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La guerra unilaterale di Putin

Uno spiraglio per uscirne c’è se l’Occidente si dimostra fermo e unito

Assetti territoriali e sfere d’influenza ora vanno definite e garantite. E l’Europa pensi ad una nuova politica energetica per andare oltre le sanzioni

Uno spiraglio per uscirne c’è se l’Occidente si dimostra fermo e unito

L’invasione russa nei confronti dell’Ucraina ha creato una situazione gravissima: francamente un’azione unilaterale di Putin di queste proporzioni non era facilmente prevedibile, e al momento non è dunque possibile ipotizzare fino a dove lo Vladimir Putin si potrebbe spingere. Quel che è certo è che l’Occidente non deve perdere la testa ma mantenere lucidità, senza farsi trascinare fino alle estreme conseguenze di un conflitto che avrebbe dei risvolti catastrofici per l’Europa e per il mondo intero.

 

Giunti a questo punto, le carte della diplomazia sono ancora disponibili o sono già state giocate tutte? A mio avviso, uno spiraglio per una soluzione – più o meno – pacifica c’è ancora, a patto che l’Occidente si dimostri fermo e unito nei confronti di Mosca. Insistere sulla leva delle sanzioni è senz’altro importante, anche se rischiano di fare molto male anche a chi le impone ed in particolare ai paesi del continente europeo ed alla Italia. In parallelo, tuttavia, è necessario continuare a trattare per definire assetti territoriali e sfere di influenza condivise e garantite: le province di Donetsk e Luhansk sono controllate de facto dalla Russia da ormai otto anni, ed è chiaro che un eventuale ingresso dell’Ucraina nella Nato sarebbe una linea rossa inaccettabile per Mosca. Questo è dunque il perimetro dal quale non fare uscire Putin.

 

Quanto al resto, se l’Europa dovesse restare unita le si presenterà una occasione irripetibile per evolvere dallo stadio di “larva” della politica internazionale a quello di “farfalla”. Se le istituzioni europee - di concerto con gli Stati membri – riusciranno a trovare una sintesi fra i propri interessi spesso divergenti, ci potrebbe essere l’opportunità per porre le basi di una nuova politica energetica e industriale, sempre meno dipendente dalle fonti fossili e fondata su una maggiore “autonomia strategica”. Non è un risultato che si può conseguire dall’oggi al domani, ma se l’Europa vuole finalmente diventare “grande” il momento di agire è adesso.

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