8 marzo

Il ricordo di Mattarella delle 12 donne uccise dall’inizio dell’anno

Le celebrazioni al Quirinale alla presenza di Draghi e della presidente del Senato. Il capo dello Stato: “La legge non basta, attuare l’uguaglianza”

Il ricordo di Mattarella delle 12 donne uccise dall’inizio dell’anno

I loro nomi scanditi, quasi a volerli scolpire nella memoria di un Paese in cui il femminicidio è un fenomeno che non arretra.

 

Sharon, Victoria, Roberta, Teodora, Sonia, Piera, Luljeta, Lidia, Clara, Deborah, Rossella, Ilenia”: Mattarella ricorda una per una le dodici donne uccise dall’inizio dell’anno “per mano di chi aveva fatto loro credere, di amarle. Per mano di chi, semmai, avrebbe dovuto dedicarsi alla reciproca protezione”.

 

Nel corso delle celebrazioni al Quirinale per la Giornata internazionale della donna, alla presenza del premier Draghi e delle alte cariche dello Stato, il presidente della Repubblica nel suo discorso parte proprio dalla violenza di genere. Nel 2020 le donne “assassinate sono state settantatre”. Un fenomeno “impressionante, che scuote e interroga la coscienza” dell’Italia. Questa violenza affonda le sue radici “in una mentalità che, al dunque, è solo possesso, bramosia, dominio e, in fin dei conti, disprezzo. L’amore, quello autentico, si basa sul rispetto e la condivisione. Se si giunge a uccidere una donna è perché non si rispettano il suo desiderio di libertà e la sua autonomia. Perché ci si arroga il potere di non consentirne le scelte, i progetti, le aspirazioni”.

 

Ma è vero anche “che la legge, da sola, non basta. Che un principio va affermato, ma va anche difeso, promosso e concretamente attuato”.La nostra Costituzione è entrata in vigore settantaquattro anni fa e “ha sancito, in via definitiva, l'eguaglianza e la parità tra tutte le persone, senza distinzioni”, ricorda il presidente. Eppure il cammino è ancora lungo, ci sono ancora diritti da conquistare e da agire.

 

Dal Colle arriva anche un richiamo alla responsabilità della politica. Mattarella lo dice chiaramente: “Compromettere l'autonomia, l’autodeterminazione, la realizzazione di una donna esprime una fondamentale mancanza di rispetto verso il genere umano. E il rispetto è alla base della democrazia e della civiltà del diritto, interno e internazionale”. Per tale motivo quello nei confronti delle donne “è questione che attiene strettamente alla politica”. E “rispettare s’impara, o si dovrebbe apprendere, fin da piccoli. Sui banchi di scuola. In famiglia. Nei luoghi di lavoro e anche in quelli di svago”. Legato al rispetto c’è poi il peso che hanno le parole, il linguaggio. “Il rispetto verso le donne conosce molte declinazioni. Dobbiamo respingere le parole di supponenza, quando non di odio o di disprezzo verso le donne. Parole che generano e alimentano stereotipi e pregiudizi ottusi e selvaggi, determinando atteggiamenti e comportamenti inaccettabili”.

 

E poi c’è questo tempo di emergenza sanitaria. “La diffusione del Covid-19, come sempre accade nei periodi difficili, ha colpito maggiormente le componenti più deboli ed esposte. E le donne sono tra queste”, dice l’inquilino del Quirinale. “Secondo l’Istat abbiamo 440 mila lavoratrici in meno rispetto a dicembre 2020” e oggi “sono a rischio un milione 300 mila posti di lavoro di donne che lavorano in settori particolarmente colpiti dalla crisi”. Ma Mattarella vuole “accendere un faro” anche “sulle forme - meno brutali, ma non per questo meno insidiose - della cosiddetta violenza economica, che esclude le donne dalla gestione del patrimonio comune o che le obbliga ad abbandonare il lavoro in coincidenza di gravidanze”.

 

Il riferimento è “all’odioso ma diffuso fenomeno della firma delle dimissioni in bianco”: una “forma di sopraffazione e di violenza, anche se larvata”. Si tratta di “questioni gravi, che incidono profondamente sulla vita delle donne. Questioni che richiedono il coinvolgimento attivo di tutti: uomini e donne, uniti”. Perché la parità di genere non è una battaglia solo al femminile, è una sfida di civiltà di tutti.

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