Il patto di consultazione

C’è più che un rumore di fondo a Milano: la partita Generali è rovente

L’attacco a Philippe Donnet, secondo alcune fonti anonime, allontana la pressione su Mediobanca? Altri anonimi, più autorevoli, ritengono invece di no

C’è più che un rumore di fondo a Milano: la partita Generali è rovente

Ma il rumore di fondo è di chi lo fa o di chi lo racconta, dopo aver invano cercato prove per documentarlo? L’interrogativo potrebbe meritare la risposta di Tom Hanks-Forrest Gump (“stupido è chi lo stupido fa”) nel celebre film, se la questione non riguardasse Generali e Mediobanca, cioè la questione più calda della finanza italiana oggi.

 

Ecco i fatti: Morya Longo sul Sole 24 Ore del 14 settembre chiede ad esperti, avvocati di diritto societario, avvocati d’affari e magari semplici passanti (visto che tutti parlano in forma anonima, chiedendo di non essere citati) se il patto di consultazione tra Franco Caltagirone e Leonardo Del Vecchio (titolari complessivamente dell’11 per cento del Leone di Trieste) finalizzato esclusivamente a far fuori Philippe Donnet dal cruscotto di comando della compagnia triestina può configurarsi come un concerto anche su Mediobanca, dove i due imprenditori detengono quote che sommate fanno il 22 per cento, quindi vicine alla soglia dell’Opa obbligatoria che è del 25 per cento. La risposta unanime, sia pure con qualche ragionamento, è no. Anzi, la conclusione è certa e definitiva, anche se gli autori a cui si fa risalire la responsabilità non si conoscono: “la partita su Trieste allenta la pressione su Mediobanca”.

 

Ora, a parte il metodo effettivamente poco ortodosso adottato (in buona fede) dal giornalista e poichè è difficile capire quanti degli avvocati d’affari interpellati abbiano relazioni di lavoro con la stessa Mediobanca e con Alberto Nagel che la guida, l’episodio segnala che la guerriglia su Generali è già ad un livello di penetrazione nel mercato finanziario stesso molto elevato. E la mossa difensiva degli anonimi amici di Nagel la dice lunga sul livello dello scontro, visto che Mediobanca governa da decenni la compagnia triestina con solo il 13 per cento delle azioni e nel passato ha cambiato e ricambiato presidenti e amministratori delegati come se fossero meno che allenatori di calcio nelle serie minori.

 

Oggi però molto è cambiato: due imprenditori molto liquidi (e determinati) hanno poco meno della stessa quota di Mediobanca a Trieste e hanno portato le proprie postazioni anche nel cuore di piazzetta Cuccia, con gli acquisti di azioni fatti sinora. E, dettaglio decisivo, non c’è più Enrico Cuccia (suo era il motto: “può cadere l’impero romano, ma Generali mai”) e nemmeno Vincenzo Maranghi. E a Milano molti uomini della business community, ovviamente in forma rigorosamente anonima, si interrogano sulle mosse di chi è venuto dopo. Ma nessuno ha dubbi sulle capacità finanziarie e sugli obiettivi di Caltagirone e Del Vecchio, che le azioni di Mediobanca e Generali le hanno comprate, e anche pesate.

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