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Autonomia energetica, dove trovare i soldi

E-bond, l’Ue vada avanti e lanci la sfida anche per il futuro

Gli strumenti per cogliere l’opportunità di cambiamento che arriva da questi anni drammatici ci sono. Ma Bruxelles sappia osare e strutturi il debito comune

E-bond, l’Ue vada avanti e lanci la sfida anche per il futuro

Non ci sono molte strade per uscire da questa nuova, profonda crisi economica, che rischia di attanagliare l’Europa più di quanto abbia già fatto quella pandemica. La principale passa da coraggiose scelte di politica economica e finanziaria con cui si chiede ai vertici istituzionali di Bruxelles che il cambio di passo cominciato con il Next Generation Eu vada avanti, si completi. L’aggressione russa dell’Ucraina sta drammaticamente accelerando questo processo e se i capi di Stato e di governo dei Ventisette non ne prenderanno immediata consapevolezza rischiano di fare errori da cui sarà difficile tornare indietro. 

 

Il problema che si affaccia con più prepotenza all’orizzonte è quello energetico. La minaccia di Putin di interrompere le forniture di gas se ai contratti non si darà adempimento in rubli evidenza ancora di più l’importanza di uscire dalla morsa della dipendenza da Mosca. A marzo la Commissione europea ha adottato nuovi atti per fronteggiare la crisi ucraina e tra questi un Piano che sarà maggiormente dettagliato entro l’estate. Si tratta del RePower Eu “per un’azione europea comune per un’energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili”. L’obiettivo primario è ridurre nel 2022 le importazioni del gas russo dei due terzi e di azzerarle del tutto nel 2023. Questo significa trovare nuovi punti di riferimento per l’approvvigionamento e lavorare per l’autonomia interna.

 

Ad ora, però, l’Ue tra le varie opzioni in campo, ha deciso anche di acquistare più gas liquido americano. Il gnl statunitense costa di più del gas naturale russo e, in ogni caso, le quote pattuite non sono tali da colmare il gap che si creerebbe se Putin chiudesse i rubinetti. Il paradosso di questa fase di instabilità e incertezza è che il mercato delle fonti fossili è schizzato alle stelle e il Vecchio Continente ha ancora molto bisogno sia di gas che di petrolio. Ergo: se da un lato per salvarsi non si può fare a meno di comprare fonti fossili dove le si trova, dall’altro è necessario velocizzare la transizione e l’indipendenza energetiche. L’Ue lo sa, lo ha messo anche nero su bianco nella bozza del citato RePower Eu. Ma per fare entrambe le cose servono soldi, molti soldi. Come finanziarsi?


Qui veniamo al punto cruciale. Per prima cosa bisogna consentire che per le politiche nazionali di Bilancio perduri un allentamento delle regole di stabilità, mettendo in cantiere anche in questo ambito un nuovo impianto regolamentare: per agevolare investimenti, aumentare la spesa, potenziare ogni barlume di crescita. Serviranno di certo più aiuti alle imprese che rischiano di chiudere per la forte pressione dei prezzi dell’energia e questo ha solo due sbocchi in Paesi come, ad esempio, il nostro: nuovo debito o nuove tasse. Nessuna delle due alternative andrebbe nella direzione di agevolare la ripresa, né di stabilizzarla. Anche per questo è ora che Bruxelles utilizzi maggiori margini per i bilanci pluriennali e adotti strumenti innovativi che diano maggiore respiro agli Stati membri. 

 

C’è poi un’altra questione dirimente: la capacità, o meglio la volontà di rendere stabile l’utilizzo degli strumenti che hanno fatto la differenza durante la crisi dovuta alla pandemia: ovvero gli Eurobond o titoli di debito comune. La più grande operazione finanziaria con cui l’Ue ha deciso l’ingresso sui mercati nel 2021, mettendo alla prova gli investitori internazionali per l’acquisto di oltre 700 miliardi di euro di debito comune in cinque anni, è senza dubbio da ripetere. Anzi, è da strutturare, come dimostra il fatto che la domanda delle obbligazioni è stata superiore all’offerta. Un dato che dovrebbe far riflettere e convincere anche i più riluttanti ‘falchi’ del Nord che lo strumento funziona. 

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