La proposta di riforma del processo penale è “perfettibile” ma “va guardata nella sua interezza. Forse ci siamo appuntati un po’ troppo su un singolo aspetto, che è correggibile. Si tratta di una proposta complessiva per aggredire il problema della durata dei processi”.
La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, parla dal Congresso Nazionale Forense di Roma e conferma la linea già espressa ieri sera in conferenza stampa da Mario Draghi: nessuna chiusura, sì a miglioramenti. “La riforma è stata fatta oggetto di richiesta da parte del presidente del Consiglio del voto di fiducia”, puntualizza la Guardasigilli, “ma non esclude che si possano apportare aggiustamenti tecnici su alcuni dei punti che hanno destato maggiore preoccupazione. Nonostante le proposte siano già state approvate (in Cdm, ndr), non smetto di ascoltare”.
Dunque, c’è apertura a correzioni purché, come precisato dal premier, non “stravolgano l’impianto della riforma” e siano “condivisi”. Ma ponendo la questione di fiducia sul provvedimento, che arriverà a Montecitorio il prossimo 30 luglio, qualunque accordo va trovato prima di quella data. La fiducia, infatti, blinda il maxi emendamento e le norme devono essere votate esattamente come presentate, ogni proposta di modifica decade. Una scelta, quella di Draghi, finalizzata a compattare la maggioranza ma anche ad evitare brutte sorprese in Aula. Coesione e speditezza sono le parole d’ordine dell’ex banchiere centrale.
La riforma della Giustizia è un passaggio troppo importante: non solo perché ce la chiede l’Unione Europea ma anche perché si tratta, insieme ad altre, di una ‘conditio sine qua non’ perché il Piano di ripresa italiano abbia reali chances di riuscita. Bisogna mediare. Le barricate dei Cinque Stelle sulla prescrizione e i malumori di una parte della magistratura sul nuovo meccanismo della improcedibilità – sono intervenuti sull’argomento nomi di calibro come Federico Cafiero de Raho, Nicola Gratteri, Nino Di Matteo – hanno suggerito la disponibilità a riconsiderare alcuni aspetti.
Tuttavia, da oggi in poi, andranno verificati i possibili punti di caduta, i limiti oltre i quali la negoziazione non può spingersi. Il nodo è ancora la prescrizione: le nuove norme prevedono che si blocchi dopo la sentenza di primo grado, sia per gli assolti che per i condannati. Mentre a partire da secondo grado vengono introdotti paletti di ordine temporale dopo i quali il procedimento giudiziario si ferma: due anni per l’appello e uno per la Cassazione.
Cartabia ha ribadito più volte: “Lo scopo è abbreviare i processi anche per evitare le zone di impunità”. E oggi aggiunge: “Nessuno vuole comprimere, né elidere i diritti dei cittadini: ciò che viene proposto non è di cancellare i diritti delle parti, né tanto meno della difesa, ma di esercitarli in modo diverso”. Sull’argomento interviene però lapidaria la ministra pentastellata delle Politiche giovanili, Fabiana Dadone. La quale non esclude le dimissioni dei ministri 5S se le modifiche non dovessero essere soddisfacenti: “E’ un’ipotesi che dovremo valutare insieme a Giuseppe Conte”.
Intanto il parere contrario sul disegno di legge, che ieri “limitatamente all'istituto dell’improcedibilità dell’azione penale” è stato fornito dalla Sesta commissione del Csm “non è stato inserito nell’ordine del giorno del prossimo plenum”. L’obiettivo è “consentire al Consiglio di esprimersi sull'intera riforma del processo penale”. Il vice presidente di Palazzo dei Marescialli, David Ermini, dichiara che in questo modo sono state recepite le indicazioni del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.