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New York, Palazzo di Vetro

Assemblea generale dell’Onu: l’Ue dia segnali di una nuova autonomia

I rapporti tra Washington e Bruxelles sono mutati. Ma per il Vecchio Continente è arrivato il momento di camminare da solo e lanciare nuove strategie

Assemblea generale dell’Onu: l’Ue dia segnali di una nuova autonomia

Il discorso che domani Joe Biden terrà all’Assemblea generale delle Nazioni Uniti a New York - dove sono attesi in presenza oltre 100 capi di Stato e di governo - rappresenterà un passaggio non sappiamo quanto cruciale, ma senza dubbio importante per i rapporti tra le due sponde dell’Atlantico. Al Palazzo di Vetro ci saranno anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente del Consiglio Europeo, il belga Charles Michel. Con loro l’Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell, il vice presidente della Commissione, Frans Timmermans, e il commissario al Mercato interno, Thierry Breton. 


Lo stato maggiore dell’Unione Europea parteciperà, dunque, al summit del Palazzo di Vetro. E che le relazioni tra Washington e Bruxelles siano precipitate nelle ultime settimane non è un segreto per nessuno. La vicenda Afghanistan pesa per via della decisione pressoché unilaterale degli Stati Uniti di ritirarsi da Kabul. Ma è stato anche il segnale emblematico dei mutati interessi strategici americani quanto a Medio Oriente e certi Paesi asiatici, come appunto l’Afghanistan, che hanno richiesto un impegno enorme sul piano militare ed economico, senza portare agli occhi della Casa Bianca concreti vantaggi geopolitici.

Poi c’è il caso dei sottomarini che gli Stati Uniti hanno venduto all’Australia, ‘soffiando’ l’affare a Parigi. Una mossa repentina che ha lasciato i francesi a bocca asciutta, minato nello scacchiere del sud est asiatico la loro politica, provocato una crisi diplomatica che in queste ore si cerca di ricomporre. 

 

Non sono solo avvisaglie. Biden sta mostrando capacità tattiche e strategiche da navigato politico quale è, ma anche una certa spregiudicatezza quando si tratta di difendere gli interessi americani. E adesso quegli interessi sono altrove. La paura del colosso economico cinese e della politica espansionistica di Pechino che conquista sempre più nuove aree di influenza e il primato in tecnologie all’avanguardia, hanno spinto il presidente americano a nuove mosse. L’Ue è stata colta di sorpresa. Oggettivamente in difficoltà e ancora disorientata dal cambio di passo del presidente, dal quale ci si aspettava ben altro - l’elezione di Biden era stata salutata come l’inizio di un nuovo e rinnovato patto con l’Ue – Bruxelles può tuttavia fare di necessità virtù. 

Se gli Usa hanno distolto lo sguardo dal Vecchio Continente - pur in uno scacchiere in cui il multilateralismo resta essenziale - non è detto che non ci possano essere risvolti positivi. Anzi. Se l’Unione Europea fosse pronta, l’occasione che la particolare fase storica sta offrendo rappresenterebbe il perno su cui far leva per conquistare una maggiore autonomia da Washington. Un’emancipazione che costringerebbe Bruxelles a compiere i passi tanto attesi - in politica estera e su difesa comune – e un segno di maturità per camminare da sola.

 

I governi dei 27 sono chiamati a dare la possibilità all’istituzione comunitaria di fare questo passo e anche i partiti che siedono a Strasburgo hanno questa responsabilità.  Da oggi a mercoledì si terrà a Roma la riunione del Bureau del Partito Popolare Europeo, durante la quale è previsto un intervento della von der Leyen e del vice presidente della Commissione Margaritis Schinas. I temi sono tanti e per gli scenari interni si attende l’esito delle elezioni tedesche del prossimo 26 settembre. Qualcosa cambierà, ma i rapporti di forza tra Stati non devono compromettere una visione unitaria di cui l’Ue ha bisogno e che va proposta nelle organizzazioni internazionali.

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