Scenari futuri

Rifondazione 5S: se la salvezza del Movimento passa da Conte

La sfida dell’ex premier per il “campo progressista” legata anche alle sorti del leader Pd. Attesa per le mosse di Zinga sulla scelta della vice-segretaria

Rifondazione 5S: se la salvezza del Movimento passa da Conte

Archiviata l’ipotesi di una segreteria collegiale il new deal del Movimento Cinque Stelle e la sua sopravvivenza sono ufficialmente nelle mani di Giuseppe Conte. I destini dell’ex inquilino di Palazzo Chigi e dei 5S, con il placet del garante Beppe Grillo dall’alto della terrazza dell’Hotel Forum di Roma, sono ora intrecciati indissolubilmente. Sarà Conte a guidare il nuovo Movimento, a riscriverne il progetto politico, a cercare di riportare la pax interna in una forza alla sbando, dilaniata da scissioni e spaccature, indebolita dall’uscita volontaria o forzata di dissidenti e ribelli.

 

Grillo benedice Conte

C’erano tutti i maggiorenti al summit convocato dal fondatore. Di Maio, Bonafede, Fico, Fraccaro e i capigruppo di Camera e Senato. Generali con sempre meno truppe se è vera, come è vera, l’emorragia di voti che i sondaggisti e le ultime tornate elettorali attribuiscono al grillismo, ormai irriconoscibile da quel 2013 che ne decretò l’ascesa, poi confermata con la conquista della maggioranza relativa alle elezioni del 2018. Un Movimento che oggi cerca una svolta per restare in un “campo progressista” che poi sarebbe quello dell’asse con il Pd e Leu. Un’alleanza che il professore tornato ad insegnare Diritto privato all’Università di Firenze vuole coltivare e nutrire, rafforzando i rapporti con il centrosinistra. Grillo è d’accordo: “abbiamo le tecnologie, le idee e lo spirito di comunità che ci ha sempre contraddistinto. Ora è arrivato il momento di andare lontano”, ha scritto sul blog.

 

Gli ostacoli sulla strada dell’ex premier

Conte porta in dote al Movimento un consenso personale che potrebbe far salire le quotazioni elettorali di Grillo& Co di parecchi punti percentuali. Tuttavia, la strada del professore è in salita per almeno tre motivi. Il primo: quei due aggettivi, “moderato e liberale”, che secondo Di Maio fotografano il nuovo corso pentastellato, ha indignato tanti grillini della prima ora. Che non possono accettare di connotarsi nel solco dei partiti centristi o di Forza Italia rinnegando a 360 gradi ogni valore della fondazione. Una giravolta pericolosa, quella del ministro degli Esteri. Perché se è questo ciò che intende essere il M5S in futuro, la base - anche quella ancora rimasta fedele ai governisti che hanno votato l’esecutivo Draghi – non è pronta ad accettarlo. C’è un tempo per pensarle queste cose e un tempo per formalizzarle.

 

E all’avvocato tocca ora calibrare le spinte innovative senza rinnegare del tutto e troppo presto quella movimentista. Secondo: tra chi ha votato sì alla fiducia non tutti sono convinti sostenitori del governo Draghi. E’ probabile che con il passare dei mesi le nuove componenti di “Alternativa c’è” o di altri gruppi eserciteranno sempre maggiore forza attrattiva nei confronti dei dubbiosi. Finendo con l’ingrossare le proprie file e svuotando ulteriormente i gruppi parlamentari del partito di stampo contiano. Terzo: le sorti e l’ampiezza del progetto politico che spetta a Conte redigere dipenderanno anche dal destino del Pd, affidato alla sfida congressuale che si aprirà molto prima del previsto.

 

Il destino del Pd

Finora Conte ha sempre trovato sempre una sponda e sostegno nell’attuale segretario piddino, Nicola Zingaretti. Convinto fautore, come l’avvocato di Volturara Appula, dell’alleanza giallorossa, il leader dem in questo momento è indebolito da malcontenti e lotte intestine che lo hanno costretto ad accettare l’apertura anticipata della fase congressuale. Cosa accadrebbe se la corrente adesso più numerosa e meno favorevole all’ex premier, quella che fa capo al ministro Lorenzo Guerini, vincesse la battaglia al prossimo congresso? E’ ovvio che all’agognato ‘campo progressista’ - così come lo immaginano Conte e Zingaretti - verrebbe inferto un duro colpo.

Ne uscirebbe una mutata identità di partito con un orientamento meno spostato verso i Cinque stelle e più vicino ai renziani, artefici della caduta del Conte II. Un passaggio atteso per capire cosa si muoverà nelle prossime settimane a Largo del Nazareno è quello della Direzione convocata per oggi. Sarà dirimente la nomina del vice segretario che dovrà affiancare l’altro vice, Andrea Orlando. Se Zingaretti sceglierà una persona di sua fiducia negando la possibilità di un incarico a Base riformista, a quel punto è probabile che la sfida si apra inesorabilmente anche per la futura leadership.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA