
All’indomani del blocco all’export di dosi del vaccino AstraZeneca, richiesto dall’Italia, il virologo Fabrizio Pregliasco punta l’attenzione sulla necessità di disporre di maggiori dosi: “Con il virus dovremo convivere ancora a lungo” dice il ricercatore dell’Università degli Studi di Milano, che affronta anche altri temi delicati: il numero di dosi da somministrare, i tempi e la produzione italiana, così come la validità del siero russo Sputnik e la necessità di disporre di un passaporto vaccinale, sia per tornare a viaggiare che per andare allo stadio.
Ecco la nostra intervista.
Professor Pregliasco, cosa ne pensa della presa di posizione dell’Italia nei confronti dell’esportazione delle dosi di vaccino AstraZeneca all’Australia?
Fabrizio Pregliasco: «Di sicuro c’ è una grande aspettativa nei confronti dei vaccini, di cui fino a qualche mese fa non pensavamo di poter disporre. C’è il desiderio di procedere nella somministrazione perché sappiamo che è l’unico modo per convivere meglio con questo virus. Mi ha colpito positivamente il commento delle autorità australiane che hanno osservato come l’Italia, con oltre 300 morti al giorno, è in una situazione più critica. Il problema oggi è proprio questo: la difficoltà di avere vaccini e di averli per tutto il mondo. Noi ora ci guardiamo in cagnesco tra Stati, confrontiamo la velocità di vaccinazione anche tra singole province, ma dobbiamo considerare che questa battaglia dobbiamo vincerla tutti. Consideriamo che dovremo dare dosi di vaccino a tutti, anche ai Paesi in via di sviluppo: oltre a un discorso etico, infatti, non dobbiamo dimenticare che da quegli Stati possono arrivare nuove varianti. La speranza, quindi, è di avere dosi di vaccino sufficienti per tutti in un tempo relativamente breve, per poter arrivare a una riduzione consistente dei casi, anche se non sarà l’azzeramento completo. Serviranno poi i richiami per poter vincere una battaglia che richiederà ancora qualche anno».
A proposito di dosi, l’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) e il ministero della Salute hanno stabilito che è sufficiente una sola somministrazione per i guariti da Covid. Ma si parla anche di una sola dose per tutti, su modello inglese, per poter contare su maggiori quantitativi a disposizione da somministrare alla popolazione. E’ efficace anche una sola iniezione?
Fabrizio Pregliasco: «Credo che si debba valutare in base alla disponibilità dei vaccini nel prossimo mese. Se, come promesso dalle aziende e dall’Europa, ci saranno dosi sufficienti io penso sia meglio mantenere lo schema strutturato e valutato finora con le due dosi, anche se i dati provenienti da Regno Unito, Scozia e Israele ci dicono che anche una singola dose ha dato degli ottimi risultati. Io, piuttosto, propenderei per un allungamento dei tempi tra la prima e la seconda somministrazione. E’ quanto abbiamo già fatto in passato con altre vaccinazioni per l’infanzia, perché nei bambini nel primo anno di vista è un classico che non si riescano sempre a rispettare gli appuntamenti vaccinali. Di fatto, in genere l’allungamento dei tempi, se non eccessivo e quindi entro i tre mesi, potrebbe dare una risposta positiva nel breve periodo e un rinforzo poi con il richiamo».
Sempre per quanto riguarda le dosi a disposizione, c’è un forte pressing del Governo Draghi a livello europeo e si sta procedendo sulla strada della produzione italiana di vaccini. Ci vorranno però 4/6 mesi, come chiarito dal ministro per lo Sviluppo economico, Giorgetti. Non si rischia di fare tardi? Oppure ci sarà comunque bisogno di vaccini anche in futuro?
Fabrizio Pregliasco: «Avremo bisogno di vaccini per un lungo periodo, sia per dosi di richiamo, sia per eventuali dosi per le varianti. Anche se arriveremo a una campagna vaccinale importante al primo giro, il virus circolerà comunque e quindi dovremo mantenere uno schermo protettivo anche in seguito».
Intanto a metà marzo potrebbero arrivare nuovi accordi europei per il passaporto vaccinale. Sarà obbligatorio? O si potrà sempre contare su quarantene e tamponi? Quali sono i vantaggi di un certificato vaccinale europeo?
Fabrizio Pregliasco: «Ritengo che passaporto sarà utile o meglio potrà essere utile, perché sarà proponibile solo nel momento in cui tutta la popolazione potrà ricevere il vaccino, quindi non vaccinarsi sarà solo una scelta a mio avviso sciocca. Il passaporto sarà utile nel momento in cui garantirà alcuni accessi, per esempio anche per andare al campo sportivo e per fare il tifo a una partita di calcio allo stadio. Potrebbe essere quindi necessario vaccinarsi: è vero, è un modo un po’ stringente, ma in questo momento necessario per poter riaprire in sicurezza molte attività».
Infine una riflessione sul vaccino russo Sputnik, di cui è stato avviato l’iter per l’autorizzazione da parte dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco. Perché tanta resistenza: ci sono dubbi scientifici o di opportunità geopolitica?
Fabrizio Pregliasco: «Sul vaccino russo abbiamo poche informazioni. C’è un primo studio su 79 soggetti delle fasi iniziali della sperimentazione, poi è uscito un bell’articolo su una rivista scientifica (The Lancet, NdR), con dati rassicuranti su efficacia e sicurezza, ma questo è tutto. Non è sulla base di ciò che si può lanciare una campagna vaccinale su grandi numeri. Credo, quindi, che sia importante una verifica e un controllo da parte dell’Ema, che non fa studi supplementari, ma esamina un dossier documentale ben più ampio di quello riassunto, nei suoi elementi essenziali, negli articoli scientifici. Quindi, da un punto di vista scientifico è assolutamente necessario valutare rischi, benefici e costi di vaccinazione. Poi bisognerà anche vedere se davvero questo vaccino è disponibile su larga scala, perché mi risulta che anche nella stessa Russia non sia così ampiamente usato, mentre si vede che lo distribuisce ad altri Paesi limitrofi, come fosse una scelta di strategia geopolitica di interessi comuni».