
«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza», recita l'articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani che l'Onu promulgò nel 1948. È straordinario come certe parole emergano necessariamente e spontaneamente dal cuore quando si va a sognare sui piani alti della convivenza umana, quasi archetipi junghiani uguali per tutti, attraverso le variegate culture.
Francesco d'Assisi, nato mercante in un secolo di crescita mercantile e di vento in poppa alla competizione individualista, si offrì come fratello libero e povero al mondo intero e al cosmo. Dopo sette secoli e mezzo, mentre le braci della Guerra mondiale erano ancora tiepide, la dichiarazione dell'Onu riprese il tema della fratellanza per difendere la libertà di ognuno e l'uguaglianza nei diritti.
L'accostamento semantico dei tre principi della Rivoluzione francese risulta evidente. Nello stesso periodo la neonata Costituzione della Repubblica Italiana recitava all'articolo 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Oggi ancora Papa Francesco si rivolge non solo ai cattolici, ma all'umanità tutta con l'Enciclica Fratelli tutti, il cui titolo è già un programma. Ma i buoni sentimenti, purtroppo, non sono universalmente condivisi.
La Fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) ha pubblicato on line il suo rapporto periodico sulla libertà religiosa nel mondo, giunto così alla quindicesima edizione, sul periodo 2018–2020. Ne emerge un deciso peggioramento. Gli atti di violenza contro la libertà religiosa si moltiplicano, gli Stati in cui queste violazioni ricorrono aumentano. Nel precedente rapporto i Paesi con violazioni gravi erano 38, negli ultimi due anni sono giunti a 62, su 196 nazioni sovrane che compongono la comunità mondiale.
Tra i più evidenti trasgressori vi sono alcune delle nazioni più popolose del mondo (Cina, India, Pakistan, Bangladesh e Nigeria), il che comporta che quasi due terzi della popolazione mondiale, circa 5,2 miliardi di esseri umani, secondo il rapporto, sono vittime e potenziali vittime di questa violenza. In Africa, in particolare, si trovano sette dei nuovi paesi trasgressori: Burkina Faso, Camerun, Ciad, Comore, Repubblica Democratica del Congo, Mali e Mozambico. Altri due paesi al primo ingresso nella mesta lista sono in Asia: Malesia e Sri Lanka.
Secondo il direttore di Acs - Italia, Alessandro Monteduro, l'aggravamento è dovuto alla crescita del terrorismo jihadista. Questo, partendo dall'Africa, tende a creare «un califfato transcontinentale», usando sempre più il web e i comuni social sia per adescare adepti che per pianificare azioni. Il rapporto parla di «Cyber califfato». La persecuzione, purtroppo, non è solo virtuale. La violenza rapisce in primis donne, ragazze, bambine. Ancora una volta lo stupro, la riduzione in schiavitù, la conversione su punta di spada vengono usate per combattere la fede altrui. Se in molti stati, specie in Africa, queste condotte non vengono represse dall'autorità, in altre nazioni assistiamo all'invadenza diretta dello stato assoluto, controllore delle libertà individuali, sempre pronto a soffocarle. 626 milioni di telecamere che collegano le facce dei cittadini con potentissime piattaforme analitiche rendono la Cina il paese probabilmente più simile all'incubo orwelliano del Grande fratello. I leader religiosi sono controllati affinché aderiscano con le loro comunità alle strette disposizioni del partito comunista cinese.
L'Occidente, continua il rapporto, ha accantonato gli strumenti che possono ridurre la radicalizzazione, in primo luogo l'insegnamento delle religioni nelle scuole del mondo, che avvicina i giovani e li educa al dialogo e al rispetto delle diversità. Che è quanto è successo tra Papa Francesco e il Grande Imam Ahmad Al – Tayyeb, quando ad Abu Dhabi nel 2019 hanno firmato insieme la dichiarazione sulla «Fratellanza umana» per la pace mondiale e la convivenza umana; cosa che si è ripetuta nel recente incontro in Iraq con il Grande Ayatollah degli sciiti Sayyid Ali Al-Sistani.
L'Europa e gli Stati Uniti, le nazioni d'Occidente, non lascino soli i capi religiosi in questa battaglia di pace. Paradossalmente, la libertà religiosa non è un affare religioso. La libertà di credere, cosa credere o non credere integra potentemente, agli inizi di questo terzo millennio, l'idea nuda di libertà che ha costruito nei millenni l'Europa. Questa, insieme al pane romano classico del Ius come «unicuique suum – a ciascuno il suo», rappresenta la luce spirituale nei più nobili documenti laici delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea, nelle Costituzioni delle grandi democrazie. Difendere la libertà religiosa significa per l'Occidente conservare incorrotta la propria libertaria identità, e costruire la pace nel mondo.