Il caso Regeni

Caso Regeni a Bruxelles: approvata la risoluzione dell'Europarlamento

Si cerca verità per Giulio in Ue. La risoluzione chiede indagine indipendente, segnale netto all’Egitto. Se ne riparlerà al Consiglio Esteri a gennaio 2021.

Caso Regeni a Bruxelles: approvata la risoluzione dell'Europarlamento

Sul rinvio a giudizio dei quattro 007 egiziani accusati della morte di Giulio Regeni e il da farsi sul caso che ha compromesso le relazioni diplomatiche tra Rome e il Cairo, c’è stato un Vertice a Palazzo Chigi. Vi hanno partecipato Luigi Di Maio, il Premier Giuseppe Conte e i Ministri Lamorgese (Interni) e Guerini (Difesa). Di Maio ha parlato di un quadro “agghiacciante” riferendosi a quello su cui hanno fatto luce i magistrati italiani. Il Vertice è valso a sollecitare il Governo affinché resti unito e continui a interagire con tutti i possibili canali internazionali utili a cercare “Verità per Regeni”.

 

La Farnesina aveva già informato di aver provveduto ad attivare i dialoghi necessari a sensibilizzare i rappresentanti delle istituzioni europee sulla morte del giovane ricercatore. In particolare, tramite una lettera inviata dal Ministro Di Maio a Josep Borrell, il capo della 'corpo' diplomatico dell'Ue. Di Maio chiedeva di “coinvolgere l’Ue” con l’obiettivo di ottenere qualche forma di pressing sul Cairo in merito all’elezione di domicilio degli indagati dalla Procura di Roma. “L'Italia è un Paese fondatore dell’Ue e sul tema dei diritti umani non è concesso fare passi indietro (...)”, così il capo degli Esteri riguardo alla linea da seguire nei rapporti tra l'Ue e l'Egitto.

 

La risoluzione votata dall'Europarlamento

Il Parlamento europeo ha votato ed approvato il 18 dicembre una risoluzione con cui si chiede all’Unione europea di collaborare con le autorità italiane sul caso Regeni e si chiede  di scarcerare immediatamente Patrick Georges Zaki. Sono questi i nomi espressamente citati per i quali si vuole avviare un’indagine indipendente e trasparente su tutte le violazioni dei diritti umani in Egitto, per assicurare che i responsabili siano chiamati a risponderne. Il contenuto della risoluzione ha come finalità quella di sollecitare concretamente le autorità egiziane a fornire gli indirizzi di residenza dei quattro agenti dei Servizi Segreti indagati. Una richiesta già avanzata al Cairo dalla legge italiana. La risoluzione esprime anche sostegno politico e vicinanza alla famiglia Regeni nella ricerca della verità.

Con il voto di oggi il Parlamento manda un segnale molto netto all’Egitto, una condanna dura della repressione che è in atto nel Paese”, ha dichiarato Pierfrancesco Majorino, negoziatore del gruppo S&D per la risoluzione sul deterioramento dei diritti umani in Egitto.

In merito al problema della repressione e violazione dei diritti umani in Egitto, gli eurodeputati hanno accolto favorevolmente l’adozione di un regime di sanzioni in materia da parte del Consiglio europeo. L’Eurocamera ha anche rinnovato l’invito all’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, a riflettere sulla possibilità di applicare misure restrittive verso funzionari egiziani di alto livello responsabili delle violazioni più gravi. Una portavoce ha anche confermato che Borrell ha ricevuto la lettera di Luigi Di Maio (con cui il Ministro degli Esteri chiedeva espressamente un coinvolgimento dell’Ue nelle relazioni con l’Egitto per risolvere il caso Regeni). La portavoce ha anche spiegato che “c’è pieno sostegno” nei confronti dell’Italia e che Bruxelles continua a “seguire (…) il caso Regeni”e che è sempre stato chiesto agli egiziani “di cooperare pienamente con le autorità italiane per chiarire le circostanze della morte”. Ha poi aggiunto che se ne riparlerà ancora, con i Ministri competenti dell’Ue, nel corso del prossimo Consiglio Affari Esteri in agenda per gennaio.

