
Ora che anche gli Stati Uniti sono partiti, i talebani mettono a punto gli ultimi dettagli prima di annunciare la nascita del nuovo esecutivo che guiderà il Paese. L’Afghanistan potrebbe diventare come l’Iran della fine degli anni ’70: un emirato islamico, fondamentalista e sunnita, con alla guida uno sceicco e nessun donna in squadra.
Il nuovo Afghanistan: come sarà
L’idea è quella di ispirarsi al modello iraniano, con una forte impostazione religiosa, che non potrà che essere sunnita e fondamentalista. Ma anche rappresentanti politici “civili”, il tutto sotto la guida di un’autorità suprema, che dovrebbe essere incarnata dallo sceicco. Per questa posizione il nome che ricorre più di frequente è quello di Haibatullah Akhundzada, che è leader dei talebani fin dal 2016.
"Non ha mai fatto un'apparizione pubblica” spiega la Cnn, che cita proprie fonti a conferma delle indicazioni sul nome di Akhundzada, “la cui ubicazione è rimasta in gran parte sconosciuta, sarà molto probabilmente il leader supremo, che presiederà un Consiglio supremo".
Come organo consultivo dovrebbe esserci un consiglio costituito dal alcuni Mullah, con i quali lo sceicco si confronterà per le linee guida sui temi più importanti.
Quanto alla sede del nuovo esecutivo, si parla con sempre più insistenza di Kandahar, perché lì è nata e rimane lo zoccolo duro dei pashtun, l’etnia maggioritaria in Afghanistan, che si trova concentrata prevalentemente nel sud del Paese, al confine con il Pakistan. D’altro canto è sempre a Kandahar che nel 1994 i talebani si organizzarono in milizie sotto la guida del Mullah Omar.
Ciononostante, la capitale ufficiale e il centro politico rimarrà Kabul, dove il punto di riferimento sarà rappresentato comunque da un altro Mullah, ossia Abdul Ghani Baradar, non a caso braccio destro di Omar fino alla morte di quest’ultimo, collocata nel 2013 ma di cui non si hanno prove.
Un emirato islamico: i possibili Ministri
Il nuovo esecutivo, la cui formazione dovrebbe essere annunciata ufficialmente tra domani, venerdì 3 settembre, e sabato sarà sicuramente con una forte matrice religiosa: "Senza alcun dubbio, sarà un governo islamico. Qualunque sia la combinazione, che sia islamico è garantito" ha assicurato il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, in un'intervista alla Cgtn, canale in lingua inglese del network statale cinese Cctv.
Ci sono già alcuni nomi di coloro che dovrebbero ricoprire i posti chiave nei Ministeri. Alla Difesa o Esteri potrebbe andare il Mullah Mawlawi Mohammad Yaqoob, figlio proprio del Mullah Omar. Un esponente di primo piano del nuovo corso afghano potrebbe essere Sirajuddin Haqqani, che vanta rapporti e conoscenze con i servizi segreti pachistani, ma che appartiene anche un clan di cui sarebbero noti i contatti stretti con Al Qaeda prima e l’Isis-k adesso. Occorrerà attendere anche qualche ora, invece, per sapere ci sarà un Presidente o un Premier, o se il rappresentante politico “civile” avrà una qualifica differente.
Rispetto agli annunci di 15 giorni fa, invece, sembra esserci stata una retromarcia sulla possibilità di un esecutivo di tipo “inclusivo”, ossia che potesse includere anche ex leader riconosciuti a livello internazionale, come l’ex presidente, Hamid Karzai, o il numero due del governo dimissionario, Abdullah Abdullah. Le ultime indicazioni sono di una loro esclusione dal nuovo Governo.
Nuovo governo afghano, niente donne
Non dovrebbero esserci neppure donne nella compagine del nuovo esecutivo, come lasciato intendere dalle ultime parole dei portavoce talebani: “Non ci saranno ministre donne. Tutti coloro che hanno lavorato con gli americani non saranno accettati nel nostro governo” è stato spiegato. Il cambio di passo rispetto alla conferenza stampa del 16 agosto, dunque, sembrerebbe netto.
D’altra parte poche donne sono tornare al lavoro, dopo i giorni convulsi dell’evacuazione e degli attentati. Su 700 giornaliste attive nella capitale Kabul fino a fine luglio, ora se ne stimano solo un centinaio e per tutte sembra tornata l’ora del velo più o meno integrale.
Che ne sarà della resistenza?
Ma se gli Stati Uniti e i Paesi occidentali hanno lasciato l’Afghanistan cercando di contenere gli effetti collaterali, fin dalle scorse ore nelle strade si è assistito agli assalti, soprattutto nelle caserme, per accaparrarsi quanto rimasto in termini di armi, ma anche scorte alimentari.
La crisi economica (e sociale) “morde” e rischia di alimentare nuova tensione, che si aggiunge ai tentativi di organizzare una resistenza contro i talebani, soprattutto nella valle del Panshir, dove sono concentrati i miliziani “ribelli”.
I talebani hanno intimato loro la resa, che però non è arrivata. I social network, come riferisce il Corriere della Sera, parlano di “decine e decine di vittime”. Difficile poter verificare quanto sta accadendo perché le comunicazioni sono spesso interrotte. Le notizie che arrivano parlano di evacuazioni di massa.
Qatar al lavoro per corridoi umanitari
Intanto, è il Qatar il Paese diventato punto-chiave da cui costruire nuovi rapporti tra l’Occidente e il nuovo Afghanistan. In particolare, i talebani hanno avuto i primi colloqui con i rappresentanti del Regno Unito, che hanno l’obiettivo di concordare corridoi umanitari per trasferire cittadini britannici e afghani rimasti nel Paese. "Il rappresentante speciale del primo ministro per la transizione afghana, Simon Grass, è a Doha e sta incontrando alti rappresentanti talebani per sottolineare l'importanza di un passaggio sicuro dall'Afghanistan ai cittadini britannici e a quegli afghani che hanno lavorato con noi negli ultimi 20 anni" ha fatto sapere lo staff del premier, Boris Johnson.
La conferma è giunta dal ministro degli Esteri del Qatar, Sheikh Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, che ha dichiarato: "Insistiamo con i Talebani perché decretino la libertà di movimento e un salvacondotto per chi vuole entrare e uscire" dal Paese. Non a caso a Kabul è già atterrato un aereo con una squadra di tecnici per discutere "della ripresa delle operazioni nell'aeroporto" della capitale afghana, come riferiscono alcune fonti.