Lo stallo nelle trattative

Il maxi-rimpasto non accontenta Renzi. Che vuole la fine del Conte bis

Mentre l’ex ministra Boschi spara a zero sul premier, Zingaretti lo blinda ma invita l’avvocato a prendere in mano il confronto: “Bisogna fare presto”.

Il maxi-rimpasto non accontenta Renzi. Che vuole la fine del Conte bis

A questo punto nessuno nella maggioranza ha un’idea dei possibili risvolti di una crisi combattuta sulle pagine dei giornali ma senza un confronto politico tra i diretti interessati. Una guerra di trincea che ancora oggi si spiega a colpi di interviste e che nella calza della Befana non mette nulla di buono. Ci pensa la renziana di ferro, Maria Elena Boschi, a ridare fuoco alle polveri dalle pagine del quotidiano La Stampa. “La narrazione che viene dagli uffici del premier è che ci accontenteranno con un rimpasto ma non è così”, precisa.  “Ad oggi, nessuna risposta dal governo alle nostre richieste. Forse il presidente vuole verificare fino in fondo l'ipotesi dei responsabili prima di chiarirsi con noi. Legittimo, ma l'importante è che non perda tempo. Conte si decida”. Poi l’affondo: “I governi durano finché hanno la maggioranza in Parlamento. Se si aprirà la crisi, il presidente della Repubblica farà la sua scelta. Nessuno avrebbe mai immaginato, tre anni fa, che un professore senza esperienza politica diventasse premier”. L’ex ministra esclude la praticabilità delle elezioni anticipate: “Nessuno le vuole e chi le minaccia lo fa soltanto per impaurire gli altri”. Italia viva, insomma, non solo non torna indietro ma fa un ulteriore passo in avanti: vuole in tutta evidenza le dimissioni di Conte. E punta alla fine del suo secondo esecutivo con la conta in Aula. “Vogliamo capire se c'è ancora una maggioranza a sostegno del governo”, proclama. “Quanto a cambiare le maggioranze, direi che l'anomalia è stata vedere i due ultimi governi, guidati dallo stesso premier ma con maggioranze antitetiche. Meglio il chiarimento dello stallo. O si governa davvero o tutto è al buio, non solo la crisi”. Parole che tuonano su una maggioranza che teme di perdere completamente il controllo della situazione: una crisi, seppur pilotata, del Conte bis verso un terzo esecutivo guidato dall’avvocato di Volturara Appula presenta molti rischi ed è piena di trappole. I risvolti potrebbero essere imprevedibili. 

 

Il Pd non lascia solo Conte

Lo sa bene Nicola Zingaretti: la caduta di Conte potrebbe innescare scenari inediti. Il capo del Nazareno si appella ancora all’unità: “Non servono atti di rottura o crisi al buio, ma una collaborazione necessaria e consapevole dato il momento che stiamo vivendo. Se dovessimo fallire, chi avrà avuto la responsabilità di un mancato coraggio o di una condotta irresponsabile, manovriera e spregiudicata, ne pagherà le amare conseguenze di fronte all'opinione pubblica”. Dal Corriere della sera manda il suo avvertimento al leader di Italia Viva e dice che il Pd “intende superare le conflittualità all'interno della maggioranza” ma “bisogna fare presto”. Per il segretario “La crisi in un momento di emergenza verrebbe vissuta come un gioco di potere, lontano dagli interessi dell'Italia”. E’ convinto che “ci siano le condizioni per un compromesso alto, che faccia fare un passo in avanti a tutti, attorno a Conte e per l'interesse nazionale”. In ogni modo il partito democratico “respinge ogni tentativo di esasperare le differenze e le divisioni per aprire la strada a avventure, cambi di maggioranza o confuse soluzioni da condividere con la destra”. Ma ad “assumere l'iniziativa per propiziare questo confronto franco e chiuderlo il prima possibile deve essere il premier”. 

 

Il ruolo chiave del Quirinale 

L’ipotesi del rimpastone, cui Conte sarebbe disponibile per andare incontro ai renzianiil toto-ministri riferisce della Boschi alla guida delle Infrastrutture e di Ettore Rosato all’Interno al posto della Lamorgese – non accontenta dunque il senatore di Rignano. Che non vuole che passi nell’opinione pubblica il messaggio che ambisce a più poltrone. Ma in questo momento il fondatore di Iv è una variante inestricabile e potrebbe bloccare nuovamente le trattative in corso. Il futuro del premier e della maggioranza è su una china. Il Pd è categorico: o si va avanti con Conte e l’alleanza giallorossa oppure si andrà al voto. Niente governi istituzionali, niente unità nazionale, niente maggioranze dell’ultimo minuto. Perciò se Renzi confermasse al Senato il pollice verso sul governo i passaggi istituzionali previsti dalla Costituzione saranno quelli cui si atterrà il capo dello Stato. Che potrà dare un nuovo incarico all’avvocato per verificare la sussistenza o meno di una maggioranza che lo sostiene. O in caso di fallimento a qualcun altro. Se nessuna ipotesi troverà il sostegno del Parlamento per la fiducia, Mattarella non potrà fare altro che indire le elezioni. 

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