
Servirà tutto l’equilibrio di Mario Draghi per decidere su formula, programma e squadra di governo senza urtare la suscettibilità dei partiti o accendere vecchie e nuove rivalità. Il terremoto che ha investito la politica italiana dopo la ‘frustata’, tanto repentina quanto inaspettata, del presidente Mattarella che mercoledì ha conferito l’incarico al professore, ha imposto un cambio rapidissimo di passo alle forze politiche. Che ne sono uscite indebolite nello scenario generale e alcune anche con le ossa rotte nella conta interna. Dove i conflitti hanno ricevuto nuova linfa dal quadro che si prospetta: una maggioranza che qualcuno ha definito ‘troppo’ ampia e che crea non pochi malumori per leadership e futuri assetti.
M5S, non è esclusa la scissione
Se Berlusconi, dopo le minacce di scissione della fronda della Carfagna, è riuscito a ricompattare i suoi offrendo subito sostegno al presidente incaricato, Cinquestelle, Lega e Pd stanno vivendo i postumi del ciclone Draghi. Nel M5S si lavora per evitare la scissione in concomitanza con la convocazione in queste ore dell’assemblea degli iscritti. Dopo mesi di attesa domani comincia il percorso che dovrebbe portare a una nuova governance collegiale. Prima modificando lo Statuto e poi procedendo all’elezione dell’organo direttivo. La situazione è assai incerta. Al Senato opera la fronda anti-Draghi- il professore resta il simbolo di quella linea dell’austerity invisa ai duri e puri della prima ora – e sul tavolo c’è anche l’ambasce della scelta del leader.
Grillo, oltre a benedire il governo nascente, spinge per il rientro di Conte nell’esecutivo e per dargli il ruolo di presidente del Movimento, incarico che verrebbe creato appositamente per l’ex premier, prescelto per dare forma politica, partitica e istitutuzionale al grillismo che ormai degli albori non ha più nulla. Sempre che Di Maio acconsenta.
Pd e Lega alla prova della ‘fase nuova’. Nei dem si pensa al congresso
Aria da resa dei conti al Nazareno con la possibilità che si arrivi prima del previsto alla fase congressuale. E’ lo stesso Zingaretti a parlare della necessità di una “discussione politica” che serve al partito e ad anticipare ciò che è già nelle intenzioni dei suoi oppositori. Come il segretario ha gestito la crisi del Conte bis a molti non è piaciuto, il suo attendismo nemmeno. E adesso si apre pure la “fase nuova” di un’alleanza con la Lega. Un rischio per i dem. La giravolta di Salvini ha spiazzato tutti, soprattutto le forze di centrosinistra. Il Pd confidava in un allargamento a Forza Italia, non certo ai sovranisti. Salvini che sacrifica il salvinismo in nome di Draghi e del Recovery Fund scuote però anche la base di Via Bellerio. Perché se è vero che su consiglio di Giancarlo Giorgetti il leader del Carroccio sposa così le ragioni degli imprenditori del Nord, è altrettanto acclarato che lo zoccolo duro delle camicie verdi, populiste e antieuropeiste, non comprendono.
I paletti da evitare per Draghi
Il filo che può tenere insieme i partiti che hanno detto Sì a Draghi è sottile e potrebbe facilmente spezzarsi. Ma il Quirinale stavolta non accetterà teatrini indecorosi. L’incarico voluto per l’ex numero uno di Francoforte è per un governo al di sopra delle formule politiche e l’unico requisito richiesto è che sia di “alto profilo”, per traghettare il Paese fuori dalla pandemia e per aiutarlo a rialzarsi. Due obiettivi che Draghi ha posto in cima alle sue priorità: virus e crescita sono gli assi del programma del nuovo esecutivo. Quanto al nodo dei nomi sarebbe rischioso inserire nella squadra i leader dei partiti, più esposti alla difesa di posizioni di bandiera, o personalità che già hanno fatto parte dell’esecutivo Conte. Meglio innovare, sganciarsi il più possibile dai paletti della politica e rimanere fermi sugli scopi e sulle competenze giuste. Non sono esclusi tecnici di ‘area’ in un mix con politici che siano tra i più moderati e governisti che ciascun partito di maggioranza sarà in grado di esprimere.