
In Italia la mortalità da parto è in aumento, anche se mostra un numero di morti (per 100mila nati vivi) pari o inferiore ad altre nazioni sviluppate. L’ultimo esempio a Palermo, con la morte di una mamma e del suo bimbo. La media nazionale corrisponde a 9 ogni 100 mila, un dato molto simile a paesi come Gran Bretagna e Francia, dove muoiono 10 donne ogni 100 mila nati vivi. In Europa la mortalità e la morbosità materna grave legata a gravidanza, travaglio e parto, è diminuita a partire dal 1930 fino agli inizi degli anni Novanta. Tuttavia, anche se trattasi di eventi sempre più rari nelle nazioni più avanzate, continuano a rappresentare un'urgenza di sanità pubblica. Oltretutto con la natalità in deciso calo, si tratta di un problema ancora più grave degli stessi dato che lo documentano.
La morte della mamma rappresenta infatti il segnale di un livello di guardia che rivela l'efficacia e l'appropriatezza di un servizio sanitario nell'assistenza sia nelle fasi della nascita sia nelle cure perinatali. Un sistema di sorveglianza è utile anche nei luoghi dove l'evento avviene sporadicamente. Questo, perché è stato calcolato che il 50% delle morti materne potrebbe essere evitato. Un fattore importante per meglio capire e diminuire la quota di morte evitabile è la possibilità di avere valutazioni e misure sicure: infatti è accertato che il solo utilizzo delle schede di morte sottovaluta il resoconto di mortalità materna.
In Italia, nel 2019, è stato presentato il Primo rapporto nazionale sulla mortalità materna da parto, promosso dal convegno dell'Italian Obstetric Surveillance System (ItOss), un sistema di Sorveglianza ostetrica che raccoglie e diffonde informazioni sulla mortalità e sulla morbosità materna grave. La sorveglianza della mortalità materna si avvale di una rete di professionisti in oltre 350 presidi sanitari pubblici e privati dotati di ostetricia, terapia intensiva, unità coronarica e stroke unit (centro per ictus) nelle Regioni partecipanti. Ogni decesso viene segnalato e sottoposto ad audit multiprofessionale. La valutazione dei casi viene poi trasmessa all'Iss dove si procede a ulteriore verifica.
La sorveglianza della mortalità perinatale Spitoss (Italian Perinatal Surveillance System) è coordinata dall'Iss in collaborazione con 3 Regioni italiane (Lombardia, Toscana e Sicilia) e prevede la segnalazione e l'analisi approfondita dei casi di mortalità in utero tardiva (dalla 28sima settimana di gestazione) e mortalità neonatale precoce (nati vivi che muoiono entro la prima settimana dalla nascita).
Nel rapporto è stato dimostrato che i decessi sono il 60% in più di quanto si calcolasse in precedenza. Questo studio, diretto dal Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale prevenzione delle malattie e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità (Iss), ha permesso di misurare la portata del fenomeno ed elencare le varie cause della mortalità materna in Italia. L'analisi e la raccolta di numeri, effettuata nelle regioni partecipanti al progetto, riguarda il periodo dal 2006 al 2012 e dal 2013 al 2017 ( un totale di 10 anni). Il sistema di sorveglianza della mortalità materna (Mmr, maternal mortality ratio), fino al 2017, ha messo insieme numeri e dati, completi e affidabili, nelle dieci regioni valutate (Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia, Sardegna, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia) che rappresentavano il 77% dei nati in Italia e, successivamente, nel luglio 2018 è stata reclutato anche il Veneto.
Inoltre, dal gennaio 2019 si sono aggiunte anche Marche e Calabria, arrivando al 91% dei nati nazionali. Il lavoro svolto è stato orientato alla rilevazione dei casi di mortalità e morbosità materna grave e di analizzarne le principali cause attraverso il collegamento tra le banche dati dei certificati di morte e quelli delle schede di dimissione ospedaliera (Sdo). All'inizio, i dati della Regione Campania sono stati inseriti solo nell'analisi degli eventi morbosi gravi, a causa di una problematica (circostanza critica) constatata nel registro di mortalità regionale.
I certificati di morte, infatti, non sono in grado di rilevare il fenomeno in maniera completa poiché la definizione di morte materna comprende non solo il decesso di una donna durante la gravidanza o il parto ma anche quello che avviene entro 42 giorni dall'esito della gestazione. Il Rapporto annuale sull'attività di ricovero ospedaliero (Sdo) relativo all'Anno 2019, pubblicato il 18 gennaio 2021 dalla Direzione generale della programmazione sanitaria del ministero della Salute mostra che il livello di completezza raggiunto dalla rilevazione delle attività di ricovero è pari a 99% per tutte le strutture ospedaliere italiane, di cui 99,8% per le strutture pubbliche, 99,3% per gli istituti privati accreditati e 90,8% per quelle non accreditate. Il 97% delle Schede di dimissione ospedaliera (Sdo) contengono un codice identificativo anonimo corretto. Rispetto all'anno precedente, la qualità della compilazione è migliorata, con una diminuzione della percentuale di errore pari a oltre 5 punti percentuali. (Servizio tecnico scientifico di statistica, Iss).
