
Il governo pone la questione di fiducia alla Camera sull’articolo 1 del Ddl Bilancio. Ad annunciarlo il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà. Questo pomeriggio a partire dalle 17 cominceranno le dichiarazioni di voto sulla fiducia. Domani è attesa l’approvazione del provvedimento. Con questo secondo passaggio parlamentare si concluderà l’iter a poche ore dalla scadenza dei tempi fissati dalla legge. Il Bilancio va approvato ogni anno entro il 31 dicembre, pena l’avvio dell’esercizio provvisorio.
Intanto fa discutere la norma che prevede di alzare il limite degli stipendi dei super-dirigenti pubblici fissato nel 2014 a 240 mila euro. In sostanza, il limite non sarà più fisso ma potrà essere ‘rideterminato’. Un emendamento approvato durante l’esame in Senato introduce questa possibilità per chi riceve “retribuzioni o emolumenti in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo intercorrenti con le autorità amministrative indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni, ivi incluso il personale di diritto pubblico”. I primi effetti della disposizione, che introduce incrementi medi previsti nei rinnovi contrattuali anche per chi ha ruoli apicali, dovrebbero vedersi nel 2023. Critiche arrivano dalla sinistra parlamentare. “Invece di pensare ad alzare gli stipendi a milioni di persone che pur lavorando non arrivano alla fine del mese, invece di intervenire per un salario minimo e dignitoso, il governo ha pensato ancora una volta a chi ha già risorse a sufficienza”, afferma Nicola Fratoianni di Sinistra italiana.
Ma diverse sono le disposizioni della manovra che riguardano la Pa. Saranno 1,8 i miliardi stanziati per l’organizzazione amministrativa dello Stato. Di questi, almeno 650 milioni saranno destinati il prossimo anno a “dare slancio alla riforma” dell’apparato burocratico. Saranno finanziate anche nuove assunzioni a tempo indeterminato: i fondi, 100 milioni di euro, raddoppieranno nel 2023 e nel 2024. A dare un giudizio negativo sul disegno di legge sono oggi gli industriali. Confindustria parla di “occasione persa”. “La legge non va nella giusta direzione. Manca qualcosa”, dice Carlo Bonomi. “La battaglia dei partiti impegnati ciascuno a mettere le proprie bandierine ha impedito un energico taglio contributivo del cuneo fiscale, mentre sono venuti meno il patent box, i crediti destinati alla ricerca, una maggiore spinta alla sburocratizzazione ed è stata depotenziata Industria 4.0”.
Oggi si riunisce a Palazzo Chigi il Consiglio dei ministri. All’ordine del giorno prevalentemente i temi legati alla pandemia e le nuove misure sulle quarantene. Ma l’impennata dei contagi – 78mila nuovi casi registrati nelle ultime 24 ore e 202 decessi - preoccupa anche per le possibili conseguenze sulla ripresa economica. Confesercenti lancia l’allarme per 200mila lavoratori che da gennaio si ritroveranno senza cassa integrazione Covid e, dunque, senza alcuna copertura. Ad essere a rischio sono nuovamente i settori alberghiero, delle agenzie di viaggio e della ristorazione.
“Avevamo già evidenziato, insieme alle altre associazioni di imprese e ai sindacati dei lavoratori di turismo e ristorazione, la necessità di prorogare almeno al 30 giugno 2022 il termine degli ammortizzatori sociali di emergenza e delle tutele volte a salvaguardare l’occupazione, attualmente fissato al 31 dicembre 2021”, scrive l’associazione in una nota. “Ma a pochi giorni dalla scadenza, ancora non si conosce se tali misure saranno prorogate e in che termini. Di fronte a questa improvvisa, ed estremamente preoccupante, evoluzione negativa dello scenario, la necessità di intervento è ancora più stringente: bisogna prorogare immediatamente gli ammortizzatori covid”.