Il commento

Inter e Juventus, due grandi squadre che oggi hanno destini rovesciati

Da una parte i Campioni d’Italia che si stanno imponendo in Serie A anche con la nuova gestione tecnica. Dall’altra la crisi di Max: la Juventus è buia

Inter e Juventus, due grandi squadre che oggi hanno destini rovesciati

Come sono cambiate le cose in così poco tempo. Un giorno ti ritrovi ad essere la più forte d'Italia, con svariati scudetti alle spalle e il miglior giocatore del mondo a fare da reparto offensivo, per arrivare poi, due anni dopo, con solo 14 punti in undici partite. Dall'altra parte invece un’altra squadra quella che dopo aver toccato il cielo con il triplete, non ha più vinto nulla per dieci anni, attraversando il peggior periodo nella storia del club. Poi la fiammata di sabato con la vittoria improvvisa dell’Inter sulla Juve con in panchina un simbolo rivale a trascinare tutto l’ambiente.


Juventus e Inter, una storia leggendaria che va in parallelo da anni e che ora sta attraversando un nuovo mutamento: la grande crisi di Allegri e della Juve, che i pronostici davano tra le prime tre squadre e il successo di Inzaghi, che lotta con l’unico obiettivo dello scudetto, e vince da grande squadra, nonostante le pesanti sconfitte e i tanti cambiamenti in rosa. Cosa ha dimostrato, nuovamente, questo undicesimo turno di Serie A 2021/2022?


Juventus, mancano le alternative per la svolta.

Il disegno che si potrebbe fare della Vecchia Signora in questo momento sarebbe molto oscuro, con diverse macchie di bianco, di vuoto. In un attimo è sparita quella certezza, quella convinzione, di non aver rivali, di non conoscere la sconfitta o il sapore della difficoltà. E in questi casi cosa rimane, su cui potersi aggrappare? Il nome. La fama, la storia, il logo. La grandezza di un club non si cancella con le prestazioni, che però pesano, soprattutto sugli obiettivi. Pensare che già dopo  dieci partite i bianconeri siano fuori con un piede dalla corsa scudetto è l'immagine ideale della crisi inaspettata. Inaspettata se si considera che persino Pirlo ha combattuto per il massimo trofeo nazionale fino alla fine. Contro il Verona la cosa più inquietante sono stati i primi venti minuti, in cui si poteva paragonare la squadra di Max Allegri al livello di una neopromossa. 

 

Nessuna difesa della palla sulla mediana, poca gestione del possesso e errori bassa categoria su entrambi i goal di Simeone. Se nel primo caso Arthur fa un retropassaggio horror che manda in rete il Verona, nel secondo caso, seppur un goal favoloso, la non reazione di Bonucci nell’uscire incontro alla punta è la perfetta metafora della paura che vaga negli spogliatoi a Venaria. Mancano i riferimenti su cui appoggiarsi e aver ceduto Cristiano Ronaldo non può essere una scusante di fronte a risultati inconcepibili e molto pericolosi. Se da una parte il cammino Champions League sta andando stranamente bene, manca ormai la caparbietà di assalire una squadra avversaria per grande parte di gioco. Il creare poche palle goal sta diventando pian piano il coltello amaro di Allegri, a cui mancano soluzioni concrete e alternative per cambiare le partite. Gli uomini a sua disposizione non sono tutti di livello pari alle prime rose di Serie A (tra Milan, Napoli e Inter). 

 

Tra le difficoltà difensive, con le incertezze di Bonucci, che dal primo giorno da quando è ritornato Allegri, con quelle frasi sulla fascia, non sembra più essere lo stesso uomo. Quello che aveva cavalcato i campi europei vincendo il trofeo con la Nazionale da super protagonista. Il suo compagno, De Ligt, è messo anche peggio, visto che non lo vede proprio più il campo e questa è una bocciatura forse eccessiva del tecnico livornese, che sta continuando a rinunciare ad un'arma letale come il giovane olandese, tra i migliori giovani del mondo e soprattutto, grande investimento della società, che ha investito una cifra elevatissima. Queste idee serrate non stanno facendo bene allo spogliatoio, che sembra maggiormente diviso rispetto a cinque mesi fa.