Nelle Regioni coinvolte nel progetto risiede il 48% delle donne italiane in età feconda (38% se si esclude la Campania), ovvero quasi la metà delle donne in età riproduttiva dell'intero Paese. Sulla mortalità materana, i dati regionali permettono di osservare forti differenze inter-regionali, con rapporti da 2 a 7 volte il dato nazionale. I valori più bassi sono stati registrati al Nord e in Toscana (dato minimo di 6 morti per 100.000 nati vivi) e quelli più elevati al Sud: ad es. In Campania (circa 13 morti per 100mila nati vivi ) nel Lazio (12,68 morti per 100.000 nati vivi), e in Sicilia (11,77 morti per 100.000 nati vivi). (Tra il 2006 e 2012, la Campania ha mostrato il tasso più alto di morti materne in Italia, con 49 morti e con tasso di 13 casi ogni 100 mila).
In Italia, tra il 2008 e il 2012 sono stati individuati 277 morti materne, ossia 9,18 casi per 100mila nati vivi, il 60% in più rispetto ai soli certificati di morte dai quali si evince un 3,5 decessi per 100mila nati vivi. Si dice morte materna quando il tragico evento si consuma durante la gravidanza o entro 42 gg dal suo termine, per ogni causa collegata o peggiorata dalla gravidanza, ma non per fatti accidentali e casuali.
Altri 106 decessi si sono verificati dal 2013 al 2017, di cui 58 in rapporto a cause ostetriche della gravidanza, parto e puerperio, da interventi, omissioni, trattamenti non appropriati, oppure da un intreccio di eventi collegati o meno alle cause precedenti sopravvenute in corso d'opera (cosiddette morti materne dirette), e 39 legate a condizioni gìà esistenti accentuate dalla gravidanza (cosiddette morti indirette). Da quanto si apprende dalla relazione, probabilmente 41 di queste 106 mamme morte potevano essere salvate se l'organizzazione assistenziale fosse stata più confacente. Le motivazioni particolari delle morti sono state normalmente identificate per 90 casi, mentre nelle restanti 16 non è stato possibile perchè erano incomplete le informazioni sulle cartelle cliniche o dai referti autoptici.
Nel complesso, circa i vari fattori e cause di morte e morbosità materna grave, i risultati dello studio hanno evidenziato che il rischio di mortalità materna raddoppia quando l'età della donna è pari o superiore ai 35 anni. Il taglio cesareo è risultato associato a un rischio di morte materna pari a 3 volte quello associato al parto spontaneo. Comunque, oltre all'intervento chirurgico, l'aumento di rischio è collegato anche alla patologia che ha determinato il cesareo. L'essere cittadine straniere e avere un basso livello di istruzione comporta un maggior rischio di morte materna. Per quanto riguarda le principali cause di mortalità sono, inoltre, stati identificati i casi di donne che hanno sviluppato una condizione morbosa grave che le ha esposte a pericolo di morte a seguito della gravidanza (near miss o quasi infortunio). Le cause che spesso vengono associate sono, in ordine di frequenza, i disordini ipertensivi della gravidanza e le emorragie.
Dai risultati emersi con lo studio delle 106 morti, le cause sconosciute sono 9. Il resto è diviso come di seguito. Mortalità Materna Diretta su 58 sono: emorragia ostetrica ( 22), sepsi/infezioni (11), alterazioni da ipertensione (9), embolia da liquido amniotico (6), tromboembolia (4), emorragia cerebrale(2), in attesa di autopsia (2), complicanze anestesiologiche (1), non definibile (1). Mortalità Materna Indiretta su 39: malattie cardiovascolari (9), sepsi/infezioni (9), emoperitoneo spontaneo-emorragia interna/addome-pancia- (7), tumori/neoplasie (5), malattie infettive (3), suicidio (3), emorragia cerebrale (2), in attesa di autopsia (1). Casi mortali evitabili : secondo lo studio 41 delle 106 persone decedute potevano essere salvate con un'assistenza adeguata.
Secondo i rapporti più aggiornati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ogni giorno perdono la vita 830 donne per le complicanze subordinate alla gravidanza o al parto: nel 2015 abbiamo avuto 303mila morti. Quando si è molto giovani ma non ben sostenute e assistite, il rischio aumenta. Nelle nazioni più avanzate, una giovane di 15 anni su 4900 può morire per effetti collaterali dovuti al parto, a fronte di 1 su 180 in quelle in via di sviluppo e 1 su 54 nelle nazioni maggiormente povere.
La mortalità materna, pur essendo configurata dagli addetti quale "fenomeno raro nei paesi più sviluppati" e che "non è possibile eliminare del tutto" resta, tuttavia, qualcosa di surreale nell'era tecnologica del XXI secolo. Occorre, invece, non rassegnarsi e fare il possibile per migliorare il percorso materno/neonatale agendo sulle principali cause, tra cui la prevenzione ed il trattamento dell'emorragia post partum. Inoltre, è necessario incrementare gli studi validi e precisi di Statistica socio-sanitaria, sulla rilevazione ed elaborazione dei dati, a cura di matematici e statistici.