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I mesi che ci attendono

La partita del Quirinale: stabilità e solidità orientino le scelte

Draghi al Colle? O al governo fino al 2023? Il refrain della politica rischia di perdere di vista l’interesse nazionale. I partiti diano prova di maturità

La partita del Quirinale: stabilità e solidità orientino le scelte

Stabilità e solidità. Due parole che col passare delle settimane sembrano perdere appeal nelle pieghe di un dibattito politico che guarda con preoccupazione al futuro del Colle e a quello del governo. Nella politica nazionale c’è un certo subbuglio e l’avvicinarsi del voto amministrativo di domenica e lunedì prossimi fa ondeggiare ancora di più l’asse dei partiti. Il problema Lega – e non solo per la vicenda dell’uomo chiave della comunicazione di Matteo Salvini, indagato per droga -  è una mina che giorno dopo giorno sembra pronta a scoppiare. Da qualche settimana il partito parla a due voci: una, quella del Capitano. L’altra, quella del ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti. I due sono sempre più distanti. A onor del vero, è soprattutto il secondo che da un po’ di tempo non perde occasione per palesare sugli organi di stampa la ‘sua visione’ su Draghi, il Quirinale, il futuro dell’esecutivo. Non proprio in linea con quella dell’altro.

 

E c’è da scommettere che una prima resa dei conti arriverà all’indomani del voto per i comuni. Quando probabilmente Salvini si sveglierà con la ‘batosta’ della sconfitta, per la verità già preannunciata, visti i candidati ‘deboli’ scelti dal centrodestra. Un match in cui il Carroccio ha giocato, diciamolo pure, con una certa noncuranza, quasi la posta in gioco non fosse di suo interesse. Errori di valutazione ne sono stati fatti, dettati da una mancanza genetica che ora pesa – quella di una classe dirigente all’altezza e presente sui territori – e dai rapporti non idilliaci con la Meloni. Gli anti-salviniani già si preparano. 

 

Solidità e stabilità, dicevamo. Un patrimonio essenziale per l’Italia che si prepara a spendere i soldi del Piano nazionale di Ripresa fino al 2026 e che nessuna delle forze politiche in campo, né dei protagonisti della scena istituzionale, possono permettersi di disperdere. La partita è delicatissima. Mario Draghi al Quirinale dopo Mattarella? Draghi che resta alla guida del governo fino al 2023? Il refrain incalza un autunno che si prospetta pieno di incognite. Con la certezza, indiscutibile, che da febbraio 2021, con l’insediamento del nuovo inquilino di Palazzo Chigi, quelle due parole abbiano fatto concretamente ingresso nel panorama italiano, dando a Roma un ruolo in Europa - che adesso le viene riconosciuto da tutti i Paesi Membri, anche da Francia e Germania – e nella scena internazionale.

 

Da lontano si ode però il ‘ruggito’ dei partiti della coalizione. Tutti – non solo la Lega, ma anche Pd e M5S – sono inquieti, disorientati, pur se per cause diverse, e alla ricerca di un nuovo equilibrio. La costruzione a lungo termine della stabilità italiana passa anche dallo loro capacità di darsi basi e contenuti, rigenerarsi, cercare saldezza senza slogan, edificare e non demolire. Esimersi da questa responsabilità per rincorrere un consenso non più ideologico, ma pur sempre oscillante, o rischiosi giochi di parte, è errore da scongiurare. Specie quando il Paese richiede ‘calma e gesso’. Perché Quirinale e Palazzo Chigi sono in questo momento un tandem di stabilità e il futuro di Mario Draghi, se al Colle o ancora alla guida dell’esecutivo, è una sfida troppo importante per le sorti dell’Italia nei prossimi anni. Solidità richiede scelte sagge.  

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