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femminicidi e delitti in famiglia

Orrore a Sassuolo: la piaga inaccettabile delle stragi in famiglia

Si avvicina la Giornata contro la violenza sulle donne, ma continuano i casi di femminicidi e morti tra le mura domestiche. L’ultimo, una strage in Emilia

Orrore a Sassuolo: la piaga inaccettabile delle stragi in famiglia

È l’ultimo caso in ordine di tempo, una tragedia in famiglia, l’ennesima e che ha l’effetto di allungare la già lunga scia di sangue che accompagna i delitti compiuti tra le mura domestiche.

Arriva a 24 ore da un altro episodio con il quale ha in comune la morte di vittime innocenti e bambini.

Lunedì era accaduto in provincia di Viterbo, dove un bambino di 10 anni è stato accoltellato alla gola e il sospettato numero principale è il padre del piccolo, che aveva ricevuto un divieto di avvicinamento alla famiglia.

Nelle scorse ore la follia omicida è andata in scena a Sassuolo, dove un uomo ha letteralmente sterminato la famiglia, uccidendo la moglie e i figli di 2 e 5 anni, oltre alla suocera, per poi togliersi la vita.

 

La strage a Sassuolo

È accaduto a Sassuolo, in quella che è considerata la tranquilla provincia modenese. Protagonista della strage è stato un uomo di 38 anni di origine tunisina, Nabil Dhahri, che ha ucciso a coltellate la moglie, Elisa Mulas, i figli di 2 e 5 anni e la mamma di lei, prima di suicidarsi. L’unica sopravvissuta è la figlia che la donna aveva avuto da un'altra relazione e che si trovava a scuola.

La tragedia è avvenuta nel primo pomeriggio di ieri, nella casa non lontano dal centro dove la donna e i figli si erano trasferiti, per andare a stare con la nonna materna, dopo la fine della relazione con l’omicida; secondo quanto ipotizzato al momento l’uomo non avrebbe accettato la fine della storia. Da qui la follia omicida, che lo ha portato a uccidere cinque persone, tra le quali anche i suoi stessi figli.

 

Il movente passionale

Gli inquirenti hanno raccolto le prime testimonianze e, dopo le verifiche inziali, escluderebbero che alla base della strage ci siano problemi economici. Le attenzioni sono puntate, piuttosto, sul movente passionale: l’omicida non si sarebbe rassegnato alla fine della relazione con la ex che due settimane fa, stanca delle continue liti, avrebbe lasciato la casa e sarebbe andata a vivere dalla mamma.

Secondo una registrazione effettuata dalla stessa donna appena pochi giorni fa, Nabil l’avrebbe anche minacciata di morte.

 

La strage continua

Se così fosse si tratterebbe di un copione ben noto e soprattutto del motivo principale di molte stragi familiari, che hanno come vittime troppo spesso le donne. Un delitto che arriva alla vigilia della Giornata contro la violenza sulle donne, in programma il prossimo 25 novembre.

I dati mostrano che i femminicidi e, in genere, i delitti in famiglia sono ancora tanti, troppi.

Come ricordato dall’Osservatorio Diritti, sono 100 le vittime di omicidio di genere femminile contate dall’inizio anno e fino al 26 ottobre 2021.

 

I precedenti

La prima vittima è stata Laura Perselli, 68 anni, uccisa dal figlio insieme al marito Peter Neumair, a Bolzano, e i cui cadaveri sono poi stati gettati nel fiume Adige. Nel corso dei mesi sono proseguiti i delitti, che spesso hanno avuto come vittime le donne.

I femminicidi, dopo l’anno “nero” che è stato il 2020 (complice il lockdown), non si sono fermati. Quest’anno si sono contate finora almeno 100 vittime, fino allo scorso ottobre appunto, contro le 93 alla stessa data 2020 (+ 7,5%).

Le cento donne uccise costituiscono il 42% dei decessi complessi del 2021 nel 2021, con un tasso in crescita: nel 2017 erano il 35,2% del totale, nel 2018 sono salite al 39,3% e nel 2020 hanno raggiunto il 40,6%, dopo una contrazione al 35% del 2019.

 

Le Regioni “maglia nera”

Nella classifica a livello geografico, il record negativo spetta alla Lombardia, con 18 vittime donne, pari al 56,2% dei 32 decessi complessivi; a seguire si trovano il Lazio (14 vittime, il 58,3% del totale regionale) e Veneto (12, il 63,2% delle 19 vittime). Come ricorda l’Osservatorio Diritti, “in altre sei regioni la percentuale tocca o supera i 50. Solo in cinque (Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria, Basilicata e Molise) per ora le donne sono state risparmiate”.

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