 

Sempre all'Europarlamento, qualcosa si era comunque già mosso sul Caso Regeni. in passato. Gli eurodeputati avevano chiesto la verità sulla morte del giovane che aveva posto un rischio di deterioramento nelle future relazioni tra l’Ue e l’Egitto. In particolare, su come queste dovrebbero essere subordinate a riforme democratiche. Il Parlamento europeo aveva condannato fermamente le continue restrizioni ai diritti fondamentali in Egitto denunciando le autorità egiziane per aver ostacolato le indagini sulla morte di Giulio Regeni. I deputati che hanno difeso il dossier puntavano a subordinare ulteriori cooperazioni con l’Egitto alla realizzazione di progressi nel riformare le istituzioni democratiche e avevano fatto appello agli Stati membri affinchè sospendessero le esportazioni verso l’Egitto di tecnologie di sorveglianza e altre attrezzature di sicurezza. Queste strumentazioni, infatti, potrebbero facilitare gli attacchi contro i difensori dei diritti umani e gli attivisti.

 

Sul Caso Regeni, continua a fare grande eco sui media – non solo italiani e francesi - la notizia della restituzione della Legion d'Onore da parte di Corrado Augias. Una decisione che il noto scrittore aveva preso in risposta alla concessione dello stesso titolo (onorificienza) all’egiziano Al Sisi da parte di Parigi. E mentre Claudio Regeni, padre di Giulio, ha inviato i suoi ringraziamenti ad Augias, c’è qualcuno che ne segue l’esempio: è a firma di Giovanna Melandri l’intenzione di restituire il prezioso riconoscimento.

 

“Verità per Regeni”: chiuse indagini, l’accusa ai quattro 007 egiziani

Si è cercata per anni la “Veritàsul caso “Giulio Regeni”, che ha portato all’accusa di quattro agenti 007 del Cairo. Il momento tanto atteso è arrivato: il 10 dicembre, sono state chiuse dalla Procura di Roma le indagini da cui emerge che il giovane ricercatore friulano è stato “torturato e ucciso” dai quattro contro cui ora sarà richiesto il processo.

 

I quattro avvisi di chiusura delle indagini, emessi dal Pubblico ministero, parlano di accuse a vario titolo: il sequestro pluriaggravato di persona, il concorso in omicidio aggravato e il concorso in lesioni personali aggravate. Riguardo al quinto membro dei Servizi segreti egiziani è stata invece chiesta l’archiviazione visto che - come si legge da una nota della Procura di Roma - non ci sono elementi sufficienti a “sostenere l'accusa in giudizio”.

Ritirare l’Ambasciatore” italiano in Egitto, questa è la richiesta reiterata dai genitori di Giulio al Governo. Non si è mai spenta la speranza con cui hanno perseverato i coniugi Regeni, sostenuti dai numerosissimi follower da Nord a Sud (e anche in Europa), per trovare i responsabili e fare luce su quanto sia realmente accaduto al ricercatore universitario scomparso in Egitto. “La nostra è diventata una lotta di civiltà”, ha dichiarato Paola Regeni.

Stando a quanto emerge dall’accusa dei magistrati di Roma, i quattro autori delle sevizie subite da Giulio Regeni nella caserma del Cairo, avrebbero inflitto “acute sofferenze fisiche” con calci, pugni, lame, bastoni e oggetti per usargli brutale violenza. Durante i lunghi giorni del sequestro, Giulio era stato ammanettato e incatenato. E, in quel momento tragico, a poco erano valsi gli sforzo e l’impegno dell’Italia per cercare di ricevere ulteriori risposte dalle autorità egiziane, sollecitate a maggiore collaborazione. Un grande mistero si era aperto dal giorno del ritrovamento del cadavere.

 

Parlamento Ue: Giulio e coniugi Regeni candidati al Premio Sakharov

Il 25 luglio 2020, il gruppo del PD dell'Europarlamento a Bruxelles, su proposta del capo delegazione Brando Benifei e il deputato Andrea Cozzolino, ha depositato la candidatura di Giulio e dei coniugi Regeni, Claudio e Paola, all’edizione 2020 del Premio Sakharov per la Libertà di Pensiero dell’Unione europea. Un riconoscimento assegnato ogni anno dall’Eurocamera a persone che abbiano dato un contributo straordinario alla lotta per i diritti umani.

Un atto che ha dato spazio a nuovi hashtag sui Social - anche dall'Europa: #veritapergiulio #giulioregeni #25luglio. Nella stessa giornata, si leggeva come il giovane ricercatore friulano dell’Università di Cambridge mancasse all’affetto dei genitori ormai da 1.639 giorniPaola Deffendi e Claudio Regeni hanno raccontato, in un libro pubblicato il 21 luglio, il potere simbolico che ha catalizzato, in Italia e nel mondo, la figura del figlio. Parlano di “connessioni”, soprattutto “tra persone sconosciute” come forza dell’empatia della storia di Giulio.

