
Si apprende a Bruxelles che, a margine della consueta riunione del Coreper, i rappresentanti permanenti degli Stati dell’Unione europea hanno firmato la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). Da ora, ha inizio l’iter previsto per le ratifiche da parte dei Parlamenti nazionali dei 27, secondo le modalità previste dai Trattati internazionali.
Se ratificato, MES in vigore dal 2022
Come ribadito da Paschal Donohoe, a capo dell’Eurogruppo, la riforma entrerà in vigore dal 2022, con due anni di anticipo rispetto a quanto previsto. Riformare il MES include l’ampliamento del mandato stesso del Fondo Salva-Stati nella misura in cui, ad esempio, metterà a disposizione linee di credito precauzionali più accessibili, rafforzando le funzioni che collegano il Fondo ai programmi di assistenza finanziaria utili ad accelerare l’uscita dalla crisi economico-sanitaria e il rilancio delle economie dell’Ue.
I capi di Stato e di Governo dell’Unione europea avevano già trovato l’accordo definitivo nell’ambito dello scorso Vertice europeo di dicembre.
Non ci sono riferimenti omogenei sui tempi di implementazione del processo di ratifica in ogni Paese. Le indicazioni dei Governi suggeriscono che potrebbero passare anche diversi mesi prima che il dossier si possa chiudere a livello nazionale, dato che il calendario elettorale europeo 2021 terrà occupate le forze politiche su diversi fronti nei sistemi in cui si andrà alle urne. Senza contare poi le crisi politiche apertesi in realtà come quella estone, quella italiana del Conte-ter o quella che ha visto protagonista l’ex-Premier olandese Mark Rutte.
Un MES “migliorativo”: backstop finanziario, elimina la Troika
Tra le novità della riforma c’è il cosiddetto backstop, ossia il paracadute del Fondo Salva-Banche, nel caso in cui vengano a mancare le risorse finanziarie per far fronte alle richieste. Con la semplificazione delle linee di credito precauzionali, invece, il MES apre la possibilità alle economie dell’Eurozona di ricorrere ad aiuti aggiuntivi in caso di nuove recessioni, ma a fronte – se sarà il caso – del rispetto di una serie di criteri e condizionalità. L’obiettivo è quello di escludere definitivamente l’ipotesi di una gestione in mano alla Troika.