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Savorani: rischiamo la redditività negativa per decarbonizzare

Il presidente di Confindustria Ceramica lancia l’allarme: le emissioni di CO2 vanno ridotte ma subiamo il dumping dei paesi che continuano a inquinare

Savorani: rischiamo la redditività negativa per decarbonizzare

Si parla tanto di sostenibilità e green economy, parole d'ordine del nostro tempo e della nuova Europa, ma ci sono implicazioni del nostro futuro prossimo che non sono ancora ben chiare a molti.

 

Tra queste, una è la decarbonizzazione: ne abbiamo sentito molto parlare, anche nel PNRR, ma che cosa si intende per decarbonizzazione? Cosa significa decarbonizzare l'industria e le nostre economie? Come vivremo e lavoreremo nel mondo decarbonizzato? Ne parliamo con Giovanni Savorani, Presidente di Confindustria Ceramica, uno dei settori industriali che sono un baluardo del Made in Italy nel mondo, ma anche un caso emblematico dei comparti produttivi più energivori. Lo facciamo alla vigilia del Cersaie, il Salone Internazionale dell'Architettura e dell'Arredobagno che si inaugura lunedì 27 settembre a Bologna e che vedrà finalmente in presenza, per 5 giorni, aziende leader da 28 paesi e oltre 600 stand per quello che è il più importante evento mondiale del settore.

 

"Come cittadini e come imprenditori - spiega Savorani - caldeggiamo vivamente l'ipotesi di decarbonizzare tutte le attività dell'uomo. L'obiettivo per tutti deve essere la riduzione drastica delle emissioni di CO2 al fine di salvaguardare la vita delle prossime generazioni sulla terra. Per ottenere questo risultato non servono le ideologie, o le tifoserie ignoranti, bensì le competenze e la scienza. Come associazione di imprenditori della ceramica ci siamo attivati promuovendo  una filiera che include le imprese tecnologiche, le imprese produttrici, le Università del territorio, la Regione Emilia Romagna con i suoi enti di ricerca per progettare la transizione energetica.
L'obiettivo che ci siamo dati è ridurre le emissioni di CO2 senza perdere lavoro. Non sarebbe certo una soluzione ridurre le emissioni riducendo le attività, provocheremmo la creazione di drammatici problemi occupazionali e sociali. Di questo la politica dovrà farsi carico, difendere il lavoro delle persone mantenendo equilibri nei tempi e nei costi della transizione energetica e non lasciare spazio alle speculazioni finanziarie, come sta avvenendo in questo momento.

La speculazione finanziaria non riduce le emissioni di CO2, bensì farà perdere tanti posti di lavoro in Italia e in Europa, portando il lavoro del manifatturiero in paesi che non si pongono minimamente il problema delle emissioni.”

 

Presidente Savorani, che cosa è la decarbonizzazione e perché dobbiamo decarbonizzare la nostra economia?

La decarbonizzazione è il processo di riduzione delle emissioni di CO2 che derivano in larga misura dai processi di combustione e rappresenta la tendenza alla progressiva eliminazione dell’uso di combustibili fossili dall’intero sistema economico. In particolare, la decarbonizzazione del sistema energetico è una priorità nell'agenda europea e nazionale. Gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall'Unione Europea prevedono una riduzione delle emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 (rispetto al 1990) ed il raggiungimento della carbon neutrality entro il 2050. È un impegno enorme, anche se purtroppo parziale, perché un problema per sua natura globale potrà essere affrontato davvero solo sulla base di intese multilaterali.”

 

In che modo la transizione energetica si realizzerà in Europa?

