Goodbye English – S’il vous plait!

Eurofrancese: il piano di Parigi per renderlo lingua prevalente in Ue

La Francia farà leva sulla Presidenza di turno slovena all’Unione europea per un ritorno alla langue diplomatique per surclassare gradualmente l’inglese.

Eurofrancese: il piano di Parigi per renderlo lingua prevalente in Ue

La Francia sta meditando le mosse di diplomazia culturale da mettere in atto a Bruxelles affinché l’Unione europea vada nella direzione desiderata da Parigi: un progressivo ritorno al francese nelle trattative, riunioni, report e documenti per elevarlo a lingua prevalente nelle sale e negli uffici di quella che però si continuerà volgarmente a chiamare la eurobubble.

 

Le principali lingue di lavoro delle istituzioni sono attualmente 3: l’inglese, il francese ed il tedesco. Anche nella capitale belga, è l’inglese la lingua dominante tra gli expat provenienti da ogni parte d’Europa.

 

Target “Lingua”: tutto in francese nel 2022

È nel primo semestre del 2022 che spetta alla Francia il turno di Presidenza del Consiglio dell’Ue, l’organo comunitario composto dai delegati dei 27 Stati membri. Sicuramente abbozzate in vista del mandato, ma non ancora diffuse, le priorità politiche di Parigi suggeriscono (seppure informalmente, stando a fonti del giornale Politico) che si incoraggerà l’uso della lingua francese all’interno delle istituzion. Lo chiamano eurofrancese e potrebbe velare una scelta reazionaria sostenuta dal Premier Macron.

 

Quale lingua franca nel Dopo-Brexit?

Fino a quasi agli anni ‘80, il francese è stato la lingua franca della maggior parte delle cancellerie europee, spesso anche a livello mondiale (si pensi alla francofonia in uso nei Paesi africani). Ma il graduale aumento dell’influenza politica e peso commerciale (e tecnologico oggi) delle relazioni con gli Stati Uniti ha sostituto il francese con l’inglese, la lingua della mediazione globale.

 

È con l’occasione della Brexit che la Francia ha colto la palla al balzo per iniziare a fare soft pressing presso il quartier europeen verso un utilizzo più frequente di lingue nazionali diverse da quella dei britannici. Già da poco prima dell’uscita ufficiale del Governo di Londra dall’Unione, la rituale conferenza stampa di mezzogiorno dei Portavoce della Commissione europea (si parla di midday briefing o “midì”) si svolge in due lingue, alternando anche nelle Q&A con i media l’inglese al francese: un bel mix di tecnicismi, gergo dell’Ue, acronimi, pronunce adattate alla lingua madre del parlante, un pot-pourri di comunicati per i giornalisti a cui si propongono contenuti in due lingue in un singolo invio.

 

I complimenti, poi, andrebbero fatti anche ai reporter, spesso abili quanto gli interpreti nel destreggiarsi tra un dossier e l’altro in due o tre codici linguistici diversi. E così, ad esempio, che anche il Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, trasmette o pubblica estratti dai suoi speech alla press, molto spesso in tre lingue per facilitare il lavoro.

 

A questi strumenti tradizionali, si aggiungono i canali online, quelli dei Social Media o dei gruppi chat, su cui le lingue viaggiano a ritmo digital e può succedere di ‘perdere pezzi’.

 

 

Talk di Bruxelles: bilinguismo quasi perfetto

Insomma, il bilinguismo anglo-francese è ormai quasi perfetto e, comunque, funzionale. Questa è solo una parte della long story sulla realtà linguistica della capitale d’Europa, fatta anche di un’importante ‘industria’ di traduttori e interpreti e di tanti casi di italiano – volutamente o inconsciamente maccheronico – ricco di interferenze e storpiature dal francese, anglicismi e combinazione di sintassi diverse.

 

I funzionari francofoni ne fanno una questione di ampiamento e inclusività e diversificazione (o esclusività, dipende dal punto di vista) del dibattito ai tavoli di Bruxelles. Si è infine constatato che ci sono parlanti (molti di questi potrebbero essere i “mediterranei”, per esempio gli stessi francesi, o delle regioni dell’Europa orientale) con un’inglese poco superiore a quello scolastico (è il caso di molti rappresentanti politici) che non dà spazio a conversazioni di grande qualità o levatura.

 

E, infine, la lingua apre a curiosi aspetti di identità o “orgoglio multilingue”, come lo ha definito un funzionario francese intervistato da Politico.

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