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Tensioni nel governo

L’unica alternativa a Draghi sarebbe solo il voto anticipato

Il governo sotto in Parlamento per 4 volte sul dl Milleproroghe. La maggioranza tira la corda ma dall’altra parte c’è la fine anticipata della legislatura

L’unica alternativa a Draghi sarebbe solo il voto anticipato

Delega fiscale, legge sulla Concorrenza, Pnrr, misure contro i rincari energetici e Def. Le scadenze che attendono il governo sono tali che il rischio di una palude politica non è tra le opzioni possibili. A meno che non si voglia chiudere in anticipo l’esperienza dell’esecutivo Draghi e troncare prima la legislatura. La naturale conseguenza sarebbe, ovviamente, il voto anticipato che però - è lecito pensare - nessuno dei partiti di unità nazionale vuole per ragioni di convenienza e opportunità. Allora delle due una: o i partiti dimostrano di guidare i gruppi parlamentari, oppure il logoramento dell’azione di governo è dietro l’angolo. Ma Draghi su questo punto è stato chiaro: non accetterà una lenta agonia. 

 

Ieri il governo è andato sotto quattro volte in Commissione sul decreto Milleproroghe, notoriamente uno dei provvedimenti che più di altri può provocare scossoni e defaillance. Il premier è salito al Colle per conferire con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e dopo ha convocato i capi delegazione. “Così non va. Se ci sono le condizioni bene, altrimenti si chiude qui”, le sue parole per i partiti. La tensione è altissima e pensare di poter andare avanti ancora un anno, fino alle elezioni del 2023, in questo modo è difficile da immaginare. Il problema è di Draghi fino a un certo punto. Se dovesse venire a mancare un’intesa della maggioranza sui provvedimenti cruciali - comprese le riforme legate al Piano Nazionale di Ripresa che il Paese attende – o se peggio ancora, trovati gli accordi a Chigi dovesse essere nuovamente il Parlamento a non assicurare compattezza e voti, sono i partiti che dovranno assumersi le loro responsabilità. Misurandosi, appunto, con il verdetto delle urne. 

 

Draghi, conclusa l’esperienza a Palazzo Chigi, ha già fatto sapere che non resterà in politica e che non è sua intenzione essere federatore di nulla. E seppure dovesse rimanere in scena, è presumibile che il suo sarà un ruolo staccato dalla contingenza nazionale. A quel punto le formazioni che oggi sostengono il governo dovranno necessariamente fare i conti con se stesse e con il Paese ancora in mezzo al guado. Caro energia e inflazione erodono i salari e il potere di acquisto delle famiglie. Le imprese soffrono i ‘colli di bottiglia’ delle forniture e il peso delle bollette. La crescita che pure ha toccato il 6,5 per cento nel 2021 è destinata a rallentare. In un quadro economico molto complesso, finora sostenuto dalle politiche monetarie espansive della Banca Centrale Europea e dal Recovery Fund dell’Ue, restano da sciogliere nodi di un certo peso.

Innanzitutto, rendere la ripresa strutturale, alleggerire il debito pubblico, portare a termine le riforme che ci chiede Bruxelles, realizzare transizione verde e digitale, con la messa a terra di progetti e investimenti di straordinaria portata. In questo contesto, l’ultima cosa di cui l’Italia ha bisogno è l’instabilità politica con conseguenze inevitabili sui conti pubblici, sulla capacità di spesa delle risorse del Next Generation Eu, sulla possibilità di contrastare mire speculative attirate dalla fragilità del sistema decisionale. Tutti pericoli che sono dietro l’angolo e su cui ci giochiamo il salto verso il futuro. 

 

Sarebbe, perciò, opportuno che i partiti prendessero questo anno di tempo che li separa dal voto per ricostruire una visione di lungo termine di se stessi e del Paese, per rigenerarsi rispetto al correntismo dilagante e trovare un’unità di intenti al proprio interno, da trasferire poi nelle sedi istituzionali e di governo per chi vincesse le elezioni. Al contrario, restare concentrati su sgambetti e beghe del giorno non solo fa registrare una visione miope, ma trasmette ai cittadini alle prese con ben altri problemi la mancanza di progettualità e senso di responsabilità.

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