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I consigli dell'esperto

Covid, Cricelli spiega cosa prevede il Protocollo per curarsi in casa

Cosa si consiglia di fare se si hanno sintomi non gravi, quali medicinali prendere e quali no, quando basta il medico e quando andare al Pronto Soccorso

Covid, Cricelli spiega cosa prevede il Protocollo per curarsi in casa

Il documento è ormai pronto da una decina di giorni, lo ha messo a punto il Consiglio Superiore di Sanità con il contributo del Presidente, Franco Locatelli. Indica quali sono i comportamenti da seguire in caso di sintomi da Covid che non richiedano un ricovero urgente, quali farmaci si possono prendere, come il paracetamolo per abbassare la febbre, e quali invece sono sconsigliati, come antibiotici o cortisonici, senza una valutazione da parte del proprio medico di fiducia. Tra i consigli anche quello di dotarsi di un saturimetro, che aiuta a monitorare l’ossigenazione del sangue. «In caso di comparsa di sintomi, il primo consiglio è quello di informare il proprio medico, che meglio di chiunque altro conosce la condizione di salute del paziente, se prende già altri farmaci e per che tipo di eventuali altre malattie» premette Claudio Cricelli, presidente della SIMG, Società italiana di Medicina Generale. 

 

«Il secondo consiglio è quello di restare a casa in isolamento, come ricordano anche le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che estendono l’indicazione anche ai pets, gli animali domestici, perché potrebbero essere veicolo di contagio, seppure in casi molto remoti e isolati» continua Cricelli, che poi analizza le prescrizioni previste nella bozza del Protocollo per la gestione del Covid a casa. 

 

Quando è necessario avvertire il proprio medico di famiglia e quando occorre eseguire un tampone?


Claudio Cricelli: «Quando compaiono i primi sintomi, occorre avvertire il proprio medico di famiglia, che prescriverà l’isolamento e chiederà l’invio delle Usca, le unità speciali di continuità assistenziale (composte da medici e infermieri), per eseguire un tampone. Se questo risulta positivo, valuterà le condizioni generali del paziente, in base a età (un conto è un 30/40enne in buone condizioni generali di salute, altro conto è un anziano di 85/90 o un diabetico, che corrono rischi differenti). Va detto che non c’è un trattamento specifico, ma è importante capire se si è nella fase iniziale della malattia, quando il virus si sta moltiplicando e può essere sufficiente restare a casa monitorati, o se si entra nella seconda fase, in cui il virus inizia a causare un danno all’apparato circolatorio e respiratorio. In questa seconda eventualità, che potrebbe anche non accadere, occorre andare in ospedale. Se invece il tasso di rischio è modesto si rimane a casa, assumendo alcuni farmaci e seguendo comportamenti corretti».

 

Il documento, ancora in formato di bozza, prevede l’assunzione di paracetamolo: a cosa serve e quando va preso? 


Claudio Cricelli: «Il motivo è semplice: serve ad abbassare la febbre, che è un classico sintomi di ogni virus di tipo respiratorio e aiuta a controllare i dolori muscolari e articolari, tipici di questo tipo di malattia».

 

Gli antibiotici e il cortisone si possono prendere? Se sì, in che casi?


Claudio Cricelli: «Sull’assunzione degli antibiotici c’è una grande controversia: qualcuno ne sostiene l’utilità, altri differenziano a seconda del tipo di antibiotico. Chiariamo che in circostanze normali non curano dal virus, ma possono risultare utili se dovessero esserci complicanze di tipo batterico, perché potrebbero ridurre l’infiammazione, ma solo in caso di ricovero per un aggravamento del quadro complessivo. Quanto al cortisone, che è un potentissimo antinfiammatorio, tutte le raccomandazioni internazionali e nazionali indicano la scarsa efficacia della somministrazione immediata, nelle prime fasi della malattia. Eventualmente e solo in caso di aggravamento del quadro clinico, potrebbe essere assunto dopo un’attenta valutazione perché, per esempio, in un diabetico alza la glicemia e può causare uno scompenso, anche grave. Quindi non è assolutamente da assumere in autonomia, ma eventualmente e solo in caso di ricovero per la cosiddetta “tempesta chitochinica”, cioè un’infiammazione generalizzata che riguarda più organi».

 

Presidente Cricelli, perché il Protocollo sconsiglia l’uso dell’aerosol?


Claudio Cricelli: «Il ricorso eventuale all’aerosol va valutato con prudenza per un semplice motivo: trattandosi di un circuito aperto, potrebbe agevolare la diffusione del virus nell’aria durante le fasi di inalazione ed espirazione da parte del paziente. E’ quindi sconsigliato a meno che il suo uso non avvenga in assoluta sicurezza o se il paziente è totalmente isolato e non vive con altre persone». 

 

Nei mesi scorsi si è parlato molto di idrossiclorochina come possibile farmaco nella cura del Covid, mentre anche l’Aifa, l’Agenzia italiana per il Farmaco, ha sospeso l’autorizzazione, al di fuori di studi clinici, seguendo le Linee internazionali. Perché? 


Claudio Cricelli: «E’ ormai è ormai stata eliminata dai protocolli di cura anche in ospedale, quindi meno che mai si dovrebbe utilizzare in soggetti che si trovano in quarantena o in isolamento domiciliare. In Gran Bretagna sono ancora in corso alcuni trial clinici di sperimentazione, ma non esistono indicazioni nazionali che ne consiglino la somministrazione». 

 

Tra ciò che è sconsigliato ci sono anche l’eparina e gli integratori di vitamine. Ci vuole chiarire cosa e quando eventualmente va preso?


Claudio Cricelli: «Quanto all’eparina va somministrata solo nel caso in cui ci sia un elevato rischio cardiovascolare e in presenza di sintomi chiari che lo confermino. Questo perché aiuta a controllare in modo efficace alcune manifestazioni di scompensi cardiovascolari, che sono tra le complicanze da Covid, ma non è esente da rischi, quindi occorre una valutazione da parte del medico di famiglia. Quanto alle vitamine, la bozza chiarisce che non ci sono ad oggi evidenza scientifiche circa eventuali benefici nell’aumento dell’apporto di vitamine tramite integratori (di Vitamina C, D o lattoferrina). I medici consigliano una dieta equilibrata, in modo da poter disporre di tutti i nutrienti necessari». 


Infine, tra le indicazioni generali per un corretto monitoraggio della condizione del paziente, il Protocollo suggerisce di controllare con regolarità la febbre, che non dovrebbe superare i 37.5° C, e l’ossigenazione, anche tramite saturimetro. Cos’è e a cosa serve?

 

Claudio Cricelli: «Da tempo consigliamo di dotarsi di questo semplicissimo apparecchio, facile da utilizzare e che indica il livello di ossigeno nel sangue. Si tratta di un parametro importante, perché un eventuale calo può essere spia di un peggioramento della malattia, che potrebbe rendere necessario o il ricorso a bombole d’ossigeno, rimanendo a casa, oppure il ricovero ospedaliero».

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