La coalizione divisa

Riforma giustizia, si cerca un punto di caduta. Ma è ancora lite

La strada di Draghi e Cartabia disseminata di ostacoli. Anche Leu sul piede di guerra. Intanto Speranza sul ‘caso Travaglio’ tarda a difendere il premier

Riforma giustizia, si cerca un punto di caduta. Ma è ancora lite

È stato un lungo colloquio quello della ministra della Giustizia Marta Cartabia con il premier Mario Draghi sulla riforma del processo penale. Il governo è al lavoro da giorni per un accordo nella maggioranza che, pur con delle limature, non cambi la sostanza del ddl che porta la firma della Guardasigilli. Ma la quadratura del cerchio non è ancora arrivata.

 

Questa volta l’ostacolo non è rappresentato solo dai Cinque Stelle. Malumori si registrano nel centrodestra. Forza Italia, sostenuta da Lega e FdI, ha alzato le barricate contro l’inammissibilità decisa dal presidente del M5S della commissione Giustizia della Camera, Mario Perantoni, circa la proposta di allargare la riforma all’abuso di ufficio. La questione ha sollevato proteste da parte del Pd: “La richiesta di FI, sostenuta ambiguamente dalla Lega, rischia di far naufragare tutto”. 

 

Intanto anche Leu è sul piede di guerra. Il senatore di Liberi e Uguali, Piero Grasso, ex presidente di Palazzo Madama ed ex procuratore nazionale antimafia, si è schierato con molti dei suoi colleghi e attuali pm nazionali. In un’intervista ha dichiarato: “se non cambiasse nulla farei fatica a partecipare al voto di fiducia”. Il nodo è sempre quello della prescrizione: “Se non si apporta alla riforma qualche ulteriore modifica i cittadini non potranno che prendere atto della scelta politica di far andare in prescrizione, sostanziale o processuale che sia, i numerosissimi procedimenti accumulatisi. Migliaia di processi andranno in fumo”. Grasso ha chiesto correzioni “sull’attuale previsione di improcedibilità con riferimento ai processi per mafia, terrorismo e corruzione”.

 

Ad acuire le divisioni e le polemiche anche il ‘caso Travaglio’. La mancata presa di distanza dalle parole offensive contro Draghi pronunciate dal direttore de Il Fatto quotidiano alla festa bolognese di Articolo Uno - la componente bersaniana di Leu -  ha scatenato le reazioni di parte della maggioranza. In primis di Italia Viva. Per Matteo Renzi: “D’Alema, Speranza e Bersani dovevano dire subito che sono una vergogna le parole di Travaglio, non vanno minimizzate quelle gravi frasi”. Solo in giornata il ministro Roberto Speranza, che è anche capo delegazione di Leu nell’esecutivo, è intervenuto sull’argomento definendo quella del giornalista “una frase infelice che non rappresenta Articolo Uno”. Per molti una risposta tardiva. Che in ogni modo non ha placato lo sconcerto per l’applauso che la platea ha riservato al direttore quando ha definito Draghi “figlio di papà che non capisce un c...o di sanità, sociale e vaccini”. 

 

Dunque, il passaggio che vive la maggioranza è senza dubbio delicato. Un passo in avanti però in tema di giustizia è stato registrato in sede parlamentare. Scende il numero complessivo dei sub-emendamenti da sottoporre al voto.  Rispetto ai 1631 presentati, saranno 400 quelli ammessi e ogni gruppo dovrà segnalare, in base a una quota assegnata, quali sono i propri. Ottimista è il presidente della Camera, Roberto Fico. “Spero che in commissione Giustizia si possa trovare un accordo. Quando si dialoga e si coopera poi un punto di caduta importante si può trovare”.

 

Poco prima però il collega di partito e ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si era schierato apertamente con il leader dei Cinque Stelle che ha contestato punti sostanziali del ddl penale. “Sostengo il lavoro di Conte”, ha detto il ministro. “Sono certo che troverà una soluzione all’altezza delle nostre aspirazioni. Bisogna intervenire per evitare il rischio che i responsabili di reati gravi come quelli di mafia rimangano impuniti. Allo stesso tempo serve unità interna”. 

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