"Per ridurre le emissioni di gas a effetto serra l'Europa si affida principalmente ad uno strumento: il Sistema Europeo di Scambio di Quote di Emissione (EU-ETS) nei settori energivori europei. Si tratta di centrali termoelettriche, raffinerie di petrolio, acciaierie, cartiere, cementifici, industrie ceramiche, produzioni chimiche, aviazione civile ecc., responsabili complessivamente del 45% dell'emissione di gas serra nell'UE. In Italia, il sistema ETS riguarda circa 1200 impianti responsabili del 40% delle emissioni di gas serra nazionali. L'obiettivo degli ETS è quello di disincentivare economicamente l'utilizzo di tecnologie che rilasciano in atmosfera gas a effetto serra, e quindi incentivare indirettamente l'adozione di tecnologie meno inquinanti. Va detto però che per alcuni di questi settori, i cosiddetti "hard to abate", oggi risulta particolarmente difficile riuscire a ridurre drasticamente le emissioni perché non sono disponibili su scala industriale le tecnologie necessarie.”

 

Come funziona il Sistema Europeo di Scambio di quote di Emissione?

"Ciascun impianto vincolato deve compensare ogni anno le proprie emissioni di gas serra con quote di emissione europee (European Union Allowances - EUA) equivalenti ciascuna a 1 tonnellata di CO2. Una quota è di fatto un “diritto” ad emettere 1 tonnellata di CO2. Viene fissato un tetto massimo di emissioni consentite, che è decrescente nel tempo. Gli impianti possono acquistare e vendere sul mercato i diritti ad emettere CO2. Parte delle quote di emissione sono assegnate a titolo gratuito, in funzione di benchmark di settore progressivamente calanti. Per le emissioni eccedenti occorre acquistare quote sul mercato. Gli Stati membri collocano sul mercato quote EUA mediante aste competitive alle quali accedono solo pochi grandi operatori elettrici e molti soggetti finanziari (circa 250 soggetti) che non hanno emissioni da compensare ma che sono interessati solo al trading delle quote".

 

Èqui che si annida la speculazione finanziaria denunciata da Confindustria Ceramica?

"I prezzi delle EUA sono cresciuti del 135% nell'ultimo anno. La ragionevole certezza che il valore delle quote ETS sia destinato ad aumentare significativamente nel tempo, ha indotto a partire dal 2020 importanti players finanziari (hedge funds, banche d'investimento) a investire nel mercato ETS e su strumenti derivati aventi come sottostanti le quote ETS. Questo ha avuto l'effetto di aumentare vertiginosamente il prezzo di tali quote, penalizzando di conseguenza le aziende che devono acquistarle sul mercato per esigenze produttive”.

 

Quanto è alto il rischio di esporre le aziende italiane a speculazioni finanziarie legate alle quote ETS?

"Boston Consulting Group" ha realizzato per le associazioni industriali dei settori "hard to abate", del quale noi di Confindustria Ceramica facciamo parte insieme ai colleghi dell'acciaio, del cemento, della chimica e degli altri settori energivori, uno studio importante che mette in luce gli scenari di decarbonizzazione che ci attendono, stanti gli ambiziosi obiettivi fissati dalla UE, da qui al 2050.
Il primo rilievo è che è necessaria una specifica attenzione istituzionale per questi settori: è necessario un rapporto più stretto e coordinato tra l'industria e le istituzioni per garantire una transizione sostenibile e una evoluzione della regolamentazione che sia realistica. Finora ciò è mancato e il mercato delle quote ETS è molto attraente per la speculazione finanziaria: presenta un'offerta fissa condizionata dalla regolazione politica ed una domanda frammentata e variabile. Le decisioni della Commissione Europea hanno indicato prezzi in crescita già nel breve periodo, la forte finanziarizzazione spinge sulle quotazioni in una spirale perversa di crescita incontrollata del costo per la produzione industriale degli impianti soggetti al sistema.

Lo studio Boston prevede che nel 2030 fino al 65% delle emissioni di CO2 dei settori hard to abate (il 40% per la ceramica) non saranno coperte dalle quote gratuite del sistema ETS, e ciò equivale a un impatto di 2,5 miliardi di euro. Mentre i prezzi dei titoli CO2 schizzano in alto per le speculazioni finanziarie.

