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Elezioni presidenziali in Francia

Melenchon, il vincitore morale del primo turno con in mano il secondo

Terzo dopo Macron e Le Pen, il 24 aprile il suo 21% farà la differenza. Ma solo la metà dei sostenitori di FI potrebbe davvero votare il presidente uscente

Melenchon, il vincitore morale del primo turno con in mano il secondo

E’ salito per la prima volta oltre il 20% e si è piazzato subito dopo Emmanuel Macron e Marine Le Pen, distanziandosi da quest’ultima di solo un punto e mezzo percentuale. Il leader della gouche radicale francese, Jean Luc Melenchon, è la vera sorpresa del primo turno delle elezioni presidenziali. Che consegnano un podio in cui primo è il capo dell’Eliseo uscente e seconda la leader nazionalista di Rassemblement National, che però ha fallito il sorpasso con il rivale di sempre (che alcuni sondaggi davano per probabile negli ultimi dieci giorni di campagna elettorale). Terzo, come dicevano, Melenchon, il cui elettorato può davvero fare la differenza al secondo turno diventando decisivo per la vittoria o meno di Emmanuel Macron. “Non un voto deve andare a Marine Le Pen”, ha detto in serata il fondatore di France Insoumise (FI). Ma ciò non significa che automaticamente il prossimo 24 aprile i suoi elettori, per la maggioranza giovani tra i 18 e i 34 anni, voteranno in blocco per il fondatore di En Marche. Anzi. Gli analisti politici d’Oltralpe sostengono che solo la metà dei sostenitori del ‘tribuno’ potrebbe dare la preferenza al presidente uscente: un voto non per Macron ma contro Le Pen, come è nelle corde dell’anti-macroniana sinistra francese.

 

Secondo i primi sondaggi il presidente uscente vincerebbe al secondo turno contro Le Pen con un punteggio compreso tra il 54% e il 51%, distanziando la candidata di destra al 46%-49%. Cinque anni fa Macron vinse con il 66,1% dei voti contro il 33,9% della figlia del fondatore di Front Nazional, Jean Marie Le Pen. Una forbice che si è assottigliata parecchio in cinque anni mentre è aumentato il numero di francesi che a votare non ci sono andati per niente. L’astensione è salita al 26% contro il 21% del 2017. Bisognerà vedere se tra due settimane ci sarà il richiamo alle urne per coloro che hanno deciso di non partecipare alla prima tornata.

 

Macron, in ogni caso, è ancora il favorito di queste presidenziali, nonostante la sua sia stata una campagna elettorale giudicata da molti ‘distante’ dalla gente e dai problemi interni. Ha girato poco Il Paese, visitate solo sette città dell’intero territorio nazionale, mentre ha puntato parecchio sulla politica estera e sul ruolo di ‘grandeur’ della Francia anche nella difficilissima trattativa diplomatica per fermare il conflitto russo-ucraino. Senza dubbio nelle ultime settimane il presidente ha fatto parecchi errori cedendo un certo vantaggio alla Le Pen, intenta abilmente a sposare una linea meno estremista tanto da lasciare a Eric Zemmour il ruolo di leader di destra radicale. Un’operazione di maquillage elettorale che tuttavia non ha convinto i francesi.

 

Il capo dell’Eliseo, dunque, si muove verso la riconferma pur non essendo un leader particolarmente amato in patria, né fuori dai confini nazionali. Ma l’attuale contesto politico e la fase storica nella quale ci muoviamo ne fanno l’unico leader centrista liberal-democratico di peso nel panorama francese, con tutti i poteri che la Costituzione di stampo gollista attribuisce al presidente-monarca, e allo stesso tempo l’anti-populista che rassicura i leader dell’Unione europea. Non che Macron non sia nazionalista, tutti i presidenti francesi lo sono, ma è anche un europeista, convinto che dopo due anni di pandemia e con la guerra alle porte dell’Europa nessuno possa salvarsi da solo. Per di più nell’asse che conta a Bruxelles il capo dell’Eliseo, e quindi la Francia, stanno giocando un ruolo molto attivo. E il leaderismo di Macron nei consessi europei ai francesi piace.

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