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Il successore di Mattarella

La mina Cinque Stelle e quell’insidia sulla strada di Draghi al Colle

Letta si muove perché il premier salga al Quirinale ma i pentastellati in ordine sparso sono un’incognita che potrebbe ostacolare il progetto. A meno che…

La mina Cinque Stelle e quell’insidia sulla strada di Draghi al Colle

Oggi è il titolare delle Politiche Agricole dei Cinque Stelle, Stefano Patuanelli, a bollare come impraticabile l’ipotesi di Mario Draghi al Quirinale. In sostanza, fa sapere il ministro, è meglio che il premier “resti al Governo” fino a fine legislatura. Perché la sua autorevolezza “permette di far convivere forze molto diverse, facendo cose importanti. Non possiamo permetterci una crisi di governo con la pandemia in corso. Sarebbe difficilissimo trovare equilibrio per un nuovo governo e la Lega si sfilerebbe”. Parole che ancora una volta riaccendono i riflettori sulle spaccature interne al Movimento che non trova una sintesi, almeno non ancora, sul nome da appoggiare per la corsa al Colle. Patuanelli rilancia in un’intervista l’idea di una donna per la prima carica dello Stato: “Per il M5s è giunta l'ora di un profilo femminile e l’obiettivo è un’ampia convergenza”. Lo appoggia anche la vice presidente del Senato, la grillina della prima ora, Paola Taverna.

 

In tutt’altra direzione si muove da settimane il Pd di Enrico Letta. La tela che sta tessendo il capo del Nazareno per portare l’attuale inquilino di Palazzo Chigi al Quirinale, dopo l’approvazione della manovra di Bilancio, si va definendo di giorno in giorno con contorni più chiari. Cosa che pone i due partiti – quello di Conte e quello di Letta – che pure cercano di costruire un’alleanza solida e duratura per il futuro, su fronti ad ora distanti.

 

Come dicevano il problema, almeno in questa parte di campo, sono le diverse anime del M5S che in una guerra sotterranea, ma insistente, agitano il partito anche sulla questione dell’obbligo vaccinale. Nuove spaccature emergono dalle varie riunioni che si susseguono in queste giornate. A guidare una sorta di controffensiva interna contro coloro che sono favorevoli ci sarebbe l’ex sindaca di Roma e ora consigliera capitolina, Virginia Raggi, che farebbe già proseliti in Parlamento. Non è buon segno quello quanto sta accadendo, compattare le truppe parlamentari in vista dell’avvio degli scrutini per l’elezione del successore di Mattarella potrebbe essere impresa più ardua di quanto si immagini.

 

Nel Movimento Giuseppe Conte e i suoi fedelissimi non disdegnano la candidatura di Mario Draghi, di certo “una delle personalità di alto profilo che possono andare al Colle”, ma sanno che la partita è delicata e potrebbe scuotere soprattutto coloro che temono la fine anticipata della legislatura.  I messaggi che arrivano oggi da alcuni maggiorenti hanno una lettura univoca: qualunque ipotesi che comporti una crisi di governo e l’impossibilità di creare una nuova maggioranza senza ricorrere alle urne è da scartare. 

 

Quanto gli interessi del Pd possano coincidere con quelli del Movimento è tutto da vedere. Anzi, diciamo che in questo momento sembrano procedere in direzioni opposte. E non perché al Nazareno manchino conflitti su una eventuale candidatura di Draghi. Pareri discordanti ce ne sono anche lì ma con una visione d’insieme che potrebbe dominare le correnti e che manca al Movimento dell’avvocato, ancora avvinghiato in calcoli di parte e poco proiettato su un orizzonte a lungo termine. Il problema è che per una parte dei 5S è dirimente avere rassicurazioni su chi dopo Draghi terrà il timone del governo, senza traumi per il Paese e per la legislatura in corso e senza deragliamenti delle forze politiche. Pd, Leu, e Cinque Stelle stanno lavorando anche su questo. Superato l’ostacolo e assicurata la continuità fino al 2023, nulla impedirebbe anche ai 5S, il partito che vanta i numeri più alti in Parlamento, di appoggiare l’ex numero uno della Bce. Così Conte terrebbe buoni i suoi e avrebbe chances di consolidare una leadership ancora debole.  

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