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Ema ha detto sì: “AstraZeneca è un vaccino sicuro ed efficace”

Ecco tutto quello che c’è da sapere per vaccinarsi senza paura. Le trombosi non dipendono dal siero. AstraZeneca e la pillola anticoncezionale...

Ema ha detto sì: “AstraZeneca è un vaccino sicuro ed efficace”

L’Ema ha detto sì dopo l’indagine avviata per fare chiarezza sui casi di trombosi in persone immunizzate: “AstraZeneca è un vaccino sicuro ed efficace, escludiamo relazioni con i casi di trombosi”.  Il blocco temporaneo ha avuto l’effetto di far riemergere i dubbi sui vaccini e aumentare la paura in chi ha fatto la prima dose, ma è stato anche l’occasione per chiarire alcuni aspetti inerenti alle possibili reazioni post-vaccinazione. Ecco tutto quello che c’è da sapere ora per vaccinarsi senza paura.

 

Il vaccino di AstraZeneca/Oxford è più facile da confezionare e trasportare, e non è subordinato alla temperatura come il Pfeizer. Esso si basa sulla tipologia tradizionale del “vettore virale”. Il componente principale è un “adenovirus” che provoca il raffreddore nella famiglia degli ominidi (scimpanzé), geneticamente modificato in modo che non possa replicarsi nel corpo umano. Questa tecnologia è utilizzata da molti anni, già standardizzata; quella di mRNA sintetico di Pfizer e Moderna, invece, è una grande novità.

Il prodotto dell'Università di Oxford e AstraZeneca riproduce inoltre (come già accade con gli altri due vaccini), la sequenza genetica della proteina S (Spike) del nuovo coronavirus, quella specie di uncino che il virus utilizza per attaccare le cellule. Il virus, reso innocuo, contiene una sequenza di Dna utile a far produrre, dall'organismo del paziente, la proteina. Il sistema immunitario riceve così le informazioni utili ed impara a difendersi dalla Covid-19  quando lo incontrerà, creando anticorpi neutralizzanti e una risposta da parte cellule T del sistema immunitario.   

 

In altre parole, trattasi di una versione indebolita dell’adenovirus (nella quale è stato inserito il materiale genetico della proteina S) che viene utilizzata come vettore, ovvero come un mezzo di trasporto, per introdurre nelle cellule umane il materiale, quello che permette al coronavirus di provocare l’infezione. Una volta somministrato, l’adenovirus modificato penetra nel nucleo della cellula dove fornisce il codice genetico per produrre la proteina S. Le cellule T del sistema immunitario riconoscono lo stimolo della proteina S e attivano la risposta immunitaria e la produzione di anticorpi specifici contro il virus.

Quando una persona si contagia con il virus, gli anticorpi, già “addestrati” con la vaccinazione, saranno in grado di riconoscere il virus e combattere l’infezione. Quella del vettore virale è appunto una tecnologia già praticata, come nel primo vaccino approvato per Ebola nel 2019. I ricercatori di Oxford avevano condotto nel 2018 uno studio sulla sicurezza di questo cimentarsi con un vaccino sviluppato contro la Mers (sindrome influenzale medio-orientale). Perciò, quando è apparso Covid-19, questi studiosi avevano a disposizione una piattaforma di vaccini che si era dimostrata sicura da usare contro un coronavirus similare.  

Pertanto, con il vaccino si introduce nelle cellule dell’organismo solo l’informazione genetica necessaria per costruire copie della proteina S. L’adenovirus utilizzato,  non è in grado di replicarsi e dunque non può diffondersi nell’organismo dei vaccinati, è innocuo: “dopo la somministrazione l’informazione genetica viene destrutturata ed eliminata”. E’ preferibile un uso dei vaccini a mRna (Pfizer e Moderna) nei soggetti anziani ad alto rischio di sviluppare una malattia grave, e del vaccino AstraZeneca nei soggetti tra i 18 e i 55 anni di età, intervallo per il quale i dati degli studi a disposizione sono migliori. Però, alla luce di altri risultati, sia  sulla capacità del vaccino di indurre la risposta immunitaria sia su quelli della sicurezza, il rapporto rischio/beneficio del vaccino AstraZeneca risulta comunque favorevole anche nei soggetti di età più avanzata che non hanno fattori di rischio particolari.

