Buon Anno, Terra!

Chiuso buco dell’ozono da record dell'Antartide, sorpresa di fine anno

Dopo il picco di oltre 24 Km quadrati solo a settembre, era la rarefazione più estesa e profonda degli ultimi 40 anni. Il Covid19 arriva anche in Antartide.

Chiuso buco dell’ozono da record dell'Antartide, sorpresa di fine anno

A pochi giorni dalla fine del 2020, colpito dagli effetti pandemici e ambientali (visto l’aumento preoccupante delle temperature globali), l’anno nuovo si apre con una buona notizia per la salute del pianeta: il buco dell’ozono che sovrastava l’Antartide si è chiuso il 28 dicembre.

La più grande, per estensione e profondità, la rarefazione dello strato atmosferico del Polo Sud aveva raggiunto, solo nel mese di settembre, una dimensione di oltre 24 km quadrati. Vediamo cosa ha contribuito a questo importante fenomeno e come vi hanno inciso i cambiamenti climatici.

 

Chiusura sbalorditiva di fine anno

La stagione che ci lasciamo alle spalle si è distinta per le eccezionali condizioni meteorologiche naturali e della continua presenza di sostanze che riducono lo strato di ozono nell’atmosfera. Lo ha annunciato l’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMM-WMO), confermando che si tratta di un buco dell’ozono che aveva registrato variazioni preoccupanti tali da definirlo il più grande per durata e misura dall’inizio delle attività di monitoraggio circa 40 anni fa. Ma c’è qualcosa di inaspettato: si tratta dei tempi con cui si sono verificati certi andamenti della rarefazione e che hanno poi sbalordito con una chiusura definitiva. Infatti, il buco dell’ozono era aumentato vertiginosamente ad agosto raggiungendo il picco di apertura del buco nel mese di settembre. Si è chiuso a distanza di appena tre mesi, alla fine dell’anno, sorprendendo anche scienziati e meteorologi.

 

 

Effetti del vortice polare

In Antartide, il buco dell’ozono era stato ricondotto ad una serie di concause. In primis, ad un vortice polare particolarmente forte, stabile e freddo che aveva mantenuto temperature estremante basse nella stratosfera (tra circa 10 km e circa 50 km di altitudine in atmosfera). Secondo quanto illustrato dall’OMM, questi fattori meteorologici sono gli stessi che hanno contribuito, nell’Artico (Polo Nord) ai livelli record del buco dell’ozono del 2020. Un fenomeno che mostra un andamento anomalo, opposto, a quello del buco dell’ozono in Antartide nel 2019, stranamente piccolo e di breve durata. Oksana Tarasova, a capo del team per la Ricerca sull’ambiente atmosferico all’OMM, ha spiegato che “Le ultime due stagioni del buco dell'ozono dimostrano la sua variabilità di anno in anno e migliorano la nostra comprensione dei fattori responsabili della sua formazione, estensione e gravità (...) – avvertendo sulla necessità di agire congiuntamente sulle politiche climatiche – “È necessario continuare a puntare sull'azione internazionale per applicare il Protocollo di Montreal”. Il noto trattato, firmato nel 1987, vieta le emissioni di sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono (come i cloro-fluorocarburi, CFC). Ne abbiamo parlato in uno dei nostri speciali, in cui si spiega anche perché la rarefazione dell’ozonosfera è chiamata impropriamente “buco”. Nel gergo tecnico di agenzie come l’ESA, la NASA o nel programma Copernicus dell’Ue, si predilige il termine layer (strato) e ozone depletion. Sono stati proprio i servizi di monitoraggio del Copernicus a tenere sott’occhio e fornire i dati sulla progressiva riduzione, o deplezione, del buco dell’ozono sull’Antartide da agosto a oggi.

L’ozono è una tipologia di gas naturale presente nella stratosfera. Ha l’importante funzione di protegge la vita sulla terra dall’esposizione e dai danni causati dalle radiazioni ultraviolette del sole.

Si forma in modo naturale, ogni anno, sia sopra l’Artico (emisfero boreale) che in Antartide (emisfero australe). Contribuiscono alla rarefazione dell’ozonosfera anche le sostanze che contengono cloro e bromo quando si accumulano in queste regioni di bassa pressione causando una riduzione significativa dell’ozono atmosferico. Si apprende anche sui Social che nel 2000, le Nazioni Unite hanno promosso l’istituzione della Giornata internazionale per la preservazione dello strato di ozono (l’Ozone Day 2020 è stata celebrata il 16 settembre).

 

Covid-19 non teme il “freddo polare”: primi contagi in una base di ricerca

Pochi giorni prima che ricercatori ed esperti ambientali tirassero un sospiro di sollievo sulla questione ‘ozono’, un campanello d’allarme è arrivato però a virologi e al sistema sanitario dell’area. Sono stati registrati infatti, prima di Natale, i primi casi di coronavirus anche in Antartide. La notizia ha dell’incredibile, ma è vera, nonostante il continente sia rimasto finora completamente immune alla trasmissione dei contagi. Per ora, sono almeno 36 i positivi concentrati nella base di ricerca cilena della penisola antartica. Si tratta di 26 membri dell’esercito cileno e 10 addetti alla manutenzione, stando a quanto diffuso dall’Abc australiana.

 

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