 

La corrispondente di The Italian Times era stata in Friuli-Venezia-Giulia, dove restano ancora esposti gli striscioni gialli per le vie di città e Paesi della terra di Giulio. È sorprendente come il popolo friulano – e soprattutto i giovani - non abbia trascurato l’importanza di difendere e continuare a sostenere il significato di questa triste vicenda. Sono ancora appesi i messaggi di solidarietà alla famiglia Regeni, alle finestre, ai cancelli delle case, sulle facciate dei palazzi, anche pubblici, come Municipi, istituti di formazione, oratori e centri culturali.

 

Giulio Siamo Noi, questo il nuovo slogan che Claudio e Paola trasmettono nelle voci di centinaia di follower della campagna a sostegno dei diritti umani e della ricerca sulla autentica ricostruzione dei fatti che hanno portato all’omicidio del giovane Giulio al Cairo nel 2016. “Crediamo che Giulio stia portando avanti molto bene il discorso dei diritti umani in tante Nazioni e, in particolare, in Egitto”, così ha affermato Claudio Regeni durante la presentazione di #Giuliofacose.

La candidatura, infatti, è stata estesa che ai genitori, per valorizzare l’impegno e la tenacia con cui si sono battuti per far emergere una verità –che ancora non è chiara- sull’uccisione del figlio.

Fonti politiche ed esperti legali che hanno indagato sul caso Regeni riportano che, per ben 4 anni, l’Egitto abbia respinto le ripetute richieste di una collaborazione attiva per la condivisione di testimonianze e informazioni su quanto accaduto realmente a Regeni. In particolare, su come si sia giunti, nella capitale della terra del Nilo, a una violenta persecuzione del giovane friulano.

Sulla scia della nota campagna “Verità per Regeni (che, con il sostegno di Amnesty International, ha prodotto spille, bracciali, adesivi, magliette, oggetti e altri gadget), è diventato virale, a partire da febbraio di quest’anno, anche l’appello di scarcerazione dello studente dell’Università di Bologna, Patrick Zaki, anch’egli incarcerato in Egitto.

 

Cenni sull’omicidio Regeni

L’omicidio di Giulio Regeni è stato un delitto commesso in Egitto tra gennaio e febbraio 2016.

Giulio Regeni era un dottorando italiano dell’Università di Cambridge. È stato rapito il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, e ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani.

Le condizioni del corpo, ritrovato lungo un fosso in direzione dell’autostrada per Alessandria, mostrarono evidenti segni di tortura che - si ipotizzò - fossero in relazione con i legami - che, si supponeva - Regeni avesse con il Movimento sindacale che si opponeva al Governo del generale al-Sisi. Detti legami non sono mai stati provati.

La scomparsa di Giulio ha dato avvio, a livello nazionale e globale, a un dibattito politico forte e che dura ancora oggi. Si è parlato di depistaggi, attraverso la rete dei Servizi di sicurezza, per mano del Governo del Cairo. I sospetti che ne sono derivati hanno sollevato marcate tensioni diplomatiche con l’Egitto.

 

Chi era Giulio

Regeni è nato a Trieste il 15 gennaio del 1988. Oggi, avrebbe 32 anni.

È cresciuto a Fiumicello (in provincia di Udine). Minorenne, si è trasferito per studiare all’Armand Hammer United World College of the American West (Nuovo Messico, Stati Uniti d’America). e poi nel Regno Unito.

Una curiosità riguardo a Giulio è che sentisse, forte, la sua identità di cittadino europeo, appartenenza e impegno che gli è valso il Premio “Europa e giovani” (sia nel 2012 che nel 2013). Aveva poi anche partecipato al Concorso internazionale organizzato dall’Istituto regionale di Studi europei, per le approfondite e dettagliate ricerche sulle questioni cade del Medio Oriente.

Aveva lavorato presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) per lo sviluppo industriale, e svolto (per un anno) ricerche per conto della società privata di analisi politiche Oxford Analytica. Ormai vicino al conseguimento di un Dottorato di ricerca presso il Girton College dell’Università di Cambridge, si è recato nella capitale egiziana per svolgere una studi sperimentali sui Sindacati indipendenti egiziani. Regeni faceva base presso la sede dell’Università Americana del Cairo. Ne era emerso che i sindacati egiziani stessero attraversando una difficile situazione (con complicanze di tipo politico), in seguito alla rivoluzione egiziana del 2011.

 

Premio Sakharov

Il Premio Sakharov è stato istituito nel 1988 ed è dedicato allo scienziato e dissidente sovietico Andrej Dmitrievic Sakharov. Il primo a ricevere il riconoscimento è stato Nelson Mandela. L’ultimo, nel 2019, l’economista Ilham Tohti, incarcerato e condannato all’ergastolo per il suo attivismo in difesa della minoranza musulmana uigura in Cina.

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