 

In che modo l'industria ceramica potrà arrivare a inquinare di meno?

"Una significativa riduzione delle emissioni di anidride carbonica dell'industria ceramica potrà avvenire solo con l'utilizzo di nuove tecnologie di processo, che utilizzeranno green fuel come idrogeno e/o biogas ed energia elettrica prodotti da fonti rinnovabili, in sicurezza e con costi sostenibili. Queste tecnologie però non saranno disponibili su scala industriale per gli impianti ceramici prima dei prossimi 10 anni. Da qui ad allora non ci saranno alternative, se non quella di perdere competitività e di delocalizzare (per chi potrà e vorrà farlo) le produzioni in Italia e in Europa, in attesa di poter disporre di tecnologie e vettori energetici meno inquinanti”.

 

Che rapporto c’è tra l'inquinamento prodotto dall'industria ceramica italiana e il peso economico e sociale delle nuove misure ambientali?

"Attualmente l'Europa è responsabile di circa l'8% delle emissioni globali di gas serra. In Italia, l'industria energivora complessivamente è responsabile del 20% delle emissioni di gas serra. L'industria ceramica contribuisce per lo 0,7% alle emissioni italiane totali. Di contro, il settore ceramico (che comprende la ceramica e i laterizi), con 287 imprese occupa con l'indotto almeno 60.000 posti di lavoro e genera un valore aggiunto lordo di 2,7 miliardi di euro.
Inoltre è un'industria che vende all'estero l'85% dei suoi prodotti. Il 15% delle piastrelle vendute nel mondo è italiano, e questo dato corrisponde al 31% in valore. Nel 2020 i costi energetici hanno inciso per circa il 20% del costo della piastrella ceramica e sono destinati ad aumentare ulteriormente. Inoltre la forte competizione internazionale rende praticamente impossibile trasferire al cliente gli aumenti dei costi produttivi, anche a causa del dumping internazionale da parte di paesi che non hanno le nostre regole. Come messo in evidenza da uno studio condotto con PwC, dati i limitati potenziali di ulteriore abbattimento delle emissioni entro il 2030, per l'innovazione tecnologica degli impianti già realizzata, l'aumento dei costi diretti e indiretti provocherà una redditività negativa delle imprese ceramiche italiane, con rischi di riduzione dell'occupazione e della stessa continuità delle imprese.


Quali sono le vostre proposte per scongiurare questo scenario?

"Abbiamo formulato degli interventi di correzione del sistema ETS, anche temporanei, che riteniamo necessari per la permanenza dell'industria ceramica in Italia. Innanzitutto si tratta di impedire la speculazione finanziaria: occorre garantire che solo chi consuma le quote ETS (gli impianti industriali e l'aviazione civile) può acquistare e vendere le quote. Occorre impedire l'utilizzo di derivati finanziari aventi come sottostanti le quote ETS, e vanno applicati anche qui gli strumenti di vigilanza e controllo dei mercati finanziari. Inoltre chiediamo di separare l'ETS per i settori manifatturieri dall'ETS per il settore elettrico, porre un tetto temporaneo al costo delle quote, riformare il meccanismo della Riserva della Stabilità del Mercato (MSR).
L'industria ceramica italiana ha effettuato recentemente elevati investimenti per migliorare l'efficienza energetica dei propri impianti, a partire dai sistemi di cogenerazione e di recupero del calore. Paradossalmente ciò la penalizza in quanto oggi, con le tecnologie attuali disponibili e già ottimizzate, il margine di miglioramento è veramente esiguo: chiediamo di rimuovere la penalizzazione degli impianti di questo tipo.
Infine, proponiamo incentivi economici all'industria ceramica (anche dai proventi delle aste ETS) per lo sviluppo accelerato in campo industriale di nuove tecnologie di produzione a basso inquinamento”.

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