Uno dei presidenti più amati

Mattarella ha giurato in Parlamento: “Chiamato alla responsabilità”

Il capo dello Stato ai grandi elettori: “Ora ricostruire l’Italia del dopo emergenza”. 55 applausi interrompono il discorso che dà inizio al mandato bis

Mattarella ha giurato in Parlamento: “Chiamato alla responsabilità”

Sergio Mattarella giura davanti al Parlamento in seduta comune fedeltà alla Repubblica e osservanza alla Costituzione. A poca distanza da Montecitorio, al Gianicolo, ventuno colpi di cannone annunciano alla cittadinanza che il capo dello Stato si è insediato per il suo secondo mandato. Poi il discorso davanti a deputati, senatori e delegati regionali che riempiono l’emiciclo della Camera, dai banchi dei gruppi fino alle tribune. Le prime parole sono di emozione ma il tono del presidente è deciso, risoluto. Parla al Parlamento che rappresenta la comunità nazionale: “Sono stato chiamato alla responsabilità e non posso sottrarmi. Ma ora non possiamo permetterci ritardi”. Ripetuti applausi e standing ovation lo interrompono mentre tocca tutti i temi e le urgenze del Paese: dalla pandemia alla crisi economica ai temi sociali più importanti. Serve “stabilità” ma “fatta di dinamismo”, afferma.

 

C’è da “ricostruire l’Italia del dopo emergenza”, un’Italia “più giusta, più moderna”. Ripresa e costruzione del futuro sono gli obiettivi fondamentali ma guardando alle riforme che attendono il Paese e alle disuguaglianze da superare. Sono davvero tante le riflessioni che il presidente, tra i più amati dalla nascita della Repubblica ad oggi, consegna alle Camere.

 

Transizione energetica e digitale, modernizzazione, cambio di passo verso i decenni che ci attendono. Poi l’amicizia con i Paesi vicini e l’Europa, la cui “ragione d’essere è nella pace”. Per questo, il riferimento diretto alla crisi ucraina: “Un continente che ha conosciuto la prima e la seconda guerra mondiale non può accettare che ora si alzi nuovamente il vento dello scontro”. Ma “rafforzare l'Italia significa anche metterla in grado di orientare il processo per rilanciare l’Ue perché questa divenga più efficiente e giusta, rendendo stabile e strutturale la svolta che è stata compiuta nei giorni più impegnativi della pandemia. L’apporto dell’Italia non può mancare”.

 

Ma c’è una parola che il Presidente ripete più volte: è “partecipazione”. Richiama il ruolo cruciale del Parlamento, la cui dignità impone “di evitare la compressione forzata dei tempi parlamentari”. “Non spetta a me”, scandisce, “dire quali riforme devono essere fatte ma i cambiamenti vanno governati dalla politica”. L’invito ai partiti è a ricostruirsi, a rifondarsi tornando punto di mediazione con la comunità. La partecipazione è di tutti: delle istituzioni, dei partiti, dei cittadini. “La Repubblica” deve essere “capace di riannodare il patto costituzionale tra gli italiani e le loro istituzioni libere e democratiche”.

 

Sulla giustizia è diretto, serve “una riforma profonda” perché il “presidio dell’autonomia e dell’indipendenza sta nella coscienza dei cittadini” che devono poter avere fiducia nel sistema e nelle istituzioni. Le sue considerazioni sono a tutto campo. Il Presidente pone al centro i diritti e la persona. Quasi a ripercorrere i principi cardine della Carta che i Padri costituenti hanno voluto mettere a fondamento della dignità del popolo. Quindi il riferimento ai giovani, alla scuola, al mondo del lavoro. Ricorda Lorenzo Parelli, il giovane studente di Udine morto in fabbrica durante un corso di formazione. “La dignità è azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ognuno di noi. Perché la sicurezza di ogni lavoratore riguarda il valore che attribuiamo alla vita. Mai più tragedie come quella del giovane Lorenzo”. Anche Monica Vitti, l’attrice appena scomparsa, viene ricordata dal capo dello Stato. Poi Mattarella rammenta che siamo il “Paese della bellezza e della cultura”, che “è elemento costitutivo della nostra identità”. Ringrazia “il governo proiettato al superamento dell’emergenza”. Lo sguardo è verso il domani: “Noi insieme responsabili del futuro della nostra Repubblica”. Così chiude il suo discorso.

 

Esce dall’Aula tra gli applausi che non si fermano. Insieme al premier, Mario Draghi, si reca a rendere omaggio all’Altare della Patria accompagnato dal sorvolo delle Frecce Tricolori su Piazza Venezia. Poco dopo a bordo della tradizionale Lancia Flaminia 335, scortato dai Corazzieri a cavallo, arriva al Quirinale. Lo aveva lasciato più di una settimana fa convinto di cominciare una vita più tranquilla, ma quel Palazzo sarà ancora la sua casa per i prossimi sette anni. Da lì, dal Colle più alto della Capitale, Mattarella continuerà a vigilare sulle istituzioni repubblicane e su un Paese che ha bisogno di punti di riferimento. In questa difficile fase, avere un uomo come lui alla guida, dà solidità.

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