 

La maggior parte degli ingredienti sono abbastanza comuni. A differenza dei vaccini Pfizer e Moderna, non richiede lipidi per la sua conservazione. Oltre agli eventi avversi attuali, e a quelli avvenuti durante le sperimentazioni precedenti alla messa in commercio,  dal 31 dicembre 2020 fino  a fine febbraio, abbiamo avuto 729 segnalazioni di eventi avversi ogni 100mila dosi somministrate, “indipendentemente dal tipo di vaccino”.  Si è trattato, prevalentemente, di eventi non gravi: febbre, cefalea, dolori muscolari/articolari, dolore in sede di iniezione, brividi e nausea. Le segnalazioni peggiori (nel caso per Astrazeneca) si riferiscono a febbre alta, tremore, vertigine, sudorazione eccessiva, sonnolenza, difficoltà di respirazione, dolore generalizzato.

Comunque, a settembre 2020 col vaccino AstraZeneca, uno dei partecipanti alla sperimentazione avrebbe manifestato una “mielite trasversa”, cioè una infiammazione acuta del midollo spinale, generalmente a livello del rachide dorsale (toracico). Secondo il protocollo, la sperimentazione fu subito interrotta, in modo da attivare i controlli previsti. La mielite è una risposta autoimmune dell'organismo umano, e il vaccino sperimentale di Oxford-AstraZeneca, deriva dalla modifica di un adenovirus di scimmia che in questo modo può trasportare alcuni geni del coronavirus e stimolare la risposta immunitaria contro il virus. Nel caso, è disponibile una terapia per la mieliete trasversa. Qual è l’origine di questa infiammazione spinale post-vaccino, pur se anche gli altri vaccini sintetici in uso, portano materiale genetico nelle nostre cellule per stimolare il sistema immunitario? Le cause possono essere diverse, e non tutte correlate alla somministrazione del vaccino anti Covid. 

 

È giusto dunque fare chiarezza su effetti collaterali imprevisti, ma certamente su tutti i tipi di vaccino in circolazione. Occorre anche cogliere l’opportunità di pesare il bilancio tra rischi e benefici nella popolazione. E’ necessario scoprire se i gravi, e pur sporadici, effetti collaterali che sono stati segnalati abbiano o non abbiano un nesso di causalità con la somministrazione del vaccino.  Ogni volta che si dà inizio ad una campagna vaccinale di massa, è prevedibile che possono verificarsi eventi contrari ed anche fatali. Essendo state inoculate milioni di dosi non è utile  scatenare un allarme generalizzato, bensì ricercare le cause  biochimiche. In Italia, come si sa, vi sono stati (e ci sono mentre scriviamo) alcuni decessi improvvisi post vaccino. In uno di essi è stato dimostrato un infarto intestinale mentre negli altri si attendono le conclusioni dell’autopsia. L’attenzione è richiamata dal fenomeno delle trombosi che possono verificarsi nei soggetti vaccinati, mentre come si e’ visto, avviene già in quelli contagiati dal virus e con sintomatologia polmonare. L'interruzione della sperimentazione dopo la segnalazione di un grave evento è una procedura prevista, e richiede un necessario approfondimento. Anche su "pochi" casi mortali è doveroso fare approfondimenti .  

 

Siamo a conoscenza di particolari lotti di vaccino con difetti qualitativi di produzione o di conservazione ma, data la dimensione europea degli eventi segnalati, si ipotizza che ci sia un problema relativo anche al meccanismo di azione del vaccino. I medici esperti di Ematologiaconcordano sul fatto che l’attivazione coagulativa è una delle cause delle complicazioni polmonari del Covid e questa attivazione può diventare pericolosa in una seconda fase della malattia, proprio quando il nostro organismo comincia a produrre anticorpi contro il coronavirus. Può esistere, quindi, anche la possibilità che la reazione dell’organismo al vaccino possa ripetere, in persone  predisposte, uno scenario del genere.

E' noto che una sorta di attivazione della coagulazione del sangue può essere correlata, pur transitoriamente, ad eventi anche poco significativi come può essere una reazione infiammatoria o un rialzo della temperatura corporea,  in seguito alla somministrazione di un vaccino. Tuttavia nei fatti mortali accaduti, l’attivazione coagulativa è stata verosimilmente importante e ha determinato sintomi clinici maggiori come, appunto, situazioni di trombosi più o meno allarmanti. Ad esempio:  trombosi venose (trombo-flebiti)  e trombosi più gravi (infarti e ictus).

