EditorialiOpinioniAnalisiInchiesteIntervisteScenariFirme
Il voto per il Colle

Quirinale, il rischio di lasciare il giocatore più bravo in panchina

Se la politica opterà per altri nomi, Draghi comunque non resterà al timone di Palazzo Chigi dopo il 2023. Ma serve lungimiranza, oltre questa legislatura

Quirinale, il rischio di lasciare il giocatore più bravo in panchina

C’è chi ritiene che dopo il prolungamento dello stato di emergenza al 31 marzo, deciso ieri in Consiglio dei ministri, e lo slittamento del passaggio sotto l’egida della Protezione civile della maggior parte delle competenze della struttura commissariale anti-Covid (servono tempi più lunghi per realizzarlo), il destino di Mario Draghi sia segnato entro le mura di Palazzo Chigi. Lì – si pensa - la sua guida è irrinunciabile perché la quarta ondata del virus porta con sé la minaccia di un rialzo veloce dei contagi per via della variante Omicron. Con tutti gli effetti a catena che ne conseguono, compreso un possibile rallentamento della crescita mentre l’inflazione incalza. Se fosse davvero così, se non ci fossero alternative, lo diciamo subito, il rischio è di lasciare per i prossimi anni il giocatore più bravo fermo in panchina

 

Costruire la partita per l’elezione del successore di Sergio Mattarella puntando su nomi diversi da quello dell’attuale premier - causa la ‘necessità’ che resti al timone della nave in attesa che approdi in porto sicuro, ovvero a fine epidemia e alla realizzazione del Piano di Ripresa e Resilienza – potrebbe risultare aleatorio. Per due motivi. Il primo: la legislatura si conclude comunque a marzo del 2023 e Mario Draghi, a differenza di alcuni suoi predecessori, vedi l’esempio di Mario Monti, non è personalità disposta a scendere nell’agone politico. L’ex numero uno della Bce e presidente del Consiglio, di indiscusso e sempre maggiore prestigio internazionale, non scenderà mai nella mischia elettorale. Il suo è un profilo che mal si adatta alla compagine dei duri e puri della politica e la straordinaria carriera vissuta fuori e dentro i confini nazionali delinea un carattere di altro tratto. Ne sta dando prova. Ma Draghi è anche uomo scaltro, di intelligenza sopraffina, tanto da sapere che il suo brillante curriculum non puo’ chiudersi nell’incertezza di uno scenario partitico instabile e pronto ad inghiottirlo

 

L’inquilino di Chigi ha fatto una scelta precisa quando ha accettato il mandato del presidente della Repubblica per formare un nuovo governo lo scorso febbraio. Una scelta che potremmo definire di servizio nei confronti del Paese. Lo sta dimostrando. Lavora senza percepire retribuzione (vi ha rinunciato) e in soli pochi mesi ha riportato l’Italia al centro dello scacchiere internazionale mettendosi alla guida nel momento peggiore dal dopoguerra ad oggi. A chi sostiene che l’ex governatore della Banca d’Italia sia indispensabile a Palazzo Chigi per accompagnare con le sue competenze l’Italia fuori dal guado, siamo pronti a rispondere che sì, in parte è ragionevole pensarlo. Ma in tal caso lo sguardo sul futuro si fermerebbe poco più in là dell’inizio del 2023 quando il rinnovo del Parlamento è previsto. E il Paese ha bisogno, invece, che l’orizzonte si allarghi ben oltre quella data, proprio per uscire dalla crisi.

Secondo motivo: Il Paese non può permettersi l’uscita di scena di Mario Draghi. L’opzione migliore resta la sua elezione al Colle per essere garante politico e istituzionale della Costituzione per i sette anni a venire. E garante di stabilità agli occhi dell’Europa e del mondo Si tratta di un’ipotesi di lungimiranza, pur portando con sé l’inevitabile passaggio di consegne a Palazzo Chigi, a quel punto prediligendo una figura tecnica alla stregua del ministro dell’Economia, Daniele Franco. A distanza di solo un anno si andrebbe al voto a scadenza naturale di questo Parlamento. 

 

In queste ore circolano molti nomi che potrebbero partecipare alla corsa per la prima carica dello Stato, alcuni più spendibili di altri, ma nei Palazzi lo sanno bene, nessuno ora ha la stessa caratura del premier. E a chi teme il voto anticipato potremmo rassicurare: i partiti, compresa l’opposizione, non hanno alcun interesse ad andare ad elezioni anticipate.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA