Al via in Senato l’esame del ddl sul processo civile, una delle riforme poste come condizione perché Roma abbia le carte in regola e possa accedere alla seconda tranche – circa 25 miliardi di euro, pari al primo assegno che l’Ue ha inviato ad agosto– per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Le ‘riforme di contesto’ che Bruxelles ci chiede per ottenere i 191 miliardi complessivi del Recovery Fund - oltre al pacchetto giustizia, penale e civile, incardinato in Parlamento – riguardano fisco e concorrenza. Queste ultime sono in via di definizione. Ma i tempi stringono. Anzi, siamo già in ritardo.
Le due riforme saranno affidate a decreti legislativi, per i quali l’esecutivo dovrà chiedere alle Camere la ‘delega’ e la determinazione dei principi e dei criteri direttivi entro i quali muoversi. Ovvero, il ‘quadro’ definito degli ambiti su cui legiferare. Un iter che ha i suoi tempi, per nulla coincidenti con le attese iniziali. In ogni caso, la bozza della legge delega sul fisco, che oggi sarebbe dovuta approdare in Consiglio dei ministri, è molto probabile che slitti ancora. A meno che Draghi non riesca ad imprimere un’improvvisa accelerazione.
In Cdm approda invece il super Green Pass – è in corso una cabina di regia cui seguirà l’incontro con le Regioni – e quasi certamente un decreto contro il rincaro bollette.
Ma oltre alla questione ‘tempi’ a incombere sulla riforma fiscale sono problemi di merito, l’argomento tasse resta divisivo. Sull’impostazione generale il ministro dell’Economia, Daniele Franco, da tempo ha messo le carte in tavola. “La riforma deve disegnare un carico fiscale quanto più favorevole ai fattori della produzione, in particolare all’utilizzo del lavoro, quindi gli interventi su Irpef e cuneo fiscale saranno centrali”. Da una parte il taglio dell’aliquota per la fascia di redditi tra i 28mila e i 55mila euro, attualmente al 38%.
Dall’altra, la diminuzione del costo del lavoro andando ad incidere sul differenziale tra salario lordo e il netto che il lavoratore riceve in busta paga. La parola d’ordine resta ‘semplificazione’.
In questa direzione anche l’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, potrebbe subire degli ‘aggiustamenti’, se non essere abolita del tutto. Tuttavia, a far litigare è principalmente la revisione delle rendite catastali. Hanno già alzato le barricate i partiti del centrodestra, di maggioranza e di opposizione, che richiamano una delibera delle commissioni Finanze di Camera e Senato del luglio scorso che rinviava la riforma degli estimi castali a un tempo successivo.
A creare tensioni è anche la riforma del regime di concorrenza. Il tema principale è quello delle concessioni balneari che fruttano allo Stato appena 115 milioni di euro e che con una legge del 2019 sono state prorogate fino al 2033. L’Autorità garante per la Concorrenza e il Mercato è stata esplicita: la proroga va rimossa, anche l’Ue ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Ma poi c’è il dossier sul commercio ambulante e la proroga delle concessioni di posteggio fino al 2032. La messa a gara dei permessi resta un tema ‘scottante’ nella maggioranza.
I provvedimenti di riforma si intrecciano in questi giorni con le misure di Bilancio: definizione degli obiettivi di finanza pubblica - da indicare nella Nota di aggiornamento al Def, anche per il triennio a seguire - e relazione tecnica alla manovra in cui andranno definiti previsioni di entrata e spesa e i riferimenti all’indebitamento programmatico. Il governo punta su una politica economica ‘espansiva’ e continuerà a sostenere la crescita. Ma senza riforme che rispondano a criteri di completezza e rapidità di attuazione la strada è ancora piena di ostacoli.