 

In questi giorni, da più parti si scrive e si parla di trombosi, perché su milioni di vaccinati con AstraZeneca si sono verificati alcuni casi. Si è discusso anche dei rapporti tra consumo di farmaci (ad esempio pillola anticoncezionale), trombosi e vaccini. Ma la trombosi non è una patologia sconosciuta. Ancor prima di denunciare ad alta voce il danno da vaccino, come pure allarmare le donne che fanno uso della pillola,  e rifiutare di conseguenza la vaccinazione stessa, Astrazeneca o altra marca che sia, è utile sottolineare che il trombo-embolismo venoso è una delle patologie più comuni del sistema circolatorio (in varie età) ed è al terzo posto quale malattia del sistema cardiovascolare, preceduta dalla cardiopatia ischemica (infarto) e dall’ ictus. In Italia, per la trombosi, sono calcolati 60 mila casi all’anno, circa 166 al giorno, più frequente in soggetti con pregresse patologie, malattie croniche, errati stili di vita, etc.  Circa 35 persone su 100mila muoiono di trombo-embolia. Inoltre, in base agli ultimi dati, la mortalità è del 32% nei casi non diagnosticati, mentre diminuisce all’8 per cento in quelli che vengono subito riconosciuti e curati.

 

Nel Regno Unito, su più di 11 milioni di dosi somministrate di Astrazeneca, tra i vaccinati sono stati osservati 45 casi di trombosi. Anche con gli altri vaccini in uso si sono verificati effetti collaterali del genere. Sono stati somministrati anche circa 11 milioni di dosi del vaccino di Pfizer, e i casi di trombosi rilevati sono stati 48,3. Secondo una pubblicazione dell’FDA del 26 febbraio di quest’anno, nel trial catalogato del vaccino Johnson&Johnson sono stati accertati 15 eventi tromboembolici in 21.895 pazienti vaccinati e 10 (con un morto per infarto) nei 21.888 che hanno ricevuto il placebo (soluzione fisiologica): in questo gruppo si è verificato un evento tromboembolico dopo 2.188 pseudo-vaccinazioni. Numeri abbastanza “minimali”. Inoltre, con questo dato non ci dovrebbe essere un legame diretto nel senso di rischio di coagulo legato completamente al vaccino; difatti è più facile che la trombosi si verifichi in coloro che sono contagiati direttamente dal coronavirus, come si è visto in questi mesi.

I soggetti infettati dal Covid che hanno avuto problemi di coagulazione, risultano quasi il doppio rispetto alla popolazione generale. Possiamo affermare che è innanzitutto la patologia  causata dal contagio col Covid che crea questo problema, non direttamente il vaccino.

L’esperienza di quest’anno pandemico permette di capire che è sicura una relazione causa-effetto tra la patologia del Covid-19 e la concomitante infiammazione vascolare diffusa (vasculiti) con associati eventi di trombo-embolia, ma quella tra vaccini anti-Covid e questi fenomeni di trombosi appare, per ora, sporadica ed e’ oggetto di studio.

 

Abbiamo già fatto cenno in articoli precedenti che: quando il corpo viene attaccato dal coronavirus, si difende attivando la risposta immunitaria e rilascia nel sangue proteine chiamate “citochine” infiammatorie. Se la reazione è particolarmente violenta, può portare a “una tempesta” di coaguli di sangue e quindi anche alla trombosi. Tutti i farmaci, dalla  comunissima aspirina fino alla chemioterapia, possono provocare effetti collaterali, il vaccino non è esente da questo. Febbre e malessere sono piuttosto comuni, ma è molto importante distinguere effetti collaterali o reazioni avverse dagli accidenti casuali contestuali. Stessa cosa per i vaccini: succedono fatti avversi che non sono collegabili all’inoculazione e potevano accadere probabilmente comunque. Pensiamo al vaccino MPR (morbillo, parotite, rosolia) e alla falsa correlazione tra somministrazione e comparsa della sindrome autistica. Il medico autore della pubblicazione (alterata) fu radiato dall’albo dei medici nel 2010, tuttavia molti scettici e no-vax ancora oggi strumentalizzano questa brutta situazione per incentivare la contestazione ai vaccini.

