Le norme

Obbligo vaccinale, cosa serve perché diventi realtà: dai test all’Ema

Pfizer verso la richiesta di autorizzazione alla terza dose anche in Europa, dopo la domanda negli Usa, ma per la commercializzazione serve finire la fase 3

Obbligo vaccinale, cosa serve perché diventi realtà: dai test all’Ema

Negli Stati Uniti si accelera. Dopo l’autorizzazione “definitiva” e non più in uso emergenziale dei vaccini anti-Covid a rna, ora si attende il via libera alla terza dose da parte della FDA, la Food and Drug Administration, l’agenzia regolatoria americana del farmaco. Secondo Anthony Fauci, consulente della Casa Bianca sulla pandemia, la luce verde potrebbe arrivare a breve, almeno per Pfizer, permettendo al Presidente Joe Biden di attuare il piano che prevede il via alla terza somministrazione nei soggetti fragili dal 20 settembre.

Per l’altra azienda produttrice statunitense, Moderna, potrebbe occorrere invece più tempo perché non è ancora stato completato l’iter che porta alla presentazione dei dati di sperimentazione.

Proprio il termine della sperimentazione, però, potrebbe influire anche sull’obbligo di vaccinazione di cui si parla in Italia. Ecco perché.

 

Quando finisce la sperimentazione

Al momento solo negli Stati Uniti è arrivata l’autorizzazione “definitiva” al vaccino anti-Covid, per ora solo per Pfizer, il 23 agosto. A dare luce verde è stata la FDA, mentre il via libera non è ancora arrivato da parte dell’equivalente europeo, ossia l’Ema, l’agenzia del farmaco UE.

Anche Aifa, l’agenzia italiana, attende a sua volta questo passaggio, senza il quale non sarebbe possibile commercializzare il siero come un normale farmaco.

Ma, come riporta Il Giornale, potrebbero occorrere ancora un paio di anni. Citando un fonte di alto livello, infatti, il quotidiano riferisce che l’Ema “darà il via libera all'autorizzazione al commercio completo dei vaccini Pfizer e Moderna, come se fossero dei normali farmaci, tra un paio d'anni, ossia nel 2023.

Questo perché occorrerebbero ancora 28 mesi per completare la sperimentazione di fase 3, quella di cosiddetto “follow up”, cioè il periodo durante il quale si seguono i pazienti ai quali è stato somministrato il farmaco, soprattutto per quanto riguarda possibili effetti collaterali di periodo più lungo.

 

La fase 3 dei test

“L'ostacolo da superare nasce dai tempi che le aziende produttrici hanno concordato per concludere la sperimentazione clinica del vaccino. Pfizer, che produce il vaccino più gettonato al mondo e il preferito dagli italiani, si è impegnata a concludere lo studio di fase 3 tra ben 28 mesi circa. E l'azienda conferma” spiega Il Giornale, che aggiunge: “Siccome lo studio di fase tre prevede il follow up dei partecipati per due anni, per la sua chiusura si parla del 2023”.

A differenza dell’iter per la terza dose, invece, Moderna potrebbe terminare la fase 3 con un anno di anticipo rispetto all’altro colosso farmaceutico ed esattamente a dicembre 2022.

Resta il fatto, però, che il vaccino Moderna è meno diffuso in Europa e sicuramente in Italia. In ogni caso, occorrerà attendere che quella che viene definita “l'autorizzazione condizionata” diventi “autorizzazione piena”.

 

Piano B: autorizzazione con dati parziali

Di fronte alle pressioni di diversi Governi verso un’estensione del Green Pass e di conseguenza anche della possibilità di rendere obbligatoria la vaccinazione stessa a un numero sempre maggiore di categorie, esiste però un’altra ipotesi.

Secondo alcune indiscrezioni, Ema potrebbe optare per accelerare i tempi, concedendo l’autorizzazione “definitiva” solo sulla base dei dati parziali forniti finora dalle aziende produttrici di vaccini.

Come precisano fonti dell’ente con sede ad Amsterdam, citate dal quotidiano, “tutti i problemi di produzione saranno essere risolti”, forse utilizzando la documentazione raccolta finora e integrata nell’arco di qualche mese.

Resta il fatto che i criteri per il via libera negli Usa e in Europa sono differenti, come dimostrano le ulteriori valutazioni che sono in corso anche su Johson&Johnson, su possibili effetti avversi come le trombosi e la MIS, la sindrome infiammatoria multisistemica, quest’ultima anche per Pfizer-BioNTech.

 

Allerta Ema su MIS e trombosi da Pfizer e J&J

Il PRAC, il Comitato per la sicurezza dell’Ema, ha esortato gli operatori sanitari a segnalare eventuali casi di reazioni avverse ai vaccini, in seguito ad alcuni casi inoltrato all’attenzione del comitato stesso. In particolare si sta valutando il rischio di MIS, la sindrome infiammatoria multisistemica con vaccino Pfizer, in seguito a un caso di un 17enne danese.

Si tratta, come spiega Ema, di una “grave condizione infiammatoria che colpisce molte parti del corpo e i sintomi possono includere stanchezza, febbre grave persistente, diarrea, vomito, mal di stomaco, mal di testa, dolore toracico e difficoltà respiratorie”.

 

All’attenzione di Ema ci sono anche possibili tromboembolie venose, soprattutto con vaccini a vettore virale e in particolare con J&J. Il tromboembolismo venoso è stato incluso nel piano di gestione del rischio per il vaccino Janssen come problema di sicurezza da indagare, sulla base di una percentuale più elevata di casi osservati all'interno del gruppo vaccinato, rispetto al gruppo placebo, nei primi studi clinici utilizzati per autorizzare questo vaccino.

 

Il PRAC valuterà ulteriori dati provenienti da due ampi studi clinici sul vaccino, che devono essere presentati a breve dal titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio del vaccino, al fine di valutare ulteriormente se la condizione è collegata al vaccino.

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