 

Già gli errori del portiere polacco, da sempre faro del team, fossero continui, faceva intendere la mancanza di coesione e certezza nel gruppo. Davanti è tutta una confusione, con il burrascoso rapporto tra il mister e Chiesa, meno decisivo di quello che potrebbe dare, con Kulusewski, ad oggi investimento enigmatico e Kean, attaccante buono, ma di certo non rivoluzionario. Morata vive tra le onde dell’altalenanza, senza mai essere costante nelle prestazioni. Kaio Jorge invece è più una condizione di Max, che lo vede meno acerbo di quello che realmente è. Il solo Dybala, ad oggi, ha quel passo in più. Solo i dolori fisici possono fermare la sua voglia di essere unico, di essere leader. McKennie meriterebbe più spazio. Il ritiro mette in discussione l'intero organismo, pronto a mutare da un giorno all’altro. 

 

Inter, non ti attaccare alle certezze

Doveva essere una squadra più fragile, con meno certezze e mezzi per raggiungere i propri obiettivi. E invece Inzaghi ha voluto ridare una base di gioco diversa rispetto a quella di Conte, ma forse più divertente e efficace, a tratti. Se lo scorso anno il gioco si basava molto sulle ripartenze e gli appoggi a Lukaku, in questo nuovo anno la coesione di gruppo sta facendo la differenza. La sintonia di trovarsi a memoria, aiutandosi a vicenda, ha messo su un gruppo divertente e emozionante. Non era facile sostituire il belga e Hakimi, altro riferimento fondamentale della scorsa gestione tecnica, ma gli arrivi dei nuovi elementi, sono stati i pezzi giusti per mettere insieme un puzzle interessante. 

 

Il primo da nominare senza dubbio è l'ex capitano della Roma, Dzeko, che nella gestione “laziale” di Inzaghi ha ritrovato quella voglia di essere decisivo, senza sbagliare gare clamorose a causa delle poche motivazioni. Un giocatore che vive di emozioni, che lo rendono infermabile e tanto duttile in diversi frangenti del campo. Vederlo correre per recuperare una palla sino alla propria area di rigore, per poi servire un pallone perfetto in verticale sul cambio di fronte, è la dimostrazione che il talento rimane sempre, oltre le prestazioni. Motivazioni e voglia di cambiare aria, come il Tucu Correa, che nonostante illuminasse la Capitale, voleva di più, rimanendo con il suo maestro di calcio in panchina: viene criticato, zittisce tutti con una doppietta, mettendo in tasca i tre punti. Il neo è Dumfries, addirittura fischiato dai tifosi per i numerosi errori commessi sino ad ora. L’impegno è massimo, ma deve applicarsi di più, facendo scendere le ambizioni su di lui dei tifosi. Troppo caricato di un ruolo che ancora non è suo. 

 

Dietro tutti giocano con classe. Dalle certezze di Bastoni, regista aggiunto, a Skriniar, tra i migliori d'Europa, vi è anche un Ranocchia che sostituisce De Vrij e lo fa in maniera egregia. Tutti pronti, non importa il minutaggio, quando vengono chiamati in causa mettono anima e cuore ,ogni singolo elemento mette tutto se stesso. La corsa è difficile, ma con un centrocampo che vede un giocatore del calibro di Barella, la speranza ci deve essere per forza. Il futuro capitano è una macchina da guerra, sia difensivamente, che in fase avanzata.

 

Crea almeno sette palle goal, recuperando anche su Beto due volte. La critica può essere cercata in queste innumerevoli occasioni buttate al vento, che in gare come quella con la Sampdoria o ancora di più, con la Juventus, si rivelano decisive, vista la mancanza di punti in certi match. Sicuramente devono adattare questa mentalità da campioni anche in Europa, dove manca quella convinzione di poter raggiungere qualche scalino in più, tra le big . Far coincidere i diversi traguardi richiede un certo tipo di dispendio energetico e di grande forza di volontà. In questo momento, sul discorso delle diverse soluzioni alternative, i nerazzurri sono uno scalino in più rispetto a tutte le altre e forse, questo fare la differenza.

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