 

E’ giusto chiedersi quale possa essere il rischio di trombosi in chi si vaccina e prende la pillola contraccettiva.  In un soggetto con un aumentato rischio trombotico di qualunque tipo (e la pillola anticoncezionale assegna questo rischio)  il Covid può fare più danni, perché crea delle complicanze  tromboemboliche nel 15 % dei casi con percentuali che vanno dal 3 al 40% a seconda dell’età e di altri fattori. Il rischio dato dalla vaccinazione è al momento valutato in 0,00003% ( e questo vale anche per il vaccino Pfizer).  

 

In Italia ci sono centinaia di pazienti definiti trombofilici (con maggior rischio di sviluppare trombosi):  cui finora non è stata comunicata nessuna controindicazione alle vaccinazioni, di qualunque tipo. Sui meccanismi che possano determinare in modo diretto l’aumento di eventi tromboembolici  può succedere, come detto, che il sistema immunitario reagisca alla vaccinazione attivando le citochine, che a loro volta possono influire sullo stato infiammatorio e la coagulazione, ma non ci sono evidenze scientifiche univoche in questa direzione. Pertanto le donne che prendono la pillola (noto come farmaco pro-trombotico) e hanno avuto trombosi, e/o le persone che hanno difetti di coagulazione vanno studiat.  

 

Bisogna essere prudenti nel diffondere dubbi e paure.  Non si può dire che la pillola aumenti il rischio di trombosi  in donne che non hanno problemi di salute, così come per quelle signore in menopausa che non hanno particolari controindicazioni e assumono la terapia ormonale sostitutiva. Non si può dire -in maniera assoluta- che il vaccino AstraZeneca sia associato a episodi di trombosi, né che esso causi facilmente ipercoagulabilità del sangue, in quanto, allo stato, non è confermato  dalle  evidenze scientifiche. Anzi, alcune pubblicazioni  riportano che le donne colpite dal coronavirus sarebbero state tutelate rispetto agli uomini proprio per  gli ormoni contenuti nella pillola. Inoltre, non tutti i medicinali contraccettivi sono uguali: in base a studi recenti pubblicati a cura di R. Nappi ed altri (UniPavia), il rischio di trombosi tra le donne che prendono i contraccettivi c'è ma è abbastanza ridotto, circa 5-12 donne ogni 10mila (numero sensibilmente superiore a quello delle vaccinazioni). Come spiegato dai ricercatori, ai contraccettivi a base di levonogestrel, norgestimato e noretisterone sono associati i più bassi pericoli (tra i 5 e i 7 eventi di tromboembolici su 10 mila donne), mentre le percentuali aumentano in caso di progestinici con etonogestrel e norgestromina (dai 6 ai 12 casi) con picchi più alti fra le pillole contenenti gestodene, desogestrel e drospirenone (dai 9 ai 12 eventi). Per i restanti contraccettivi, oggi in commercio (clormadinone, dienogest e nomegestrolo), i dati disponibili in letteratura non sono sufficienti per esprimere un eventuale rischio effettivo o possibile. Gli studiosi  sottolineano pure che l'incidenza della trombosi è di ben 40-50 casi ogni 10.000 donne in gravidanza, mentre nei 40 giorni dopo parto – il puerperio – tali probabilità possono elevarsi a 150-200 ogni 10.000 puerpere. Insomma, sul rischio trombotico  ci sono condizioni in cui la pillola contraccettiva può in alcuni casi innalzare le probabilità; i medici e i ricercatori dovranno dunque valutare  il rapporto tra costi e benefici della vaccinazione con AstraZeneca, nel caso in cui venisse confermato tale combinazione.

 

Ora è doveroso verificare statisticamente nuovi effetti collaterali, a parte quelli già registrati durante la sperimentazione, ma già sulla sospensione della vaccinazione, non tutti sono stati concordi. Infatti, come precedente storico, si sono verificati casi, anche se rari, di poliomielite derivata dal vaccino. Ebbene, successivamente fu fatta una legge apposita in tema di responsabilità del ministero della Salute per i danni conseguenti alla vaccinazione obbligatoria contro la poliomielite; il diritto all’indennizzo previsto dalla legge 25 febbraio 1992 n. 210. Ma, nel contempo, non fu sospesa la vaccinazione, considerando proprio il rapporto rischio/beneficio.

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