Crisi energetica

Rincari del gas, soluzioni arrivano da un cambio di strategia

La fiammata dei prezzi non incide solo sull’inflazione ma anche sul Pil. Provvedimenti tampone non argineranno i costi e lo scenario rimarrebbe incerto

Rincari del gas, soluzioni arrivano da un cambio di strategia

Assodato che i prezzi di luce e gas hanno toccato record preoccupanti – l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) ha registrato un aumento del 131% per la luce e del 94% per il gas – il problema che si pone non è come tamponare i costi nel breve termine. Quanto, piuttosto, costruire strategie e politiche che aiutino l’Italia, come l’Europa, ad intervenire nel lungo periodo. In questi giorni il ministero dell’Economia lavora al reperimento di nuove risorse contro il caro energia aiutando famiglie, imprese e produttori a sostenere i rincari. Si dovrebbe trattare di una cifra pari a 5 miliardi di euro che si va ad aggiungere ai 3,8 miliardi previsti nella legge di Bilancio e al miliardo e 700milioni di euro stanziato nel decreto Sostegni ter. Cifre che stanno richiedendo un grande sforzo da parte del governo Draghi, che ha deciso comunque di non far ricorso ad un nuovo scostamento di Bilancio. Ma misure che, nonostante l’impegno, risultano insufficienti ad affrontare la delicata congiuntura internazionale che richiede un’azione su più fronti. 

 

Due sono le parole d’ordine in questa fase: diversificazione nell’approvvigionamento e autonomia energetica. Tenendo conto però del fatto che la domanda sta crescendo in tutto il mondo a fronte di un’offerta insufficiente. Quanto in un contesto estremamente complicato come quello attuale la crisi russo-ucraina possa incidere nel lungo termine sulle forniture all’Europa di gas  - il 40%  del consumo totale - è difficile a dirsi. Nessuno in Ue, pensiamo alla Germania che dopo la chiusura di tre centrali nucleari dipende quasi completamente dal gas russo, e nemmeno Mosca hanno interesse ad interrompere le commesse. L’arma delle forniture pone sicuramente la Russia in una posizione di forza in caso di sanzioni e di mancata soluzione diplomatica della crisi con Kiev, ma è poco probabile che Putin la userà. Non dimentichiamo che ci sarebbero ripercussioni inevitabili anche sulla vendita del petrolio sovietico ai Paesi Ue che garantisce a Mosca proventi addirittura superiori al gas. 

 

Intanto in Europa da settimane arrivano navi americane con a bordo gas liquefatto: un aiuto degli Stati Uniti per fronteggiare la carenza che si registra nel Vecchio Continente e che mette in pericolo anche le riserve. Un accordo in questa direzione è stato siglato da Bruxelles con il Giappone. Il gas in arrivo dal territorio nipponico verrà poi trasformato in stato gassoso per essere immesso nelle reti nazionali. Un percorso, tuttavia, poco agevole vista la scarsa capacità di rigassificazione di molti Stati membri. 

 

In ogni caso l’Italia in questo momento sta cercando di aumentare le forniture che attraverso l’Adriatico arrivano con il famoso Tap dal giacimento Shah Deniz II in Azerbagian fino alla Puglia. Un altro tassello potrebbe essere quello di aumentare la produzione interna raddoppiandola da 3 a 6 miliardi di metri cubi per coprire almeno il 10% del fabbisogno nazionale: circa 70 miliardi di mc. Questo significherebbe incidere sulle estrazioni, per gli ambientalisti un passo indietro rispetto all’avvio della transizione ecologica. Il quadro è poco chiaro. L’unica certezza è che la crisi energetica in atto sta cambiando volto ai sistemi di approvvigionamento tradizionali costringendo gli Stati a trovare soluzioni alternative che permettano di scongiurare aumenti di portata superiore, e una crisi energetica che duri troppo nel tempo.

 

Il costo dell’energia sta incidendo in maniera determinante sull’aumento generalizzato dei prezzi. E ora la Banca Centrale Europea ha certificato che i rincari del gas stanno avendo un effetto negativo anche sul Pil dell’eurozona dello 0,2% con un picco nel primo trimestre 2022. Se l’energia frena il Pil, i dati sull’inflazione dunque non aiutano. Francoforte, che pure persevera in un atteggiamento di cautela – ad eccezione di una fuga in avanti registrata due settimane fa sul possibile aumento dei tassi, subito smentita da dichiarazioni successive della presidente Lagarde -  è consapevole delle ripercussioni sul potere d’acquisto dei salari. Per ora promette “gradualità” in caso di interruzione delle politiche monetarie espansive. Ma l’attenzione è tutta sul 10 marzo quando si riunirà il Consiglio direttivo e ci sarà una nuova valutazione degli effetti del caro energia sul balzo inflazionistico. 

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