
Il reddito di cittadinanza continua a rimanere un tema caldo nell’agenda del Governo, con l’esecutivo diviso.
Da un lato il Movimento 5 Stelle che insiste sulla sua necessità (anche spingendo verso un potenziamento), dall’altro c’è il centro destra (in particolare la Lega e Fratelli d’Italia) che vorrebbero abolirlo e sostituirlo con altre misure a sostegno di chi è senza occupazione, come i lavori socialmente utili.
Nel mezzo c’è il tentativo di trovare una mediazione, che potrebbe passare per una riforma, ora al vaglio del Comitato tecnico scientifico istituito presso il ministero del Lavoro.
Ecco a cosa si lavora.
Riforma Reddito di cittadinanza, regole più “stringenti”
Il primo passo, dopo le modifiche in sede di messa a punto della legge di Bilancio, potrebbe essere una “stretta” sul fronte delle norme per accedere al reddito di cittadinanza. In particolare, si pensa all’obbligo di accettazione di lavori anche di breve durata, compresi i trimestrali.
Si ipotizza che, in caso di rifiuto di una prima, congrua offerta di lavoro, dal 2022 si possa ridurre l’assegno mensile, decurtandolo “di una somma pari a 5 euro per ciascun mese a partire dal sesto mese di percezione del beneficio”, come si legge nella bozza.
La bozza del testo di riforma, però, riguarda anche alcuni correttivi su quelli che sono ritenuti alcuni “squilibri”.
Correzione degli squilibri
Uno degli interventi potrebbe riguardare il calcolo del sussidio, che potrebbe prevedere assegni più congrui per i nuclei familiari più numerosi, rispetto all’attuale sistema che “premiava” soprattutto i single.
In caso di rifiuto di offerte di lavoro, poi, scatterà la perdita del beneficio: in questo caso si passa a soli due rifiuti, rispetto ai precedenti 3.
Infine, cambierebbero le norme anche riguardo la distanza. Con la riforma verrebbero meno i limiti di distanza relativi all’offerta di impiego, mentre al momento vige la norma secondo cui il lavoro dovrebbe essere nel raggio di 250 km. Anche in questo caso, il rifiuto comporta la decurtazione di 5 euro al mese, fino a una soglia minima di 300 euro mensili.
Complessivamente l’esecutivo ha previsto uno stanziamento di 9 miliardi di euro per il reddito di cittadinanza, che dovrebbero servire per erogare gli assegni, che oggi sono destinati a circa 3 milioni di beneficiari.
Eppure i dubbi sull’efficacia di una norma in tal senso restano.
I dubbi e le critiche
Secondo Il Fatto quotidiano, un “effetto immediato avrebbe avuto invece una sanzione per i beneficiari che si rendono irreperibili ai centri per l’impiego o agli stessi comuni. Nemmeno l’obbligo di comunicare un cambio di residenza è previsto, e più banalmente basta cambiare il nome sul citofono per continuare a percepire il Rdc senza essere disturbati da convocazioni formali, offerte congrue irrifiutabili, eccetera. Per costringere queste persone a farsi vive, ad esempio, basterebbe sospendere l’erogazione del Reddito finché non escono allo scoperto”.
Cosa pensano i cittadini del Reddito di cittadinanza
Intanto i sondaggi darebbero ragione a chi ritiene che il reddito di cittadinanza, così com’è attualmente, non è efficace. Lo pensa il 68% degli italiani, che si dice contrario, mentre solo il 24% sarebbe favorevole e l’8% non si pronuncia, secondo Investireoggi. A pesare sul giudizio sarebbe anche l’idea che i centri per l’impiego oggi non aiuterebbero a trovare lavoro ai percettori del sussidio. Ciò sarebbe valido soprattutto al Sud, mancherebbero offerte e dove invece si concentra la maggior parte dei richiedenti (e beneficiari) del reddito di cittadinanza.
La pandemia, d’altro canto, non ha aiutato dal momento che molti uffici sono rimasti chiusi nei mesi di lockdown.