
Niente ristoranti dove poter “festeggiare”, ma se la pandemia ha costretto a tenere ancora chiusi i locali, la carbonara è uno di quei piatti della tradizione che può essere tranquillamente preparato anche nella cucina di casa. Pochi semplici ingredienti bastano, ma occorre saperli scegliere e miscelare ad arte, come ricordano i cultori di una ricetta che ha anche la sua giornata di celebrazione e il suo hashtag: è oggi, infatti, il #carbonaraday.
Nonostante il Covid, dunque, il 6 aprile rappresenta una giornata di “festa”, specie a Roma, dove la ricorrenza arriva all’indomani di Pasqua e Pasquetta.
Perché il #carbonaraday
La ricorrenza è un’idea di qualche anno fa di Ipo, International Pasta Organization, e Unione Italiana Food, un po’ sulla scia del Pizza Day. L’appuntamento è cresciuto nel tempo tanto che in cinque anni ha raggiunto una platea di potenziali appassionati di oltre 1 miliardo di persone, tra food influencer, media, cuochi e semplici amanti della buona tavola che desiderano condividere opinioni a proposito di questo piatto.
Una “festa social”
L’appuntamento è per oggi, 6 aprile, quando torna la giornata dedicata a uno dei piatti portanti della cucina romana, poi “esportato” in tutta Italia e non solo. Dal momento che non si può festeggiare al ristorante, sarà soprattutto una ricorrenza social, con la gara a postare foto, stories e ricette sul web, come avvenuto lo scorso anno quando oltre 500 milioni di persone hanno partecipato alle iniziative virtuali. Sono ben accette anche le varianti, nonostante la tradizione preveda una ricetta super classica.
La ricetta della “vera” carbonara
E’ il 1954 quando compare la prima ricetta della carbonara, in particolare sul numero di agosto della storica rivista La Cucina italiana. Negli Usa, invece, se ne trova traccia in Vittles and Vice, un libro-guida della giornalista Patricia Brontè ai ristoranti di Chicago, tra i quali Armando’s che ha nel proprio menù questo piatto. Nella prima versione italiana prevedeva un soffritto di cipolla al quale aggiungere la pancetta, da sfumare poi con vino bianco. Il tutto da aggiungere agli spaghetti spolverati con prezzemolo e formaggio (che però si suggeriva fosse groviera). Dagli anni ’60 è stato sostituito il guanciale alla pancetta, mentre Luigi Carnacina e Luigi Veronelli, curatori nel 1960 de La Grande Cucina, vero manuale per cuochi, prevedono anche “qualche cucchiaiata di panna liquida freschissima e molto cremosa". Come formaggio, invece, è indicato il pecorino romano insieme al parmigiano.
Tra le varianti più note, infine, ci sono quella “di mare” con uova di pesce come sogliola, spigola, muggine e maccarello, e quella “alleggerita” di Kotaro Noda con il solo tuorlo e guanciale, uniti a brodo vegetale.