuove diagnosi e terapie della malattia e un sostanziale rallentamento per la ricerca e gli studi clinici per la sperimentazione di nuove terapie oncologiche.  

 

Ecco dunque l’altra faccia della medaglia della pandemia in Italia. L'avanzata del coronavirus ha determinato, causa forza maggiore, una revisione e riorganizzazione  delle strutture  ospedaliere diretta a  moltiplicare le unità operative utili a gestire i soggetti colpiti. La conseguenza è che i malati cronici non Covid rischiano dunque di non essere curati. Infatti, a causa dell'emergenza e della situazione che le strutture sanitarie stanno affrontando, alcune fasce di pazienti sarebbero state contattate dagli Enti ospedalieri e avvisate della sospensione delle loro terapie. Molti di questi pazienti necessitano di assistenza continua, dalle terapie, ai trattamenti riabilitativi, ai dispositivi medici, spesso salvavita. Oncologia e cardiologia a parte, si tratta di soggetti particolarmente sensibili e delicati, che per il rischio di contagio stanno vivendo una sorta di emergenza nell’emergenza.

 

Pronto soccorso, cure ginecologiche, assistenza ai dializzati, prestazioni ambulatoriali urgenti o domiciliari per i malati oncologici, attività di laboratorio, indagini diagnostiche e visite specialistiche indifferibili: è questo, in tempo di emergenza, lo spazio di assistenza negli ospedali richiesto dai cittadini malati portatori di altre patologie acute o croniche. Le cosiddette malattie rare colpiscono tutte le età. Pertanto, questi pazienti vanno monitorati, tutelati e supportati con massima attenzione. I bambini si ammalano spesso, virus o non virus, e hanno bisogno di cure, monitoraggio, attenzione, prevenzione, ricoveri  per mal di pancia, traumi domestici, cerebropatie e quant’altro: basta lo specialista pediatra del territorio? Sono state rinviate tutte le procedure chirurgiche non ritenute indispensabili  e le attività ambulatoriali non urgenti. In particolare sono stare differite tutte le operazioni, non impellenti, che richiedono la terapia intensiva; per cui gli interventi chirurgici sono riservati solo  ai pazienti in “imminente” pericolo di vita. 

 

Nei mesi trascorsi è stata più volte sottolineata l’importanza della solidarietà, valore apicale scolpito nella Costituzione, per traghettare l’Italia oltre l’emergenza sanitaria. Non ultimo il presidente della Consulta: “dalla solidarietà discende il dovere di evitare comportamenti egoistici e di perseguire sempre l’interesse comune”, ha spiegato Mario Rosario Morelli, aggiungendo che “ciò vale sia per le istituzioni sia per ciascun cittadino”. Poi ha ricordato quali sono i parametri applicati dal “giudice delle leggi” nelle sue decisioni, a cominciare dal “bilanciamento dei diritti in gioco”. Questo “equilibrio” è un precetto sempre valido, anche durante l’emergenza socio-sanitaria ed economica che sta attraversando l’Italia del Covid? Certo, e comporta un piccolo sacrificio di tutti i valori in campo, perché non esistono “diritti tiranni”. La Corte lo ha scritto, tra l’altro, anche in altre occasioni: quando era necessario trovare un bilanciamento tra il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto d’impresa, gli interessi dello Stato: non ce n’è uno da privilegiare in maniera integrale a danno di altri, ma, in una situazione di conflitto, ciascuno può essere ridimensionato e/o sacrificato, sia pure nella proporzione più piccola possibile, per favorire la tutela degli altri.

 

E proprio nella situazione complicata che stiamo vivendo, è più che mai utile questa riflessione. In questo scenario lascia un pò perplessi il quasi silenzio e/o la scarsa protesta sia dei rappresentanti nazionali dei medici e altri sanitari (sindacato, ordine e collegi professionali, sanitari con ruoli politici, eccetera) ed anche  di una gran parte degli  intellettuali, questi ultimi spesso attenti a certe problematiche e non ad altre.

 

Oltre a cercare di infondere informare meglio per non provocare panico, quali possono essere i rimedi immediati e futuri? La prima cosa da fare dovrebbe essere la netta separazione fra ospedali Covid e Covid-free per assicurare la possibilità di ricovero per pazienti con malattie non Covid senza rischi di contagio. Poi va presa in considerazione l’opportunità di organizzare meglio i medici di medicina generale e medici, infermieri per potenziare e migliorare l’assistenza domiciliare. E subito dopo dare ai medici assunti in emergenza un contratto a tempo indeterminato per non farli emigrare all’estero. In poche parole, questa emergenza dovrebbe far ripensare ex novo la sanità in Italia. 

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