EditorialiOpinioniAnalisiInchiesteIntervisteScenariFirme
Gli ideatori

11 settembre, riprende il processo alla “mente” degli attentati

Nella base di Guantanamo, a Cuba, riprende il processo a Khalid Sheikh Mohammed, che avrebbe subito torture da parte della Cia. Sarebbe l’ideatore

11 settembre, riprende il processo alla “mente” degli attentati

Con incredibile tempismo, proprio mentre il mondo si appresta a ricordare il 20esimo anniversario dall’attentato alle Torri Gemelle di New York, a Guantanamo riprende il processo ai responsabili di quegli attacchi. Non a coloro che li misero in atto concretamente, ma agli ideatori.

Non senza polemiche, sia per il ritardo con cui si torna a far luce su quanto accaduto l’11 settembre, sia perché nel caso di Khaled Cheikh Mohammed, ritenuto “la mente” degli attentati, pesano gravi sospetti che sia stato vittima di torture da parte dell’intelligence statunitense, compreso il water boarding.

 

Il processo, 20 anni dopo

Sul banco degli imputati sono tornati in questi giorni 5 presunti ideatori degli attacchi dell’11 settembre: Khaled Sheikh Mohammed, Ammar al-Baluchi, Walid bin Attash, Ramzi bin al-Shibh e Mustafa al Hawsawi.

A giudicarli è un tribunale militare d’eccezione presieduto dal colonnello Matthew McCall, l’ottavo magistrato militare a occuparsi del caso e che ha “ereditato” un fascicolo da circa 35 mila pagine di trascrizioni di precedenti udienze e migliaia di mozioni.

Il processo si svolge nella base statunitense di Guantanamo, a Cuba, che avrebbe dovuto essere chiusa entro i primi 100 giorni di mandato dell’ex Presidente Usa, Obama. È a porte chiuse: telecamere e giornalisti non sono ammessi e le uniche immagini sono quelle dei disegnatori.

Tutti e cinque gli imputati rischiano la condanna alla pena di morte, ma sono in cella già da 15 anni.

Il processo riprende solo adesso, a 20 anni dai fatti e dopo una pausa di due anni, a causa dell’emergenza Covid. Ma secondo gli avvocati della difesa si è ancora alle fasi preliminari dell’iter, che potrebbe richiedere diversi mesi prima di entrare nel vivo.

 

Chi è “la mente” degli attentati

Al centro dell’attenzione c’è Khaled Sheikh Mohammed. Secondo Frank Pellegrino, l’ex agente speciale dell’Fbi che ha inseguito Ksm per quasi 30 anni e che in passato non riuscì a farlo inserire neppure nella lista delle dieci persone più ricercate d’America, “Non è pentito”. Non solo: sarebbe “il più infame terrorista del mondo”, avrebbe “sense of humor” e amerebbe anche attirare l’attenzione.

L’ex capo della propaganda di Al-Qaida ha confessato di essere “la mente” dell’operazione dell’11 settembre.

Nel 2019 il principale imputato si era detto pronto ad aiutare le famiglie delle vittime nel provare il coinvolgimento delle autorità dell’Arabia Saudita, se il Governo Usa avesse rinunciato alla condanna a morte.

Ma a pesare sul processo ci sono le accuse di torture che avrebbero compiuto nei suoi confronti gli agenti della Cia, in apposite prigioni segrete.

 

La difesa: “Fu torturato dagli 007”

La difesa punta a vanificare le prove contro Khaled Sheikh Mohammed, concentrando l’attenzione sulle accuse di tortura ai danni degli accusati dal 2002 al 2006, nelle prigioni segrete della Cia, ricorrendo anche al water boarding.

Secondo Amnesty International, Human Rights Watch e altre associazioni per i diritti umani, l’extra territorialità della base di Guantanamo non offre garanzie di un giusto processo, chiedendo che del caso si occupi corte federale.

In alternativa invocano il ricorso alla Convenzione di Ginevra, che vieta processi civili per i prigionieri di guerra.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA