
La signora entra nella sua consueta macelleria in Puglia. Chi sopraggiunge in coda deve aspettare un po': il macellaio infatti deve prepararle quattrocento euro di carne d'agnello. Il beccaio è lieto dell'acquisto pingue e fuori dell'ordinario dell'abituale cliente, che al suo stupore risponde civettuola: «Sa, ho quaranta invitati». Pochi giorni prima, la notte del 20 marzo, una ragazza in lacrime urlava i suoi presunti diritti agli agenti di Polizia che interrompevano un assembramento di giovani, spensieratamente smascherati: «Non è giusto. Abbiamo sempre celebrato la festa di Primavera». Si pone un dilemma pedagogico: da dove partire per far capire alla signora che è pericoloso assembrare quaranta familiari e amici attorno al tavolo pasquale? Da dove per dire alla fanciulla la semplice verità? Quest'anno non si può festeggiare.
La lentezza nella somministrazione dei vaccini costituisce certo una causa di permanenza della pandemia. Il bollettino quotidiano annuncia che le infezioni calano, ma il numero dei morti si aggira ancora intorno a quattrocento al dì. All'invidia per l'efficienza britannica o americana, all'opportuna riflessione critica su come l'Europa si è mossa per i contratti dei vaccini e la sorveglianza sulla tempestività delle forniture, si deve aggiungere un'altra osservazione: la sanità è competenza attribuita alle regioni, che in quest'emergenza hanno mostrato più del solito i loro consueti limiti burocratici e di efficienza.
Anche la Lombardia, blasonata per i centri di eccellenza per i tumori, cardiochirurgia e altre gravi patologie, è stata scoperta in affanno sul lato della sanità pubblica. I gioielli della sanità lombarda sono noti a livello internazionale: l'Istituto Europeo Tumori, il San Raffaele per la Cardiochirurgia, il Besta per la neurochirurgia e l'Humanitas - Gavazzeni a Bergamo e ancora altri. I centri eccellenti, tuttavia, sono in gran parte orientati sul Privato convenzionato; la somministrazione dei vaccini, come le visite domiciliari, competono alla medicina di base, al pubblico forse trascurato.
L'altro fattore di permanenza del virus è velatamente indicato nel teorema di Massimo D'Azeglio, ancora irrisolto: «Fatta l'Italia bisogna fare gli italiani», vale a dire dei cittadini responsabili. Le calche alla napoletana per la morte di Maradona si ripetono a molti funerali, così sono numerose le signore con tanti invitati a Pasqua e Pasquetta e gli aperitivi illegali sono abituali. S’è creata in particolare una psicologia religiosa collettiva. I morti per Covid 19 non entrano in chiesa, le salme vengono benedette al cimitero e seppellite, i deceduti per altre cause vengono portati in chiesa per le esequie. Ed è uno sforzo immane convincere i parenti che le condoglianze classiche con abbracci e lacrime sono saggiamente proibite. Si potrebbe auspicare uno studio statistico disaggregato sulle famiglie infettate per gli abbracci esequiali o per la visita di massa alla nonna agonizzante. La gente sembra pensare che in questi casi, così umanamente apprezzabili, il virus non colpisca, si astenga. Il Covid, purtroppo, non è educato, non rispetta i legami familiari, passa volentieri mentre abbracci i parenti del caro estinto o la giovane mamma che ha appena battezzato il suo primogenito.
Tutta Italia vede cittadini che girano senza mascherina, o col vezzo indignante di metterla al polso o, inutilmente, sotto il mento. Ce n'erano molti anche qualche settimana fa dinanzi a Montecitorio: uno abbigliato da fotocopia di Mr. Jake Angeli, l'energumeno vestito da sciamano con corna bovine in testa durante l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio. Facendo la tara dei provocatori presenti, la protesta va compresa. Le imprese e le famiglie in difficoltà sono tante. Si moltiplicano le dichiarazioni di fallimento mentre, senza far rumore, soggetti con grande disponibilità di denaro acquisiscono beni immobili svenduti. Parallelamente aumentano i senza lavoro. La duplice via per affievolire il disagio sociale è l'impegno per la vaccinazione e l'accorto utilizzo dei fondi europei in arrivo.
Il governo vuole giungere a mezzo milione di vaccinazioni al giorno: ce lo auguriamo. Allo stesso tempo i cittadini sono chiamati a una saggia prudenza. Sono ancora troppi i casi d'infezione che derivano da comportamenti irresponsabili. Certo non è togliendosi sprezzantemente la mascherina per indossare un paio di corna che si va avanti. All'Italia non servono simboli bovini, che richiamano con tremore un momento buio della democrazia americana, quanto piuttosto fare memoria della toga dei senatori e dei tribuni romani. Di essa sono chiamati a rivestirsi, nella semplice quotidianità, i cittadini italiani: responsabilmente. Sappiamo tutti che le decisioni sanitarie ed economiche non sono in capo ai cittadini ma i comportamenti anti virus sì. Allora facciamo la nostra parte mentre chiediamo con forza alle istituzioni e al governo di fare la propria.