EditorialiOpinioniAnalisiInchiesteIntervisteScenariFirme
Politiche di bilancio

Spesa e debito pubblico, i talloni di Achille dell’economia italiana

Le politiche monetarie della Bce e la sospensione temporanea delle regole del Patto di Stabilità stanno aiutando conti e ripresa. Ma quanto dureranno?

Spesa e debito pubblico, i talloni di Achille dell’economia italiana

Bruxelles nel giudizio sul Documento di Programmazione e Bilancio dell’Italia - quest’anno di tipo ‘qualitativo’ e non ‘quantitativo’, per via della clausola di salvaguardia che sospende le regole del Patto di Stabilità - è stata chiara su un punto: “Al fine di contribuire al perseguimento di una politica di bilancio prudente, la Commissione europea invita l’Italia a prendere le necessarie misure per limitare la crescita della spesa corrente finanziata a livello nazionale”. Una spesa che, spiega Bruxelles, “ammonta all’1,5% del Pil, cifra significativa” di cui Roma deve “tener conto”. 

 

Dunque, è vero che la crescita italiana registra punte del 6% e che il Paese vive un momento di ripresa che supera ogni aspettativa. Ma perché questa crescita non sia solo frutto del rimbalzo dopo il lockdown, ma si rafforzi e diventi strutturale, è necessario puntare su politiche di bilancio che mettano in conto la progressiva riduzione del debito, cresciuto ulteriormente nell’anno pandemico, e la diminuzione della spesa che pure non accenna a scendere. Anzi. Negli ultimi documenti dell’esecutivo in vista della manovra di Bilancio che in questi giorni viene incardinata al Senato, si registra anche un aumento calcolato nel quadriennio 2020 – 2024 di 43, 5 miliardi (quasi totalmente destinati alla spesa per la previdenza).

 

In questo contesto, va rilevato che la ripresa italiana è evidentemente, e in prevalenza, legata a misure straordinarie, peraltro esterne al sistema Paese inteso in senso stretto. Il riferimento è alle politiche espansive della Banca Centrale Europea e alla sospensione – come dicevano – delle regole del Patto di Stabilità e Crescita

 

Primo punto: la Bce. Il membro del Comitato esecutivo, Fabio Panetta, ha assicurato che l’Eurotower continuerà ad essere “paziente” per evitare delle misure restrittive di politica monetaria che possano compromettere la ripresa e la stabilizzazione dei prezzi. Il pericolo maggiore è l’inflazione che è in aumento in tutta Europa, anche se non tocca il tetto del 6,2% su base annua registrato negli Stati Uniti. Francoforte ha scelto prudenza e cautela. E mentre la Fed ha già annunciato il tapering, ovvero la riduzione dell’acquisto di titoli, manterrà attive le politiche di accomodamento ancora per un po’ senza toccare - ma questo lo ha deciso per ora anche la Banca Centrale americana - i tassi di interesse. Una condizione di grande importanza per un Paese ad alto debito pubblico come il nostro. Perché nel momento in cui l’istituto guidato da Christine Lagarde decidesse di non tenere più artificialmente i tassi ai minimi storici, si aprirebbe un fronte di decisa ‘fragilità’ per i nostri conti. 

 

D’altra parte, va detto che in un fase in cui spesa pubblica e investimenti tengono su l’economia e potenziano la crescita, pensare ad una riduzione della spesa è poco plausibile. In Ue il fronte della politica di controllo dei bilanci interni è aperto: la Commissione europea ha avviato ufficialmente il dibattito per una ‘riscrittura’ del Patto di Stabilità, o quanto meno dei vincoli stringenti previsti per deficit e debito. Con la pandemia e l’applicazione della clausola di salvaguardia gli Stati aderenti hanno potuto allentare la morsa sull’indebitamento per far fronte alle spese straordinarie, dovute all’emergenza sanitaria e alla crisi economica che ne è seguita.  

 

Ma ieri il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, ha annunciato che è “molto probabile che la clausola venga disattivata nel 2023” sulla base delle previsioni attuali, e comunque appena raggiunti “i livelli precrisi”. Una dichiarazione che buona parte dei Paesi aderenti hanno appreso con una certa preoccupazione, tanto da spingere il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni a correre ai ripari. “Non ci limiteremo a ritirare la clausola tornando a dove eravamo prima”, ha precisato, “ma discuteremo di come costruire un consenso tra gli Stati membri per avere regole comuni. Il mio punto di vista è che c’è una revisione in corso e proveremo a costruire un quadro di regole più realistico, semplice e favorevole alla crescita”. Inutile dire che quanto l’Italia conti su un nuovo Patto, ma per prudenza sarebbe bene considerare l’eventualità che potrebbe anche non vedere la luce. In questi casi meglio essere più realisti del re. 

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA