La scelta dei candidati

Le primarie di Roma e Bologna e quei nodi irrisolti nel centrosinistra

Risultato scontato per i vincitori, buoni i dati sull’affluenza. Ma i nomi contano più dei progetti: Pd e Sinistra faticano a disegnare la propria identità

Le primarie di Roma e Bologna e quei nodi irrisolti nel centrosinistra

Le primarie del centrosinistra di Roma e Bologna consegnano sui vincitori un risultato più che scontato. Roberto Gualtieri porta a casa il 60,4 per cento dei voti espressi nella capitale, Matteo Lepore nel capoluogo emiliano conquista la corsa a Palazzo d’Accursio con il 59,6 per cento. Il dato politico di rilievo è tuttavia un altro, e riguarda i dati sull’affluenza che fanno tirare un sospiro di sollievo nei corridoi del Nazareno. A Roma hanno votato 48.624 cittadini, sfiorando quell’atteso tetto dei 50 mila su cui confidava il Partito democratico come soglia minima ‘accettabile’, a Bologna oltre 26 mila. Non stiamo parlando di numeri enormi, ma almeno si è evitato il flop di Torino che brucia ancora. Il caldo, l’afa, gli europei non hanno frenato la mobilitazione. Il segretario Enrico Letta esulta e parla di “successo di popolo”.

 

Andiamo con ordine. Sotto le due Torri il duello tra l’assessore uscente Matteo Lepore e Isabella Conti, quest’ultima in lizza per volontà di Matteo Renzi, ha confermato il dato della tornata di dieci anni fa. Quando alle primarie del centrosinistra parteciparono circa 28 mila cittadini incoronando Virginio Merola del Pd. Ora in città l’imperativo è dialogare con i renziani e con quella parte dei dem che avrebbe preferito la sindaca di San Lazzaro a Lepore. Il candidato vincente ci prova subito a lanciare ponti. Conti è “bravissima sindaca”, dichiara, e con lei “parleremo del futuro di Bologna. Sicuramente sarà una protagonista, anche perché dobbiamo costruire la ‘città metropolitana del futuro”. E ancora: “Ha fatto una bellissima corsa, si è buttata anima e cuore in questa città”. Adesso “dovremo lavorare per ricucire e vincere la battaglia vera contro il centrodestra”.

 

Più frastagliato il quadro romano. Perché è all’ombra del Colosseo, più che a Bologna, che le diverse anime e identità culturali del centrosinistra si sono date battaglia. Al secondo posto, dopo Gualtieri e le sue 28.561 preferenze, si è posizionato Giovanni Caudo, anche lui Pd, presidente del municipio III ed ex assessore all’Urbanistica della giunta Marino, con poco più di 7 mila. A seguire con 3.300 voti Paolo Ciani, consigliere regionale di Demos, il movimento cattolico nato dalla Comunità di Sant’Egidio, e poi Imma Battaglia con 2.987 e Stefano Fassina, ex vice ministro esponente di Sinistra, Ecologia e Libertà e fondatore di Patria e costituzione.

Chiudono la lista Tobia Zevi con 1.663 voti e Cristina Grancio con 497. Tutti espressione di movimenti e culture politiche con radici simili, ma non uguali, che le primarie finiscono per evidenziare, non essendo in grado di dare una risposta di unità. Per quella serve un confronto che a Roma - più che altrove – dovrebbe trasformarsi in un laboratorio permanente che lavori sull’identità del Pd e dell’intero centrosinistra. Nodo tuttora irrisolto che le primarie – appunto - finiscono solo per rimarcare.

 

E se pure i cittadini romani e bolognesi hanno scelto i candidati che vorrebbero al timone delle proprie comunità, si ha l’impressione che ancora una volta il voto alla persona sia stato preminente. Rispetto a una visione, a idee e progetti che servono per chiarire a sé e all’esterno chi si è e dove si vuole andare. Una sfida non rinviabile e utilissima anche in vista di patti o alleanze con altre forze politiche. Dalle quali è sempre bene distinguersi per poi trovare, partendo dalle differenze e dai propri tratti identitari, i punti di intesa

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